Nawal El Saadawi (nata nel 1931) è una donna egiziana, un medico, una scrittrice prolifica e la femminista più schietta e radicale del mondo arabofono. Senza esagerare, la Malti-Douglas scrive che "nessuna donna araba ispira tante emozioni come Nawal El Saadawi. Nessuna donna in Medio Oriente è stata oggetto di più polemiche. Certamente, nessuna penna impugnata da una donna araba ha mai violato tanti spazi sacri". Poi l'autrice dedica oltre duecento pagine all'analisi della retorica infiammata e ai brutti romanzi, invocando tutti i soliti tropi femministi (titolo e sottotitolo ne danno un'idea, come i titoli dei capitoli "I paradigmi della violazione" e "Riscrivere il patriarcato").
Questa femminista prevedibile che celebra uno dei suoi argomenti preferiti riveste poco interesse per il lettore medio, ma la Malti-Douglas solleva una questione interessante quando parla dello scontro fra la Saadawi e i suoi oppositori (maschi) intellettuali di sinistra in Medio Oriente. Essi vorrebbero farla tacere riguardo alla deplorevole condizione delle donne nei loro paesi, cercando di delegittimare i suoi scritti come "femminismo orientalista". Al che la Malti-Douglas replica asserendo che "l'anti-imperialismo può facilmente diventare una trappola attraverso cui il nazionalismo, pur cercando di difendere gli autoctoni dagli stranieri, in realtà difende chi è al potere nella società autoctona". In altre parole, il femminismo della Saadawi si rivela essere una fonte d'insolita simpatia per l'Occidente. L'importanza di questi epiteti? Un altro segno di debolezza della sinistra intellettuale: imprigionata nella rete delle proprie incoerenze, essa (contrariamente alla destra fondamentalista) non riesce nemmeno a comprendere il suo punto di vista sull'Occidente.