Nel 1798, subito dopo lo sbarco in Egitto, Napoleone Bonaparte pubblicò uno straordinario documento in arabo in cui informava gli egiziani che era arrivato lì per "ripristinare i vostri diritti togliendoli dalle mani degli oppressori [musulmani al potere]" e li invitava a rimanere neutrali nella lotta che li attendeva, minacciandoli di una terribile punizione se avessero disobbedito ai suoi ordini [1].
In un'eco improbabile e oscura del famoso appello di Napoleone, il presidente Franklin [Delano] Roosevelt (FDR), nell'ottobre del 1942, emise un proclama simile in lingua araba, presumibilmente rivolto all'intero mondo musulmano, ma in particolare ai nordafricani [2].
Nell'ottobre del 1942, le forze britanniche fermarono l'Afrika Korps di Hitler a El Alamein; per la prima volta in due anni, gli Alleati erano fiduciosi che avrebbero tenuto i tedeschi fuori dal Medio Oriente e cercarono di sfruttare questo cambiamento di fortuna per ottenere il favore dei musulmani. L'appello di Roosevelt faceva parte di quest'impresa.
Sia lodato l'unico Dio. Nel nome di Dio, il Compassionevole, il Misericordioso. O voi musulmani. O amati figli del Maghreb. Possa la benedizione di Dio essere su di voi.
Questo è un grande giorno per voi e per noi, per tutti i figli di Adamo che amano la libertà. I nostri numeri sono come le foglie sugli alberi della foresta e come i granelli di sabbia nel mare.
Ecco. Siamo arrivati noi, i guerrieri santi americani. Siamo venuti qui per combattere il grande Jihad della Libertà.
Siamo venuti per liberarvi. Abbiamo navigato attraverso il grande mare su molte navi, su molte spiagge stiamo sbarcando, e i nostri combattenti si sono sparsi nelle sabbie, nelle strade urbane, nelle vaste campagne e lungo le vie.
Accendete fuochi sulle cime delle colline; gridate dai tetti delle vostre case e dai luoghi più alti, e dite che il suono del tamburo sia udito nella regione, e l'ululato delle donne, e le voci anche dei bambini piccoli.
Radunatevi lungo le strade maestre per accogliere i vostri fratelli.
Siamo venuti per liberarvi.
Parlate con i nostri combattenti e li troverete piacevoli agli occhi e rallegranti il cuore. Non siamo come alcuni altri cristiani che avete conosciuto e che vi calpestano. I nostri soldati vi considerano come loro fratelli, perché siamo stati allevati come uomini liberi. Ai nostri soldati è stato detto del vostro Paese e dei loro fratelli musulmani e vi tratteranno con rispetto e con uno spirito amichevole agli occhi di Dio.
Guardate nei loro occhi e nei loro volti sorridenti, perché sono guerrieri santi felici di compiere la loro santa opera. Accoglieteci dunque come fratelli, poiché noi vi accoglieremo, e aiutateci.
Se abbiamo sete, mostrateci la via dell'acqua. Se perdiamo la strada, riconduceteci ai nostri accampamenti. Mostrateci i sentieri sulle montagne, se necessario, e se vedete i nostri nemici, tedeschi o italiani, che ci creano problemi, ucciditeli con coltelli o con pietre o con qualsiasi altra arma su cui potreste porre le mani.
Aiutateci, poiché siamo venuti per aiutarvi, e ricca sarà la ricompensa per tutti noi che amiamo la giustizia, la rettitudine e la libertà.
Pregate per il nostro successo in battaglia e aiutateci, e Dio ci aiuterà entrambi.
Ecco, è arrivato il giorno della libertà.
Possa Dio concedere la sua benedizione su di voi e su di noi.
- Roosevelt
Non è un caso se il testo dell'appello suona più simile al Corano che ai discorsi radio di FDR ("I nostri numeri sono come le foglie sugli alberi della foresta", "dite che il suono del tamburo sia udito nella regione"). Il testo è stato scritto su richiesta del presidente da due americani in Marocco assegnati all'Office of Strategic Services (OSS), Gordon H. Brown e Carleton Coon (il famoso antropologo), poi ha subito una trasformazione inaspettata. Dopo che Brown e Coon
avevano scritto l'ordine in inglese, lo diedero a una delle loro spie, un arabo dal nome in codice Pinkeye, e lui cominciò a leggerlo ad alta voce alla maniera di un uomo di fede che legge il Corano. Colpiti dal lirismo che si insinuava nel testo mentre l'uomo lo declamava, gli agenti decisero di utilizzare non il loro testo, ma una revisione basata sulla versione di Pinkeye [3].
Degne di nota sono anche espressioni come "il grande jihad della libertà" (una frase che probabilmente non verrà usata oggi) o "i guerrieri santi [americani] felici di compiere la loro santa opera".
______________________________________
[1] Il testo completo è stato pubblicato in al-Jabarti, 'Ajai'b al-Athar fi't-Tarajim wa'l-Akhbar, English trans., Thomas Philipp and Moshe Perlmann, 'Abd al-Rahman al-Jabarti's History of Egypt (Stuttgart: Franz Steiner, 1994), vol. 2, pp. 4-6.
[2] Pubblicato in Anthony Cave Brown Oil, God, and Gold: The Story of Aramco and the Saudi Kings (Boston: Houghton Mifflin, 1999), pp. 104-105. Non è chiaro se la traduzione araba di questo testo sopravviva.
[3] Ibid., p. 380.
Addendum dell'1 marzo 2000: Una nota personale: nel 1969, poco dopo aver iniziato i miei studi in Medio Oriente come studente universitario, ho avuto l'opportunità di partecipare a un progetto di "studio indipendente" con Carleton S. Coon (1904-1981), nel corso del quale, Coon guidò le mie letture sulle popolazioni del deserto del Sahara, argomento che volevo diventasse oggetto della mia specializzazione accademica. Raramente ho imparato così tanto come è accaduto frequentando quelle lezioni. Sebbene fossi un principiante di rango, Coon dedicò generosamente il suo tempo, la sua conoscenza e le sue idee. Sono grato di quell'esperienza.