L'esperto di Medio Oriente Daniel Pipes si definisce un "soldato" nella guerra contro l'Islam radicale. Questa descrizione deriva dalla sua convinzione secondo la quale "il centro di gravità della guerra è passato dalla forza delle armi a quella dei cuori e delle menti dei cittadini". In Occidente, dove molta gente non crede ancora di essere in guerra, gli specialisti come Pipes svolgono un ruolo essenziale, mettendo in guardia dai pericoli dell'Islam radicale.
Il più recente campo di battaglia nella guerra delle idee è il Sinai Temple di Los Angeles, dove Pipes ha parlato di "Islam radicale e di guerra al terrore", il 29 marzo scorso. Pipes, che in questo periodo tiene un corso su "l'Islam e la politica" alla Pepperdine University, ha cominciato la sua conferenza ponendo due interrogativi che devono trovare una risposta prima che l'Occidente possa pensare di trionfare contro il nemico. Beninteso, per vincere il nemico è necessario conoscerlo. La prima domanda è dunque: "Chi è il nemico?"
Dopo l'11 settembre, la prima risposta a questa domanda è stata il terrorismo. In effetti, ci siamo abituati a indicare con l'espressione "la guerra al terrore" la più grande minaccia esistenziale che l'Occidente si trova a dover affrontare dalla guerra Fredda. Va però ricordato che il terrorismo è solo una tattica. Come ha spiegato Pipes, non abbiamo chiamato la Seconda guerra mondiale "la guerra contro gli attacchi a sorpresa" come risposta a Pearl Harbor. Inoltre, se il terrorismo fosse il nemico reale, i gruppi terroristici non-islamici come il Sendero Luminoso, in Perù, dovrebbero essere menzionati più spesso dai leader occidentali.
Questo significa che i musulmani sono il nemico? Pipes non lo pensa. Pensarlo sarebbe fuori luogo: l'Islam non ha mai toccato un punto così basso come in questo momento. Ritenere che l'Islam sia il problema trasforma altresì tutti i musulmani in nemici, quando, di fatto, l'Occidente ha alleati musulmani. E qui, Pipes menziona gli algerini che sono stati vittime degli islamisti radicali nel decennio scorso. Per fissare degli obiettivi bellici realizzabili, Pipes ha sottolineato l'importanza di definire degli obiettivi laici. Dopotutto, gli Stati Uniti non hanno ingaggiato una crociata contro l'Islam.
Secondo Pipes, il vero nemico non è la religione ma un'ideologia politica chiamata Islam radicale. Gli islamisti radicali credono che l'Islam sia la risposta a tutti i problemi del mondo. In altri termini, l'Islam radicale è la trasformazione della fede in un'ideologia totalitaria. Come fecero prima il fascismo e il comunismo, l'Islam radicale aspira all'egemonia mondiale. Il regime dei talebani in Afghanistan dal 1996 al 2001 ha mostrato l'incubo che attende il mondo se gli islamisti radicali realizzassero il loro sogno di applicare la legge islamica in tutto il globo terrestre. Un regime che ha vietato il volo degli aquiloni e che non permette alle ragazze di frequentare la scuola è in conflitto con i principi del mondo occidentale. Questo è il motivo per il quale gli islamisti radicali credono che sia in corso uno scontro di civiltà.
Questo scontro è spesso espresso in modo violento, attraverso il terrorismo a New York e a Londra, l'insurrezione civile in Algeria, la rivoluzione in Iran o attraverso la guerra civile in Afghanistan. Ma Pipes ha messo in guardia contro una seconda ala dell'Islam radicale che tenta di raggiungere i propri obiettivi lavorando dentro il sistema. Ad esempio, il gruppo terroristico egiziano Al-Gama'a al-Islamiya ha rinunciato alla violenza dopo aver perpetrato un attentato a Luxor nel 1997 in cui morirono 57 turisti. Questo fu un cambiamento di politica piuttosto che un ripensamento, perché Al-Gama'a al-Islamiya credeva di avere una migliore opportunità di concretizzare i propri obiettivi in modo pacifico.
Secondo Pipes, il premier turco Recep Tayyip Erdogan costituisce una minaccia ben più grande per il mondo rispetto a Osama bin Laden. Le prospettive di quest'ultimo si sono, di fatto, affievolite dall'11 settembre, mentre il primo ha la capacità di trasformare la Turchia in uno Stato islamico promuovendo un programma politico islamista. Gli americani devono essere informati dell'esistenza di un'ala non-violenta dell'Islam radicale. Gruppi come il Council on American-Islamic Relations (CAIR) – che Pipes definisce propaggine indiretta di Hamas – e il Muslim Public Affairs Council condividono gli stessi obiettivi dei terroristi, anche se essi utilizzano dei mezzi differenti per raggiungerli.
Poi Pipes passa alla seconda questione: "Che fare dell'Islam radicale?" Egli crede che si debba riorganizzare il mondo musulmano com'è stato fatto con l'Unione Sovietica, la Germania e il Giappone nel XX secolo. La frase "Sconfiggere l'Islam radicale e rafforzare l'Islam moderato" ricorre costantemente nel discorso di Pipes. Non si può sconfiggere i nostri nemici limitandoci a emarginare le loro idee. I musulmani possono e devono assumere un ruolo importante in tutto questo. Oggi, degli individui isolati vivono come i musulmani moderati, ma non c'è nessun movimento di massa dell'Islam moderato. Un movimento del genere richiede una gran quantità di denaro e una vasta organizzazione, due cose di cui ancora non dispongono i riformisti musulmani.
Pipes ha ricordato al suo auditorio che dal 1945 le idee fasciste non hanno più minacciato il mondo. Allo stesso modo, il 1991 ha segnato la fine della potente influenza dell'ideologia marxista-leninista. Pipes considera gli anni 1945 e 1991 come esempi rappresentativi delle alternative cui ora
ci troviamo di fronte. Egli si aspetta che la guerra in corso finirà da qualche parte tra le violenze del 1945 e il crollo non violento dell'Unione Sovietica del 1991.
Tuttavia, essa non finirà finché gli alleati occidentali non cominceranno a vedere le cose in maniera simile. Pipes ha parlato del caso dello studioso svizzero Tariq Ramadan al quale è stato vietato di entrare negli Stati Uniti perché accusato di sostegno al terrorismo, ma che è stato ingaggiato dal governo di Tony Blair per analizzare le radici del radicalismo islamico dopo gli attentati di Londra del 7 luglio 2005. I Paesi occidentali devono sviluppare delle strategie simili e mostrarsi solidali se saranno in grado di trattare con successo questioni come l'ambizione dell'Iran di dotarsi di armi nucleari.
L'Occidente non deve più fronteggiare uno Stato potente come l'Unione Sovietica o la Germania (un Iran nucleare cambierebbe tutto), ma nel mondo oggi ci sono probabilmente più di 150 milioni di islamisti. Questa cifra supera di molto il numero di tutti i comunisti e fascisti vissuti. Inoltre, l'Islam radicale è un movimento utopistico che offre ai suoi seguaci una potente ideologia. Basti pensare al numero crescente di convertiti occidentali all'Islam radicale. Pertanto, è pericoloso considerare il terrorismo con cinismo oppure, come fa John Kerry, definirlo una mera scocciatura paragonandolo al gioco d'azzardo o alla prostituzione. E la cosa peggiore è non pensare per niente all'Islam radicale. Pipes ha asserito che la maggior parte dei candidati presidenziali repubblicani sembra essere profondamente preoccupata per la minaccia che l'Islam radicale costituisce per gli Stati Uniti. I candidati democratici, invece, non lo menzionano affatto.
Pipes ha terminato la sua conferenza con una lista di cose che le persone possono fare per contrastare la minaccia: imparare e fare ricerche sull'argomento, scrivere lettere ai giornali o editoriali, essere attivi in politica e nelle organizzazioni e parlare con la gente. In altre parole, ci si può unire a Pipes diventando informati e, a propria volta, informare gli altri della guerra contro l'Islam radicale.