Alcuni dei libri di saggistica più leggibili e avvincenti sono delle opere storiche di ciò che i francesi chiamano studi di alta divulgazione. Essi dovrebbero essere scritti come un romanzo, con una trama convincente piena di personaggi pittoreschi; il testo migliore tra questi rivela delle fonti talmente sconosciute da farne una ricerca originale e offre altresì delle nuove interpretazioni. Tra gli scrittori che corrispondono a questa descrizione ci sono Alan Morehead, Leonard Cottrell e Donald R. Morris. L'Asia centrale ha la sua buona dose di autori tra cui anche René Grousset, J.J. Saunders e Peter Hopkirk.
Ma nessuno se ne è occupato meglio di Karl E. Meyer e Shareen Blair Byrsac (una coppia di coniugi, lui giornalista del New York Times e lei di CBS Reports). I due autori scrivono fluentemente, offrono una visione sinottica, raccontano una storia affascinante e forniscono perfino qualche idea nuova. L'argomento del loro libro riguarda la rivalità tra la Russia e la Gran Bretagna nella vasta regione che va (attualmente) dal Kazakistan alla Cina occidentale, il cuore dell'Asia, un'area geografica dove non ci sono porti, ma dove si stagliano le vette più alte del mondo e si estendono i deserti più torridi. Questa rivalità (il "Grande Gioco") risale a una circostanza ignota avvenuta nel 1812 quando un veterinario britannico, che stava cercando in Tibet una razza equina forte e veloce, s'imbatté nella prova che i russi erano già stati lì in precedenza. In un certo senso, il Grande Gioco finì col crollo del regime zarista poco più di un secolo dopo; ma in un altro senso, esso ricominciò per mano dell'Unione Sovietica; e quando gli inglesi lasciarono l'India nel 1947, al loro posto nel Grande Gioco subentrarono i governi dell'India e degli Stati Uniti; in qualche misura, "il Gioco è stato un prologo vittoriano alla Guerra fredda". Solo con il crollo dell'Unione Sovietica si può dire che sia finita questa rivalità durata realmente quasi due secoli.
Gli autori hanno messo gran parte del loro impegno nel raccontare una grande storia, ma essi traggono altresì due conclusioni generali. In primo luogo, essi arguiscono che esisteva un persistente contrasto fra "il coraggio e la brillantezza" dei giovani uomini in campo, da entrambi i lati, e "l'inconcludente irresponsabilità" dei loro superiori più vecchi. In secondo luogo, nelle parole di uno dei partecipanti (H.V. Hodson) ripensando all'intera faccenda, "il Gioco, in realtà, fu un gioco, con dei punteggi ma senza dei veri premi". A differenza della Guerra fredda, il premio fu più immaginario che reale; nonostante i successi riscossi dalla Russia in Asia centrale, la Russia imperiale e sovietica crollarono e il paese non ottenne nulla, malgrado quegli sforzi.