Global Review: Dopo aver annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo con l'Iran, Trump ha auspicato di stringere una nuova intesa con Teheran che proibisca l'acquisizione di armi nucleari, metta fine allo sviluppo di un suo programma missilistico e alla sua aggressione in Medio Oriente. Il regime iraniano accetterà queste condizioni? È possibile un compromesso?
Daniel Pipes: I leader iraniani non accetteranno queste condizioni e non è possibile alcun compromesso. Ma Teheran potrebbe attenersi ai termini del Piano d'Azione congiunto globale tenendo in considerazione gli europei e non interrompendo le relazioni commerciali.
Global Review: E per quanto riguarda il cambio di regime in Iran?
Daniel Pipes: È inevitabile, ma non so quando avverrà. Come in Tunisia, basta una scintilla – forse un meschina aggressione da parte del governo o una panetteria senza pane – per innescarlo. Ma perché questa controrivoluzione abbia successo, deve emergere una leadership dotata di idee.
Global Review: Teheran vuole governare l'Iraq e le forze politiche sono abbastanza forti da impedirlo?
Daniel Pipes: Sì e no. Sottrarre l'Iraq al controllo americano ha un'alta priorità per Teheran perché ha un'importanza economica e militare, oltre a essere un grande simbolismo. Le istituzioni irachene sono troppo deboli per tenere a bada questa predazione.
Il leader supremo iraniano Ali Khamenei fotografato mentre legge una traduzione in persiano di "Fire and Fury: Inside the Trump White House", di Michael Wolff. |
Global Review: Che ne pensa delle riforme saudite avviate dal principe ereditario Mohammad bin Salman?
Daniel Pipes: Le riforme sono autentiche, profonde e ampie, al pari di una rivoluzione. Se Mohammad bin Salman dovesse avere successo, l'Arabia Saudita sarà un paese molto diverso, un po' come gli Emirati Arabi Uniti. Non è di mia competenza dire se riuscirà nel suo intento, perché questo dipende da molti fattori, come le relazioni interne alla famiglia reale, di cui so troppo poco.
Global Review: È possibile una soluzione politica in Siria? Se sì, quale sarebbe?
Daniel Pipes: Un giorno, certamente le guerre civili siriane finiranno e la vita normale riprenderà. Il paese un tempo chiamato Siria non sarà di nuovo unitario, ma diviso in sfere d'influenza ed enclave etniche. A pochi mancherà la vecchia Siria, uno Stato violento e fallito nel corso dei suoi 65 anni di esistenza, dal 1946 al 2011.
Global Review: Le mosse di Erdogan nei Balcani, in Grecia, in Sudan, in Siria, in Iraq e in Qatar sottolineano l'espansionismo turco. Secondo Lei, dove si dirigeranno Erdogan e la Turchia dopo la sua presumibile vittoria elettorale del 24 giugno prossimo, elezioni in cui la Turchia passerà da una repubblica parlamentare a un sistema presidenziale, nel quale il presidente acquisirà maggiori poteri?
Daniel Pipes: Questi nuovi poteri formali sono irrilevanti, perché Erdogan già ne gode in modo informale. Prevedo che lui, da politico brillante all'interno dei confini della Turchia che suppone di esserlo anche in politica internazionale, commetterà terribili errori (come invadere un'isola greca o ricorrere all'uso della violenza per impedire lo sfruttamento dei giacimenti di gas nelle acque cipriote) che lo porteranno a perdere il potere e ad essere rimpiazzato con un altro islamista più cauto.
Global Review: Nella nostra precedente intervista del luglio 2016, lei aveva dichiarato che "la battaglia contro l'islamismo non è ancora iniziata". Dopo la sconfitta dello Stato islamico e il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo con l'Iran, è iniziata la guerra contro l'islamismo?
Daniel Pipes: No, queste sono battaglie visibili, ma di minore importanza, in una guerra lunga e globale. Ritengo che l'islamismo rispettoso delle leggi rappresenti un pericolo molto più grande del jihad violento. L'Isis è un'organizzazione appariscente, ma superficiale, che può fare poco più che terrorizzare e uccidere la gente. La decisione di Trump di abbandonare l'accordo con l'Iran è eccellente, ma difficilmente equivale a un importante passo contro la Repubblica islamica dell'Iran. Colpire la sua infrastruttura nucleare sarebbe un grande passo.
Global Review: La Strategia per la sicurezza nazionale identifica "tre tipi di avversari – le potenze revisioniste di Russia e Cina, gli Stati canaglia come l'Iran e la Corea del Nord, e le organizzazioni transnazionali criminali, in particolar modo i gruppi terroristici jihadisti" come "attivamente in competizione contro" gli Stati Uniti. E il movimento islamista?
Daniel Pipes: Sì, "i gruppi terroristici jihadisti" sono una piccola parte del problema. L'islamismo è, dopo il fascismo e il comunismo, la terza ideologia utopistica radicale moderna; la sua minaccia va ben oltre le piccole bande violente. Ha immobilizzato la sinistra e fa notevoli progressi in Occidente, soprattutto in Europa occidentale, compresa la Germania.
Global Review: Se il regime iraniano fosse rovesciato, i Fratelli Musulmani diventerebbero la principale minaccia islamista?
Daniel Pipes: No. Il movimento dei Fratelli Musulmani ha sede in Egitto, un paese povero dove è implacabilmente perseguitato. Governi come quelli di Turchia, Arabia Saudita e Qatar hanno mezzi di gran lunga più drastici per promuovere i loro programmi. Anche il Pakistan, un altro paese povero, ha più influenza dei Fratelli Musulmani.
Global Review: In futuro gli islamisti saranno frammentati e divisi oppure uniti e centralizzati?
Daniel Pipes: Continueranno a essere frammentati come lo sono adesso. Alcuni esempi: la guerra politica in Turchia tra Erdogan e Gülen, due ex alleati; o la guerra letale in Siria tra jihadisti sciiti e sunniti; e l'ostilità in Egitto tra i Fratelli Musulmani e i salafiti.
Global Review: Lei prevede una rinascita dello Stato islamico?
Daniel Pipes: Forse. L'Isis ha chiaramente toccato qualcosa di profondo tra alcuni musulmani – come testimonia il sorprendente assedio di cinque mesi della città di Marawi nelle Filippine. Altri eventi imprevedibili ci attendono.
Gli edifici danneggiati di Marawi, compresa una moschea, dopo che le truppe governative hanno ripreso il controllo dell'area caduta nelle mani dei jihadisti dell'Isis nell'ottobre 2017. (Reuters) |
Global Review: Emergeranno nuovi gruppi islamisti?
Daniel Pipes: Sì, certo, costantemente. L'islamismo è una ideologia in divenire e nuove organizzazioni emergono per soddisfare nuovi bisogni.