Il governo iracheno otterrebbe l'approvazione in seno alle Nazioni Unite, se decidesse di presentare una denuncia al Consiglio di Sicurezza sulla decisione della Turchia di inviare la settimana scorsa rinforzi, tra cui un battaglione di 25 carri armati e centinaia di soldati, a una delle sue unità nel nord dell'Iraq, ha detto a Sputnik, Daniel Pipes, presidente del Middle East Forum.
"Molti paesi sono davvero indignati con Ankara e potrebbero manifestare questo sconcerto in una discussione in seno alle Nazioni Unite. Formalmente, gli alleati Nato della Turchia l'hanno appoggiata nel confronto con la forza aerea russa, ma in realtà c'è molto malcontento; nessuno è felice di questo confronto." I turchi hanno chiamato in causa la Nato in una situazione in cui essa non avrebbe voluto trovarsi, pertanto, c'è risentimento.
"È solo uno dei tanti risentimenti; gli europei sono profondamente preoccupati a causa del fatto che i turchi abbiano permesso a questi immigrati illegali di entrare in Europa in centinaia di migliaia. Ad esempio, il governo cinese è irritato perché i turchi appoggiano un movimento di liberazione turco nella Cina occidentale."
La complessità della crisi in Iraq e Siria è dimostrata dai rapporti tra Ankara e i curdi del nord dell'Iraq, ha detto Pipes, esperto di Medio Oriente e Islam.
Sebbene il governo turco abbia grossi problemi con la propria popolazione curda e con i curdi in Siria, ha però buoni rapporti con i curdi in Iraq, che esso "usa come mezzo per contrastare il governo sciita di Baghdad".
I curdi del nord dell'Iraq sono "piuttosto favorevoli" all'idea di avere soldati turchi nella loro regione, ha asserito Pipes; circa il 15-20 per cento della popolazione turca è curda. "Ad essi non importa avere musulmani sunniti in Iraq. Sono preoccupati per la presenza dell'Isis [Daesh], ma non lo sono particolarmente per quella turca".
Pipes ritiene che la principale fonte del conflitto regionale sia stata la recrudescenza dell'islamismo radicale sia tra gli sciiti sia tra i sunniti avvenuta negli ultimi decenni. "Il confronto di base è tra il blocco sunnita composto dall'Arabia Saudita, dal Qatar e dalla Turchia, da una parte, e il blocco sciita, di cui fanno parte l'Iran, Hezbollah e altri gruppi più piccoli, dall'altra".
"Si combatte in Yemen, in Siria, in Iraq, potenzialmente in Libano, e proprio questa è la forza motrice della politica odierna del Medio Oriente", a causa della ripresa del radicalismo islamico da entrambi i lati, e "alzando la posta in gioco, antagonismo e bellicosità cui stiamo assistendo hanno un ruolo fondamentale in Siria e in Iraq", ha dichiarato Pipes.