L'Unione Sovietica è l'ultimo grande impero europeo, e i 55 milioni di musulmani che vivono nell'Asia Centrale e nel Caucaso costituiscono l'ultimo grande gruppo di persone del Terzo Mondo ancora sotto il dominio cristiano europeo. Anche se questo squilibrio esiste da settant'anni, fino a pochi mesi fa non importava molto al mondo esterno. I recenti sviluppi nel blocco sovietico stanno a indicare che i musulmani sovietici avranno importanti implicazioni per il Cremlino e per noi.
Prima di andare oltre, è necessario chiarire un punto. Nell'analisi che segue, si prendono in esame i legami comunitari, e non le convinzioni personali. Che i governanti di Mosca siano credenti o atei poco importa, né è importante quello che pensano i musulmani, è però rilevante il fatto che essi abbiano un retaggio musulmano. I musulmani in Unione Sovietica sono geograficamente divisi in due grandi gruppi, con la maggior parte di loro presente in Asia centrale e un numero minore nel Caucaso e in altre aree. Circa 50 milioni di musulmani parlano una lingua turca, mentre la maggior parte degli altri parla un dialetto persiano.
I musulmani che vivono in Unione Sovietica mostrano le principali caratteristiche di un popolo colonizzato. Non decidono del loro destino, piuttosto sono gli slavi che siedono a Mosca o nelle capitali delle Repubbliche musulmane a prendere le decisioni principali. Le materie prime vengono inviate dalle regioni musulmane in Russia per essere trasformate in manufatti. La lingua russa gode di un'indiscussa supremazia culturale, anche se i musulmani parlano la lingua turca e quella persiana. La cultura dei musulmani (soprattutto la loro religione) viene disprezzata perché considerata arretrata. Non importa quale indicatore si usi – salute, istruzione, ricchezza – i musulmani occupano il gradino più basso del Paese. In breve, il controllo russo dell'Asia Centrale e del Caucaso assomiglia al dominio britannico in India o al dominio francese in Algeria.
Che questi elementi siano così poco conosciuti risulta da due dati in particolare. In primo luogo, nessuno specchio d'acqua divide la Russia dalle terre musulmane. Le distanze possono essere immense (Mosca è lontana da Tashkent quanto Londra dal Cairo), ma per gli stranieri la massa di terra asiatica sembra essere solo una vasta regione. In secondo luogo, i bolscevichi hanno abilmente camuffato il loro imperialismo modernizzandolo. Le colonie zariste si trasformarono in repubbliche sovietiche; i musulmani teoricamente divennero uguali agli slavi; e nacquero sei Repubbliche musulmane (Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan), ognuna con un finto apparato esercitante la sovranità, al punto persino di includere i ministeri degli Esteri.
Ma si trattò soltanto di cambiare le denominazioni. In effetti, i popoli musulmani che vivevano in Unione Sovietica divennero l'ultima grande colonia d'Europa. Gli eventi dei primi mesi del 1990 mostrano chiaramente che i musulmani ne sono consapevoli e se ne risentono fortemente.
Il dominio di Mosca sui musulmani iniziò nel 1552, quando le truppe di Ivan il Terribile conquistarono il regno musulmano di Kazan. L'impero zarista si espanse poi a est e a sud, continuando a conquistare i musulmani fino al 1887, quando alla fine essi sottomisero la regione delle catene montuose del Caucaso.
I musulmani cercarono di sfruttare la Rivoluzione russa del 1917 per scrollarsi di dosso il dominio di Mosca. Nonostante il programma antimperialista dei bolscevichi, l'Armata Rossa li soggiogò nuovamente. Elementi ribelli (denominati basmachi, o banditi, dai sovietici) continuarono a combattere in Asia centrale fino al 1928, con piccole sacche di resistenza che continuarono a lottare fino alla metà degli anni Trenta.
Successivamente, le regioni musulmane sono state tranquille per quasi cinquant'anni, scomparendo dalla politica internazionale. Sia i russi comunisti sia quelli anticomunisti si sono trovati d'accordo sulla creazione di successo di un homo sovieticus e sulla graduale scomparsa delle differenze etniche e nazionali nell'URSS. Ma si sbagliavano, perché quelle differenze sono rimaste.
Invece, il vero sviluppo è stata la rapida crescita della popolazione musulmana. Nel 1939, i musulmani costituivano solo l'8,7 per cento della popolazione sovietica; cinquant'anni dopo, nel 1989, costituivano un sorprendente 19,2 per cento della popolazione. Nel decennio tra il 1979 e il 1989, i musulmani hanno mantenuto un tasso di natalità cinque volte superiore a quello dei non musulmani. In altre parole, mentre i musulmani nel 1979 costituivano solo un sesto della popolazione sovietica, negli anni Ottanta avevano quasi tanti figli quanti gli altri cinque sesti della popolazione.
A peggiorare le cose dal punto di vista russo, 50 milioni di questi persone sono turcofone, e quindi condividono legami etnici oltre a quelli derivanti dalla religione.
Questa enorme disparità demografica ha numerose implicazioni. Ad esempio, implica che i musulmani costituiranno presto un terzo delle reclute nelle forze armate. Non essendo molto istruiti o versati nella lingua russa, è soltanto una fedeltà dubbiosa verso lo Stato sovietico, il loro afflusso comporta che l'armata sovietica ha ora qualcosa che assomiglia a due caste, in cui i musulmani svolgono compiti secondari e subalterni.
Ma l'impatto maggiore dell'aumento della popolazione riguarda lo spirito. (In questo, i musulmani sovietici assomigliano in qualche modo ai polacchi, che stanno altresì vivendo un boom demografico.) Come scrissero Alexandre Bennigsen e Marie Broxup nel 1983, i musulmani sanno che il futuro appartiene a loro: "Il mondo spirituale dell'élite musulmana turca in Unione Sovietica, al contrario di quello dell'élite intellettuale russa, è caratterizzato da un senso di ottimismo, e probabilmente questa è l'unica comunità dell'URSS a reagire in questo modo".
Due avvenimenti del 1979 sollecitarono l'attuale ondata di attivismo musulmano. Quando l'ayatollah Khomeini sfidò gli Stati Uniti in nome dell'Islam e vi riuscì, i musulmani sovietici iniziarono inevitabilmente a chiedersi cosa sarebbe successo se avessero tentato lo stesso approccio con il loro arci-nemico cristiano, i russi. Nei suoi primi mesi di potere, Khomeini e i suoi collaboratori esortarono i musulmani a fare esattamente questo. Sebbene non ne siano seguiti drammatici avvenimenti, esistono numerose prove che la sfida è stata molto ponderata. Pochi mesi dopo, l'invasione sovietica dell'Afghanistan suscitò forti emozioni. Se in Occidente, c'era chi considerava l'invasione come una dimostrazione di forza intesa a mostrare ai musulmani sovietici l'estensione del potere di Mosca, in realtà, non fu così, perché l'invasione venne compiuta nonostante l'effetto che avrebbe avuto sui musulmani. In altre parole, la fedeltà all'Unione Sovietica da parte dei musulmani venne messa in discussione quando i connazionali (russi) uccisero i correligionari (afghani). Un musulmano sovietico che si unì ai mujahidin afghani lo ha spiegato lapidariamente: "Quello che conta per me sono le norme religiose e non la mia nazionalità sovietica". Come se non bastasse, il fatto che Mosca fosse incapace di sconfiggere i membri delle tribù stava a indicare la sua fallibilità.
Questi avvenimenti posero le basi per gli sviluppi del 1990. Esattamente a partire dal 1° gennaio, i turchi musulmani dell'Azerbaigian iniziarono ad abbattere i posti di confine che separavano la loro Repubblica dall'Iran; quando le autorità reagirono a stento, gli azeri furono incoraggiati a gridare i loro sentimenti a lungo nascosti ("Abbasso l'Impero russo [MEF2]"), a destituire il Partito Comunista locale dal potere e a sferrare un colpo contro il loro storico avversario, gli armeni (cristiani). Mikhail Gorbaciov rispose inviando 11 mila soldati e riaffermando il mandato del Cremlino con la forza bruta. Il risultato? Decine di morti e un ribollente odio per Mosca. Una esacerbata violenza in Azerbaigian è quasi inevitabile.
Un mese dopo, un'eco delle rivolte dell'Azerbaigian venne udita mille miglia a est, a Dushanbe, in Tagikistan, vicino al confine sovietico con l'Afghanistan. La folla attaccò l'edificio del Comitato Centrale, lanciò bombe incendiarie e acido contro le truppe e urlò slogan provocatori ("Battere i russi"). Inoltre, venne chiesto un confine aperto con l'Afghanistan e la rimozione dal potere del Partito Comunista. Almeno ventidue persone persero la vita. A giugno, scoppiarono disordini tra kirghisi e uzbeki in Kirghizistan, che provocarono la morte di quasi un migliaio di persone.
Ma questi erano solo i preliminari per i veri guai a venire. È probabile che il futuro musulmano verrà deciso in Uzbekistan, il centro della popolazione e della cultura della vita musulmana in Unione Sovietica. All'inizio di marzo si sono verificati dei disordini, lasciando un numero imprecisato di morti tra i manifestanti e la polizia. A giugno, il Parlamento dell'Uzbekistan dichiarò la sovranità politica ed elaborò piani per l'autonomia economica; la maggior parte delle altre Repubbliche musulmane seguì l'esempio poco dopo. Di tutti i passi compiuti finora (che includono la sostituzione del russo con l'uzbeko come lingua principale della Repubblica), probabilmente il più importante è la richiesta che l'Uzbekistan conservi un terzo del suo raccolto di cotone nel 1990 e l'intero raccolto nel 1991. L'organizzazione nazionalista denominata il Nuovo Partito Democratico è la probabile chiave per gli sviluppi futuri.
Sempre più a disagio, i coloni russi iniziarono ad abbandonare le loro case nelle regioni musulmane e a tornare in Russia. Per quanto inospitale possa essere l'accoglienza per loro lì, almeno non si sentono estranei sgraditi. L'esodo di centinaia di migliaia di slavi ha ovviamente l'effetto di rafforzare la sensazione musulmana di potenza.
Quello che fanno i musulmani ha un'importanza fondamentale per l'URSS perché, insieme ai russi e agli ucraini, sono uno dei soli tre popoli che determineranno il futuro di quel Paese. Se dovessero fare a modo loro, un importante pilastro del potere sovietico sarà rimosso. Se l'esperienza passata è qualcosa su cui basarsi, la decolonizzazione dell'Asia centrale e del Caucaso creerà una serie di nuovi problemi. Come in Europa orientale, gli adeguamenti a un'economia di mercato saranno molto difficili. La politica dell'invidia avrà un ruolo importante. Giocando sulle paure e sugli interessi acquisiti, gli ex comunisti potrebbero incassare un successo elettorale. I fondamentalisti musulmani potrebbero trarre vantaggio dalla reazione contro decenni di intensa occidentalizzazione, che ha portato all'alleanza con il governo iraniano. L'indipendenza avvierà un processo lungo e difficile.
Pertanto, gli obiettivi della politica americana sono ovvi. Washington ha sostenuto da sola i movimenti nazionali, a condizione che si impegnassero in una lotta pacifica. Il governo degli Stati Uniti dovrebbe spingere Mosca a lasciare che le regioni musulmane seguano la loro strada. Quale potrebbe essere il suo interesse maggiore se non quello di assistere alla decomposizione del suo più grande avversario? Se l'Asia Centrale e il Caucaso diventassero indipendenti, sia la popolazione sia l'area territoriale dell'URSS si ridurrebbero di circa un quinto. I popoli liberati potrebbero fornire una massa anticomunista solida come quella della Lituania o dell'Ungheria.
Ma non è solo una questione di interessi: i principi americani si trovano anche alla base dell'indipendenza musulmana. Con grande dispiacere di Winston Churchill, la politica degli Stati Uniti dalla Prima guerra mondiale è stata costantemente quella di fare pressioni a favore della decolonizzazione. E se il governo degli Stati Uniti ha spinto per porre fine agli imperi britannico e francese relativamente benevoli, è molto più urgente che venga posto fine all'orribile Impero russo. L'indipendenza musulmana, quindi, è in armonia con alcuni principi molto cari [agli americani].
Purtroppo, è improbabile che l'amministrazione Bush prenda provvedimenti per incoraggiare l'indipendenza musulmana. Si è già mostrata riluttante a opporsi ai governanti di Mosca (o Pechino). Al contrario, dal dicembre 1989, Washington ha incoraggiato il Cremlino a invadere la Romania; ha tollerato l'attacco sovietico all'Azerbaigian; e ha negato l'aiuto alla Lituania nel momento del bisogno. Questo imbarazzante primato di pavidità (controbilanciato da posizioni dure nei confronti di alleati come il Giappone e Israele!) assicura che i musulmani sovietici non troveranno un vero sostegno in Washington.
Se così non fosse, ci si potrebbe aspettare che il governo degli Stati Uniti abbia notato il ruolo fondamentale delle trasmissioni radio a onde corte in Cina e nell'Europa orientale, e quindi abbia deciso di rafforzare la programmazione di Radio Liberty e Voice of America. Ma, è proprio il contrario, il servizio di Voice of America in turco uzbeko, che opera da più tempo e ha un pubblico più vasto di Radio Liberty, dovrà essere chiuso il 1° giugno 1990. Proprio quando il Caucaso e l'Asia Centrale hanno finalmente preso vita, viene messa a repentaglio la scarsa programmazione di quelle aree ed è difficile immaginare una decisione più parsimoniosa e sciocca.
Fortunatamente, le forti pressioni esercitate dal Congresso hanno permesso all'uzbeko (e ad altri cinque programmi linguistici) di avere una temporanea prospettiva di vita. Ma il problema rimane: se l'amministrazione Bush non starà al fianco di coloro che vogliono rompere con Mosca, almeno non dovrebbe ostacolare il flusso di informazioni esistente. Proprio come il Caucaso e l'Asia Centrale sono finalmente tornate in vita, viene messa in pericolo la scarsa programmazione di quelle aree ed è difficile immaginare una decisione più stupida di cui poi pentirsi.