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Argomentando contro il pensiero convenzionale, la Greble afferma che "l'Europa sudorientale ha occupato una posizione importante nell'esperienza europea dello scontro con l'Islam". Così facendo, l'autrice si concentra su una popolazione ridotta e periferica prendendo in considerazione un periodo di circa settant'anni. Pur ammettendo la validità di questa tesi, il titolo altisonante lascia credere ingannevolmente che si tratti di quattordici secoli di interazione tra cristiani e musulmani. Un titolo come "Balkan Muslims, 1878-1949: A History of Small-Scale Complexity" ("I musulmani dei Balcani, 1878-1949: Storia di una realtà complessa di piccole dimensioni") coglierebbe molto più accuratamente l'argomento del suo libro.
Ma la tesi è convincente? I musulmani dell'Europa sudorientale ebbero un ruolo davvero più rilevante nelle relazioni avute dall'Europa con l'Islam rispetto all'impatto che gli indiani ebbero sulla Gran Bretagna, gli algerini sulla Francia e i turchi sulla Germania? In termini storici più ampi, ebbero un'influenza maggiore di quella avuta dalla Chiesa in quattordici secoli? Oppure si tratta della perorazione di una tesi avanzata in un'area di ricerca specifica da una giovane studiosa, professoressa associata di Storia e Studi russi e dell'Europa orientale alla Vanderbilt University,?
La tesi della Greble si riduce a un'interpretazione errata del nazionalismo occidentale: "La discriminazione contro le donne, gli uomini della classe operaia e le minoranze linguistiche, confessionali e razziali è stata al centro dei progetti di costruzione nazionale dagli Stati Uniti all'Europa centrale". Secondo questo punto di vista, "i musulmani che sfidavano le norme europee arbitrarie (...) venivano visti come banditi o come agenti stranieri, le loro culture erano additate come uno 'scontro di civiltà', le loro idee criticate come non occidentali, straniere etc.".
La presunta importanza dei musulmani balcanici risiede nel fatto di essere stati i primi a sperimentare la realtà mondiale secondo la quale gli Stati che non sono a maggioranza musulmana "dimostrano di essere incapaci di accettare l'esistenza e la possibilità di esistere dei cittadini musulmani". Un semplice fatto mostra l'assurdità di questa conclusione, vale a dire la sessantennale immigrazione massiccia, costante ed entusiasta compiuta dai musulmani nei Paesi occidentali, dove sono diventati cittadini.
La Greble avrebbe fatto meglio a stare lontana dalle grandi teorie, per attenersi piuttosto alla sua materia, in cui è una brava ricercatrice, particolarmente capace di scoprire vicende sconosciute, ma degne di nota. Forse la seconda edizione del suo libro adotterà il titolo suggerito da questo recensore e abbandonerà gli elementi d'ispirazione di Edward Said.