Gli specialisti di Islam disperano nel vedere la cattiva volontà americana nei confronti di questa religione e dei suoi fedeli, in particolare di arabi, persiani e turchi. Nonostante i loro numerosi sforzi, agli americani continua a non piacere l'Islam e i musulmani. Le ragioni di questa antipatia riguardano le loro eredità prevalentemente cristiane ed europee. Da un lato, i cristiani hanno ereditato una tradizione di ostilità all'Islam che risale a quando gli europei ritenevano che Maometto fosse un epilettico e l'Islam un'eresia. Dall'altro, nessun altro popolo ha minacciato l'Europa così spesso e gravemente come i musulmani: si pensi alla conquista della Penisola Iberica, della Sicilia e dei Balcani.
Sebbene contraddittorie, le immagini popolari dei musulmani tendono ad essere negative: sceicchi del petrolio che si rotolano nel denaro e monelli di strada che elemosinano il baksheesh – chiedono la carità; astuti mercanti e feroci guerrieri, donne rinchiuse negli harem o lascive danze del ventre.
In un momento in cui gli Stati Uniti dipendono fortemente dai musulmani per le forniture di petrolio, dalla solidarietà contro l'espansione sovietica e dalla risoluzione del conflitto arabo-israeliano, tali stereotipi complicano le relazioni estere americane. Quindi, per combatterli, le istituzioni accademiche e commerciali americane hanno compiuto sforzi coraggiosi (se non egocentrici) per delegittimare tali opinioni e diffondere informazioni positive sull'Islam e sui musulmani. Ecco alcuni esempi:
Un'importante associazione professionale, la Middle East Studies Association, ha pubblicato studi dal titolo American Images of Middle Eastern Peoples: Impact of the High School e The Image of the Middle East in Secondary School Textbooks per capire come vengono trasmessi gli atteggiamenti negativi.
Un gruppo d'élite ha sponsorizzato una mostra itinerante e altre attività per celebrare l'attuale anno 1400 dell'era islamica (novembre 1979-novembre 1980) allo scopo di festeggiare l'Islam e farlo sembrare meno alieno. Le compagnie petrolifere hanno generosamente contribuito a questo e ad altri sforzi; per esempio, il consorzio delle compagnie petrolifere americane in Arabia Saudita da anni distribuisce gratuitamente ARAMCO World, una bella rivista finalizzata a valorizzare i musulmani e il Medio Oriente. Altre società distribuiscono fastosi calendari da parete che illustrano l'arte musulmana, finanziano scavi archeologici e contribuiscono ai centri di studi sul Medio Oriente.
Pur riconoscendo l'utilità di questo servizio, io metto in discussione le loro convinzioni e aspettative che potrebbero non solo essere errate, ma anche pericolose. Esse danno per scontato che l'onere dei pessimi rapporti tra americani e musulmani sia interamente a carico degli americani; se solo cambiassimo, i musulmani risponderebbero prontamente e ne seguirebbero rapporti più rispettosi e amichevoli. Ma ciò ignora la principale causa di antagonismo, vale a dire l'atteggiamento dei musulmani nei confronti dell'Occidente.
Se ogni religione incoraggia la solidarietà tra i credenti e una certa opposizione ai non credenti, l'Islam lo fa più espressamente.
Per quanto riguarda la solidarietà tra i credenti: i testi sacri islamici esortano i musulmani a unirsi sotto un unico leader politico, a non andare mai in guerra gli uni contro gli altri e a considerarsi uguali. Molti vincoli minori contribuiscono anche alla solidarietà musulmana, compreso l'uso diffuso di nomi musulmani (Muhammad, Hasan, Abdallah, ecc.), della lingua e della scrittura araba, la preghiera collettiva effettuata rivolgendosi verso la Mecca, il divieto di consumare carne di maiale e alcol e l'osservanza della legge islamica (la Shari'a), più in generale.
La nascita del Pakistan mostra vividamente la forza di tale solidarietà musulmana: gli islamici delle aree del Punjab e del Bengala, a circa mille miglia di distanza, pensavano che l'Islam avesse dato loro abbastanza cose in comune per creare un nuovo Paese nel 1947, con due entità territoriali distanti. Ma la dissoluzione del Pakistan unito nel 1971 ha altresì evidenziato la futilità di questo ideale.
Quanto all'antagonismo nei confronti dei non musulmani: la forza di qualsiasi comunità dipende in parte dall'opposizione agli altri e i musulmani non fanno eccezione. Se la guerra è proibita tra musulmani, viene incoraggiata, e persino richiesta a determinate condizioni, contro i non musulmani. Il mondo si divide in Terra dell'Islam e Terra della Guerra; questa divisione fondamentale comporta ostilità verso i non credenti a un livello che non ha eguali in nessun'altra religione. Dà ai non musulmani ovunque nel mondo – in America, Europa, Africa, India, Cina – l'impressione che una differenza irriducibile li separi dai musulmani. Mentre l'Islam preferisce i monoteisti (ebrei e cristiani in particolare) rispetto ai politeisti, tutti i non musulmani sono accomunati e ugualmente disapprovati. I singoli musulmani possono abbandonare questa visione del mondo, ma nessuna comunità lo ha mai fatto.
Pertanto, i musulmani si distinguono in modo più netto e per essere maggiormente ostili rispetto a qualsiasi altro gruppo religioso. Per questo motivo, i tentativi di promuovere la buona volontà che si soffermano solo sugli atteggiamenti americani non colgono il problema di fondo, che risiede nella parte musulmana. Se i non musulmani dovrebbero ovviamente cercare di capire e rispettare le tradizioni islamiche, è ingenuo pensare che, fuorché non avvenga una trasformazione fondamentale della religione, qualsiasi popolo musulmano vedrà mai positivamente i non musulmani.