L'intervista è stata condotta da Vasile Simileanu.
GeoPolitica: Come vede l'evoluzione del conflitto israelo-palestinese?
Daniel Pipes: Per 25 anni, dal 1948 al 1973, gli Stati arabi prevalsero nella guerra contro Israele. Perdendo ogni battaglia, alla fine mollarono e consegnarono l'antisionismo ai palestinesi, che assunsero con entusiasmo la guida. Nei successivi 50 anni circa, i palestinesi si sono dimostrati molto talentuosi nel fare la guerra nonostante l'assenza di potere economico o militare. Tuttavia, anche loro hanno perso ogni battaglia. Sorge allora la domanda: per quanto tempo i palestinesi possono perseverare nel perdere? La risposta dipende dalla determinazione di Israele a vincere e, finora, è stato restio a compiere i passi necessari. Continuando così, il conflitto potrebbe facilmente andare avanti per altri 50 anni.
GeoPolitica: Qual è la situazione dei rapporti in materia di sicurezza di Israele con gli Stati arabi?
Daniel Pipes: Queste relazioni sono lentamente migliorate dal 1973, segnate da importanti sviluppi come la visita di Sadat a Gerusalemme nel 1977, il Trattato di pace in Giordania del 1994 e gli Accordi di Abramo del 2020. Ormai, l'ostilità del governo più minacciosa nei confronti di Israele non proviene dai Paesi arabi, ma da quelli musulmani non arabi: Turchia e Iran in particolare, ma anche Pakistan e Malesia.
GeoPolitica: La prego di commentare le dichiarazioni bellicose di Teheran contro lo Stato di Israele.
Daniel Pipes: La Repubblica islamica dell'Iran trae gran parte della sua legittimità dall'antisionismo, quindi attacca costantemente, ferocemente e verbalmente Israele. Il regime ha mostrato molta più cautela a livello militare, anche se la sua proliferazione di armi nucleari sta a indicare che alla fine spera di portare la lotta a quel livello.
In una puerile dimostrazione di aggressività, il regime iraniano promuove il calpestio e il rogo della bandiera israeliana. |
GeoPolitica: Qual è il ruolo degli Stati Uniti nei negoziati arabo-israeliani?
Daniel Pipes: I "pacifisti" di Washington si concentrano sulla strada israelo-palestinese, ma questo non porterà da nessuna parte: l'ostilità palestinese in Cisgiordania e a Gaza è ancora alta come lo era prima della firma degli accordi di Oslo del 1993. L'amministrazione Trump ha provato a percorrere questa strada, senza alcun risultato, per poi spostare l'attenzione sugli Stati, e questo ha portato risultati immediati. L'amministrazione Biden è tornata a percorrere la strada palestinese, quindi il ruolo degli Stati Uniti al momento non è importante.
GeoPolitica: Cosa prevede per la politica estera della Turchia sotto Recep Tayyip Erdoğan, rilevando la sua speranza di riguadagnare influenza sugli Stati dell'ex Impero ottomano, le sue complesse relazioni con Iran e Russia e la sua adesione alla NATO?
Daniel Pipes: Erdoğan è un politico brillante nel contesto della scena interna turca, ma piuttosto inetto negli affari esteri. Ha pessimi rapporti con l'intero Medio Oriente ad eccezione dell'Azerbaigian e del Qatar, e anche pessime relazioni con tutte le maggiori potenze mondiali. Poiché Erdoğan non è uno che trae insegnamenti (si pensi alla crisi valutaria in corso), ravviso un prosieguo della sua inettitudine in politica estera.
Erdoğan (a sinistra nella foto) e il suo migliore amico, l'emiro Tamim del Qatar. |
GeoPolitica: Visto il coinvolgimento della Turchia in Libia, Siria e in Nagorno-Karabakh, nonché il sostegno offerto da Ankara ai Fratelli Musulmani, a suo avviso quale sarà la strada percorsa in Medio Oriente dalla Repubblica di Turchia?
Daniel Pipes: Come gli iraniani, Erdoğan ha fatto dell'Islam il suo biglietto da visita internazionale. Tuttavia, lui ha due vantaggi rispetto a Teheran: il fatto di essere sunnita (come lo è circa il 90 per cento di tutti i musulmani) e di essere meno violento. Ma le sue speranze del 2011 di guidare un'insurrezione islamista in Medio Oriente sono andate in fumo, limitandolo a riabilitare le strutture dell'era ottomana e ad unirsi alle guerre degli altri. Come ciò fa supporre, ritengo che la Turchia sia una potenza secondaria nei conflitti in Medio Oriente.
GeoPolitica: Come interpreta il nuovo teatro Russia-Turchia-Iran-Azerbaigian-Armenia?
Daniel Pipes: Il conflitto tra Azerbaigian e Armenia guida questo teatro, con la Turchia che sostiene inequivocabilmente i turcofoni in Azerbaigian, l'Iran che sostiene con riluttanza l'Armenia cristiana e la Russia che sfrutta la situazione per portare avanti i propri interessi. Israele è qui l'incognita, perché moralmente e strategicamente dovrebbe allinearsi con l'Armenia, ma invece sostiene l'Azerbaigian.
GeoPolitica: E la partnership Russia-Turchia-Iran?
Daniel Pipes: È un po' come parlare del partenariato italo-tedesco-giapponese durante la Seconda guerra mondiale; in entrambi i casi, il trio condivide poco di costruttivo e per lo più condividono l'opposizione ai nemici comuni. Ciò non porterà loro o la loro alleanza molto lontano.
GeoPolitica: La Turchia lascerà la NATO per unirsi alla Russia nella creazione di una nuova alleanza geostrategica?
Daniel Pipes: No, la leadership turca desidera mettere le due parti l'una contro l'altra e l'adesione alla NATO aiuta molto a mantenere un equilibrio. Tra l'altro, questo si inserisce in un più ampio impulso musulmano al neutralismo. Come ho scritto 40 anni fa: "Nasser incarnava questo quando cercò di mettere gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica gli uni contro l'altra, sapendo fino a che punto poteva spingersi, traendo i massimi vantaggi da entrambe le parti. Sono stati soprattutto i leader musulmani ad aver emulato Nasser in questa destrezza tipicamente musulmana: ad esempio, in Algeria, nello Yemen del Nord e in Afghanistan prima del 1978". Questo schema riprende una cautela musulmana di avvicinarsi troppo alle potenze straniere.
GeoPolitica: Considerando la sua base militare a Gibuti e le sue ambizioni economiche, quali sono le implicazioni dell'ascesa della Cina per il Medio Oriente?
Daniel Pipes: Come altrove nel mondo, il Partito Comunista cinese sta pazientemente gettando le basi in Medio Oriente per ottenere una maggiore influenza in futuro, sta stringendo amicizie, apprendendo le circostanze locali e costruendo infrastrutture economiche. Ma se questo funzionerà come previsto è una questione aperta, poiché la mano pesante della Cina ha provocato un crescente contraccolpo populista e governativo.
La base militare cinese a Gibuti. |
GeoPolitica: È d'accordo sul fatto che il Medio Oriente e il Nord Africa (MENA) includa diversi attori statali stabili (Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti) contrari all'interferenza di Turchia, Iran, Russia e Cina?
Daniel Pipes: Sì, lo sono. Oppure, visto da una prospettiva americana, la maggior parte dei Paesi della regione sono sostanzialmente amichevoli.
GeoPolitica: Il terrorismo e i conflitti regionali in Medio Oriente e in Nord Africa hanno avuto un impatto globale. Questa situazione continuerà o diminuirà?
Daniel Pipes: La violenza è una caratteristica principale della vita nella regione; e sebbene quella violenza stessa non sia diminuita (si pensi alla Libia, alla Siria, allo Yemen), sembra avere avuto un impatto minore sul mondo esterno. Forse il ridotto fabbisogno di idrocarburi, la sicurezza aeroportuale e la "Fortezza Europa" sono riusciti a mantenerla più contenuta.
GeoPolitica: La regione è teatro di molti conflitti: arabo-israeliano, in Libano, Siria, Iraq, Yemen e in Afghanistan. Lei ha qualche idea su come risolverli?
Daniel Pipes: No, purtroppo. Tuttavia, noto che i conflitti della regione risalgono alla particolare difficoltà riscontrata dai musulmani nell'adattarsi alla modernità. Sebbene vi siano alcuni progressi in questo senso, come il declino dell'islamismo, il problema generale rimane immutato.
GeoPolitica: Che ne pensa degli sviluppi a medio e lungo termine del MENA?
Daniel Pipes: Avendo io studiato il Medio Oriente dal 1969, ho imparato che essere pessimisti è una buona mossa professionale. Pertanto, mi aspetto che nuovi problemi sostituiscano e si aggiungano a quelli vecchi.
GeoPolitica: Quali sono le principali sfide che il mondo di oggi deve affrontare?
Daniel Pipes: Ecco come ho anticipato questa domanda in un recente tweet: impulsi elettromagnetici, Partito Comunista cinese, islamismo, Sinistra mondiale e tassi di natalità in calo tranne che nei luoghi più problematici (l'Africa in particolare). Ho aggiunto che il cambiamento climatico non mi spaventa.