Questa è la versione originale in inglese dell'intervista che è apparsa nel quotidiano in lingua turca.
Qual è a suo avviso la causa principale delle tensioni fra il presidente Recep Tayyip Erdogan e il premier Ahmet Davutoglu che hanno portato quest'ultimo a dimettersi?
Davutoglu ha continuato a pensare che "Come primo ministro, dovrei dirigere questo governo, pertanto, me ne occuperò io". Erdogan però aveva altre idee – e ha esercitato molto più potere.
Il mese scorso, Davutoglu ha detto che il suo governo stava considerando l'opportunità di avviare negoziati con il Pkk e i suoi combattenti disarmati. Poco dopo, Erdogan ha detto apertamente che l'unica opzione è la sconfitta totale del Pkk. Davutoglu ha poi fatto marcia indietro e ha adottato la posizione di Erdogan. Come valuta le dichiarazioni contraddittorie del premier?
Egli pensava di poter sfidare il presidente. Ha cambiato idea.
Che esperienza hanno avuto i paesi occidentali con Davutoglu? È stato un leader indipendente?
Davutoglu non è stato esattamente indipendente ma ha avuto un certo margine di manovra. I diplomatici occidentali lo hanno considerato più ragionevole e flessibile di Erdogan. Di conseguenza, hanno preferito lavorare con Davutoglu, e questo sembra essere stato un importante impulso che ha spinto Erdogan a forzare le sue dimissioni.
Cosa pensa che Davutoglu farà in seguito?
Come ha fatto l'ex presidente Abdullah Gül e altri che hanno contrariato Erdogan, mi aspetto che Davutoglu se ne andrà in silenzio fino quasi a scomparire dalla politica. Lo ha fatto capire quando ha detto nel suo discorso di commiato che "Nessuno ha mai sentito pronunciare da parte mia una parola contro il nostro presidente né la sentirà mai", manifestando la propria lealtà verso Erdogan.
Che peso danno le capitali europee alle dimissioni di Davutoglu?
Ne sentiranno la mancanza. Il prossimo premier sarà totalmente asservito alla volontà del presidente, senza alcuna indipendenza.
Obama si è rifiutato di avere un incontro privato ufficiale con Erdogan durante il vertice sulla sicurezza nucleare tenutosi a Washington, ma ha accettato la richiesta di Davutoglu di incontrarlo. Qual è il messaggio di Obama?
Che anche lui ritiene più congeniale lavorare con Davutoglu che con Erdogan.
Le dimissioni di Davutoglu provocheranno un deterioramento delle relazioni fra l'America e la Turchia?
Penso che sarà così. Agli americani non piacciono i dittatori.
Come valuta personalmente le dimissioni?
Si tratta di un altro passo nella trasformazione a lungo termine di Erdogan da democratico a dittatore. Sono affascinato da come egli sia riuscito quasi a nascondere la sua vera personalità per così tanto tempo e anche da come l'acquisizione del potere abbia aumentato il suo appetito.
Come giudica l'atteggiamento di Washington nei confronti di Erdogan?
Si preoccupa di ciò che egli potrebbe fare in seguito.
Con l'uscita di scena di Davutoglu, lei pensa che ci sarà un cambiamento della posizione di Ankara sulla collaborazione degli Stati Uniti con i combattenti curdi in Siria?
Non mi aspetto un cambiamento. Questa situazione è sempre stata sotto il controllo di Erdogan.
Come immagina la rotta di Erdogan?
Mi aspetto che le cose finiranno male per lui, in particolare mi aspetto una crisi estera perché Erdogan concentra troppo l'attenzione sulla politica interna e ignora le sottigliezze delle questioni internazionali.
Dato che la Turchia stava per soddisfare tutti e 72 i criteri fissati dall'Unione Europea per ottenere la rimozione del regime dei visti per i propri cittadini in gran parte dell'UE ma ora la questione della definizione del terrorismo è emersa come un grosso ostacolo, come giudica il tempismo di Erdogan nel forzare le dimissioni di Davutoglu?
Questo offre un ottimo esempio del fatto che Erdogan si concentra troppo sulle questioni di politica interna. Se avesse prestato maggiore attenzione alla politica estera avrebbe capito che non era il momento di silurare Davutoglu, gradito agli europei, e di aspettare per farlo il via libera da Bruxelles per i visti (e forse anche di aspettare l'esito del referendum britannico sulla Brexit). Ma non lo ha fatto e così la liberalizzazione dei visti per l'ingresso nell'UE dei cittadini turchi sembra spacciata.