Ci sono voluti esattamente quaranta giorni dal concepimento alla consegna – dal 3 settembre al 15 ottobre 1990 – per quello che è l'equivalente editoriale della Blitzkrieg [guerra lampo, N.d.T.] in Kuwait. E con una vendita di 425.000 copie in anticipo, il volume Saddam Hussein e la crisi nel Golfo è probabilmente il libro che influenzerà maggiormente il pensiero americano riguardo al Golfo Persico. I risultati sono sorprendentemente ottimi; in effetti, certe parti di questo saggio forniscono spunti nuovi e importanti su Saddam Hussein e sulla sua decisione di invadere il Kuwait. La biografia di Saddam Hussein scritta da Laurie Mylroie approfondisce una storia che è rimasta a lungo oscura; il capitolo sulla guerra fra Iran e Iraq beneficia delle informazioni da addetta ai lavori dell'autrice e l'esame degli avvenimenti dalla fine della guerra batte un terreno ancora vergine.
Per quanto la storia sia eccellente, l'analisi politica lascia qualcosa a desiderare. Judith Miller afferma categoricamente nella sua conclusione che "gli americani si sono recati nel Golfo per il petrolio", un'affermazione curiosa che ignora del tutto molte altre questioni in gioco in questo conflitto – compresi la costruzione di un arsenale nucleare iracheno e il cattivo precedente per un nuovo ordine mondiale. Poi, l'autrice termina il libro con la speranza che "l'incursione nel Golfo", che lei dipinge come una delle ultime avventure "nell'impero di breve durata" dell'America, costringerà il paese ad affrontare i fatti e ad abbandonare i motivi "che così a lungo ci hanno ingannati in modo così rovinoso". Solo una domanda: se la politica americana degli ultimi quarantacinque anni è stata un disastro, come sarebbe stato il successo?