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Per molti secoli, il termine arabo è stato impiegato grosso modo con riferimento al beduino. Nell'era del nazionalismo, il termine è stato utilizzato per definire quasi tutti coloro che parlavano l'arabo come lingua madre (tranne gli ebrei e qualcun altro). Questo fenomeno finì per trasformarsi nel movimento politico chiamato panarabismo, soprattutto durante gli anni gloriosi di Gamal Abdel Nasser, tra il 1956 e il 1967. Concetti come socialismo arabo e spirito arabo assunsero un'importanza fondamentale. Nel 1980, tuttavia, la palese vacuità del concetto arabo era diventata fin troppo ovvia e il termine scomparve dalla vita politica e culturale, limitandosi principalmente a questioni di ordine linguistico, come la letteratura araba.
Ma nelle acque stagnanti del mondo accademico americano, questo messaggio lanciato quarant'anni fa non è stato ancora recepito e il termine arabo e arabo-americano continuano ad essere argomenti che suscitano grande interesse. In effetti, i curatori del libro in questione presentano la loro opera come nientemeno che una svolta concettuale nello studio delle "donne arabo americane" (da notare la mancanza di trattino, qualunque sia il significato). I numerosi autori del volume ignorano allegramente questo piccolo problema dell'inutilità dell'argomento da loro affrontato mentre perseguono argomenti ispiratori come "Sheherazade e i limiti della politica inclusiva nella letteratura arabo americana" e "Donne pericolose /Donne in pericolo: impatti generati dall'odio e della repressione, l'11 settembre e oltre".
Tuttavia, il problema della legittimità a volte solleva il capo. Ad esempio, Joseph rileva in un gergo accademico antiquato e oscuro che il termine arabo-americano solleva interrogativi perché si focalizza essenzialmente sui cristiani riluttanti mentre ignora in gran parte i musulmani: "L'omogeneizzazione sotto l'etichetta 'arabo' è complicata dal fatto che la maggioranza degli arabo americani fino ai decenni successivi alla guerra arabo-israeliana del 1967 e forse anche adesso erano e sono cristiani arabi del Libano, della Siria e della Palestina, molti dei quali non si considerano arabi. Gli studi arabo-americani come impegno accademico inventano costantemente un popolo e decostruiscono la propria invenzione".
È giunto il momento di abbandonare, e non di esaltare, il termine ambiguo arabo-americano a favore di altri, come "musulmano americano" e "cristiano americano arabofono". Dopodiché possiamo iniziare ad esaminare accuratamente la situazione.