Dal Mediterraneo al Baltico, le "no-go zones" parziali nelle aree a maggioranza musulmana fanno parte del paesaggio urbano, con il governo francese che ne conta ben 751. Questo sottrarsi alle responsabilità prefigura una catastrofe e richiede un'inversione immediata.
Io definisco le brutte zone delle città europee "no-go zones" parziali perché la gente comune che indossa abiti normali può entrarvi e uscire senza alcun problema. Ma esse sono "no-go zones" perché i rappresentanti dello Stato – soprattutto la polizia, ma anche i vigili del fuoco, gli addetti alla lettura dei contatori, gli operatori delle ambulanze e gli assistenti sociali – possono accedervi solo per un periodo di tempo limitato, e mai da soli. Se disobbediscono a questa regola di base (come ho imparato di persona a Marsiglia), rischiano di essere accerchiati, insultati, minacciati e perfino aggrediti.
Un'illustrazione delle "no-go zones" a maggioranza musulmana in Europa di Linas Garsys per The Washington Times. |
Questa situazione non dovrebbe esistere. Le società ospitanti possono opporsi alla comparsa nel loro seno di aree o quartieri contraddistinti dalla povertà, dal crimine, dalla violenza e dalla ribellione. Ma contrariamente a quanto dovrebbe accadere, i governi rinunciano a esercitare il loro potere di controllo nella fervida e leggermente disperata speranza di evitare il confronto. Le politiche multiculturali offrono l'illusione di eludere ogni cosa che possa essere interpretata come "razzista" o "islamofoba".
Questa rinuncia non è un banale errore, ma una decisione che ha delle conseguenze gravi – ben più profonde, ad esempio, del fatto di non controllare una città americana infestata dal crimine come East St. Louis. Ecco perché le "no-go zones parziali" musulmane si collocano in un contesto politico molto più ampio, caratterizzato da una duplice dimensione occidentale e islamica.
La copertina francese del libro di Pascal Bruckner La tirannia della penitenza. Saggio sul masochismo occidentale. |
La dimensione occidentale. Il fatto di evitare il confronto riflette una radicata ambivalenza riguardo al valore della propria civiltà e anche l'odio di sé della razza bianca. L'intellettuale francese Pascal Bruckner osservava in un suo libro del 2006 dal titolo La tyrannie de la pénitence (La tirannia della penitenza. Saggio sul masochismo occidentale, Guanda, 2007, N.d.T.) che il pensiero di sinistra "può essere ridotto alle meccaniche denunce dell'Occidente, evidenziando l'ipocrisia, la violenza e l'abominio di quest'ultimo". Gli europei sono considerati come "i malati del pianeta" la cui cupidigia e le false idee di superiorità sono la causa di tutti i problemi del mondo non-occidentale: "L'uomo bianco ha seminato dolore e rovina ovunque sia andato".
Se la triade fatale costituita da imperialismo, fascismo e razzismo rappresenta tutto ciò che l'Occidente ha da offrire, ecco perché i migranti che vogliono raggiungere l'Europa, compresi gli islamisti, sono considerati come degli esseri superiori ai quali prestare passiva deferenza. E questi ultimi sfruttano questa situazione comportandosi male – si pensi agli spacciatori che dettano legge, a una gang che per 16 anni ha stuprato 1.400 minori, e al fatto che si promuovono ideologie violente – godendo della quasi impunità perché, dopotutto, gli europei possono incolpare solo se stessi.
La dimensione islamica. Le "no-go zones" parziali sono altresì il risultato di una tendenza islamica all'esclusione e alla dominazione. La Mecca e Medina sono e saranno sempre zone riservate ai soli musulmani. Da quasi quattordici secoli, queste due città arabe sono ufficialmente off-limits ai kafir che possono avventurarsi in esse a loro rischio e pericolo. Esiste una vivace letteratura che affonda le sue radici nei secoli e sussiste ancora oggi che racconta le esperienze vissute direttamente da non musulmani che sono penetrati nei luoghi sacri dell'Islam e ne sono usciti vivi.
Esistono altre zone islamiche di questo tipo. Prima di perdere il potere nel 1887, i governanti musulmani di Harar, in Somalia, per secoli pretesero (nelle parole di un ufficiale britannico) "l'esclusione di tutti i viaggiatori che non fossero di fede islamica". Allo stesso modo, delle donne che indossano l'hijab urlano contro i non-musulmani che si recano in visita sul Monte del Tempio, a Gerusalemme per farli sentire non graditi così da starne lontani. In Occidente, le enclave riservate ai musulmani legalmente riconosciute rappresentano una spinta all'autonomia e alla sovranità musulmana. Un altro esempio di questo genere è dato dall'organizzazione Muslims of America, con le sue 15 zone recintate assolutamente inaccessibili che brulicano di armi e ostilità, in proprietà private disseminate in tutti gli Stati Uniti.
Un segnale stradale che vieta ai non-musulmani di entrare alla Mecca. |
Diversamente da luoghi come East St. Louis, le "no-go zones" parziali a maggioranza musulmana hanno per gli islamici una dimensione profondamente politica e molto ambiziosa. In effetti, non è inverosimile pensare che esse potrebbero trasformarsi in zone musulmane autonome dove si applica la legge islamica, in barba alle autorità locali. La debolezza dei governi europei deboli combinata alla forte smania di potere da parte dei musulmani lascia presagire una situazione futura caratterizzata da disordini, crisi, sfaceli e persino da una guerra civile.
Qualcuno pensa che sia già troppo tardi per impedire questa sorte. Io non sono d'accordo. Tuttavia, per evitare la catastrofe occorrerà smantellare al più presto tutte le "no-go zones" parziali e farlo con una determinazione basata su una rinnovata autostima. Due principi universali dovrebbero guidare i governi europei: ottenere il monopolio della forza e applicare le stesse leggi a tutti i cittadini.
La pace interna in Europa e forse in altri paesi come l'Australia, la Nuova Zelanda, il Canada e gli Stati Uniti, non richiede di fare null'altro.