Nonostante l'accordo economico firmato questa settimana, il processo di pace tra l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e Israele è decisamente disastrato, talmente disastrato che rischia di fallire. A mio avviso, sono tre le cause principali di questo triste impasse.
Innanzitutto, la leadership israeliana di Yitzhak Rabin e Shimon Peres si è dimostrata una pessima negoziatrice. Stanchi della lotta, nella speranza di assicurarsi che i loro nipoti non dovranno combattere per tutta la vita e cercando di avere un posto nei libri di storia, questi vecchi guerrieri giocano una mano settimanale. Eloquenti discorsi sulla necessità di Israele di porre fine alla sua battaglia decennale con gli arabi indeboliscono la posizione negoziale israeliana, rivelando ai palestinesi un disperato bisogno di liberarsi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Yasser Arafat percepisce questa urgenza e la sfrutta appieno.
Ad esempio, nell'agosto del 1993, egli assicurò solennemente e pubblicamente che avrebbe modificato la Carta costitutiva dell'OLP, eliminando i numerosi riferimenti alla distruzione di Israele. Ma non ha fatto un solo passo in questa direzione. La leadership israeliana non solo non lo ha esortato a occuparsi della questione, ma il ministro degli Affari Esteri Shimon Peres si è perfino scusato per Arafat, affermando che le parti offensive della Carta sono "soltanto parole". Ricordando come ogni governo israeliano si sia rifiutato per due decenni di avere qualcosa a che fare con l'OLP prima che la sua Carta fosse stata modificata, questa sorprendente concessione ha indicato ad Arafat che avrebbe potuto farla franca con qualsiasi cosa.
E così ha fatto. Nel settembre scorso, Arafat aveva promesso di porre fine al terrorismo contro gli israeliani. Ma il suo stretto collaboratore Yasser Abd Rabbuh ha chiesto che l'Intifada proseguisse, contraddicendo direttamente la promessa di Arafat di invitare i palestinesi a rifiutare la violenza e il terrorismo. Otto mesi dopo, Arafat non solo ignora il suo precedente impegno, ma sta sfacciatamente formando un'alleanza con Hamas, l'organizzazione fondamentalista islamica che utilizza apertamente il terrorismo contro gli israeliani per ostacolare il processo di pace.
In secondo luogo, il processo di pace sta fallendo a causa dei problemi inerenti alla negoziazione della pace tra una democrazia e una dittatura. Come Douglas Feith ha di recente rilevato in un discorso alla Heritage Foundation, Israele affronta diversi pericoli in comune con una Gran Bretagna che negoziò con la Germania nazista negli anni Trenta o gli Stati Uniti con l'Unione Sovietica negli anni Settanta. Si notino questi schemi in comune:
- La leadership democratica diventa ostaggio della diplomazia, costretta a difendere le malefatte dell'avversario dittatoriale. Proprio come Henry Kissinger è diventato l'avvocato difensore di Mosca, Peres giustifica l'OLP che non modifica la propria Carta costitutiva. In effetti, Peres ammette perfino che "è diventato un avvocato dei discorsi di Arafat".
La parte democratica soddisfa la lettera e lo spirito dei suoi accordi, mentre la parte dittatoriale agisce d'impulso. Non essendoci alcuna autorità esterna per imporre il rispetto di un accordo internazionale, questo rispetto dipende dalla pressione generata internamente. Gli israeliani insistono sul fatto che il loro governo rispetta gli accordi firmati, ma non esiste un monitoraggio analogo da parte dell'OLP. Questa situazione consente all'Organizzazione per la Liberazione della Palestina di non adempiere ai propri obblighi.
Le democrazie interpretano la legge come un mezzo per ordinare la società, mentre le autocrazie la considerano come un modo per far rispettare la loro volontà. La Dichiarazione di Principi offre agli israeliani un modo per porre fine al loro conflitto con i palestinesi; al contrario, essa offre all'OLP un nuovo meccanismo per proseguire quel conflitto.
In breve, sembra improbabile che Gerusalemme faccia meglio di Londra o di Washington nei suoi tentativi di negoziare con una dittatura.
In terzo luogo, il carattere dell'OLP fa vacillare il processo di pace. Un'organizzazione che ha sempre fatto affidamento sulla duplicità continua a farlo. I leader dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina continuano a dire cose che contraddicono nello specifico il loro accordo con Israele: secondo Arafat, l'accordo di settembre significa che una bandiera palestinese sventolerà su Gerusalemme (il che implica una sovranità palestinese sulla città); certo, l'accordo non dice nulla del genere, ma lascia la questione di Gerusalemme da discutere in una data successiva. Yasser Abd Rabbuh ha dichiarato che l'accordo consente a tutti gli 800 mila palestinesi che hanno lasciato la Cisgiordania e Gaza di farvi ritorno, cosa che non accadrà.
In altre parole, sebbene il mondo intero abbia assistito nel settembre scorso alla firma della Dichiarazione di Principi, sul prato della Casa Bianca, l'OLP si comporta come se si trattasse di una bozza di documento da perfezionare attraverso ulteriori negoziati.
Gli ottimisti spesso indicano il riavvicinamento avvenuto tra la Francia e la Germania dopo la Seconda guerra mondiale come un esempio di nemici secolari che fanno la pace, e arguiscono che anche i palestinesi e Israele possono seppellire le loro divergenze. Mi sembra giusto, ma è importante osservare che i tedeschi rinunciarono ai loro modi aggressivi non dopo la parziale sconfitta della Prima guerra mondiale, ma successivamente alla totale sconfitta subita sotto Hitler. Tenendo presente quest'analogia, l'attuale stato d'animo palestinese ricorda di più quello della Germania nel 1918 rispetto a quello del 1945. Si noti come Hamas, che vuole esplicitamente la distruzione di Israele, stia diventando sempre più forte. Per quanto riguarda l'OLP, essa ha riconosciuto Israele in un momento di estrema debolezza, ma nulla nelle sue parole o nelle sue azioni lascia intendere che la sua leadership abbia avuto un ripensamento. Al contrario, man mano che emergono nuovi episodi del comportamento dell'OLP, diventa chiaro che il vecchio obiettivo di distruggere la sovranità ebraica rimane vivo.
Lo scorso settembre, un osservatore scettico poteva sperare che l'OLP si sarebbe trasformato in un affidabile partner negoziale. Otto mesi di trattative pubbliche hanno mostrato che è sempre lo stesso gruppo di bugiardi e assassini. Questo comportamento rende quasi inconcepibile l'idea che l'OLP si prodigherà per porre fine al conflitto tra palestinesi e israeliani.
Per Israele, firmare accordi con l'OLP è la parte facile, ma far sì che l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina rispetti i propri impegni sarà la grande sfida.