Occorre congratularsi con James A. Paul, autore di questo volume, e con Middle East Watch per il superbo lavoro di ricerca. A differenza della tipica inchiesta sui diritti umani, con la sua lista di abusi e con tanto di nomi delle vittime, da considerarsi essenziale ma non molto informativa, questo studio traccia un quadro dell'intero sistema che la Siria ha messo in atto. Gli autori riescono a farlo attraverso innumerevoli e approfondite letture e intervistando i testimoni. La presentazione è sobria, i fatti parlano da soli in modo toccante.
I capitoli affrontano argomenti come le condizioni dei detenuti e l'uso della tortura; il controllo esercitato dal governo su associazioni teoricamente indipendenti; i controlli speciali sui curdi, gli ebrei e i palestinesi; la stretta morsa sulle attività culturali. Forse il capitolo più saliente, perché è il più originale, è quello che descrive quindici agenzie di sicurezza, spiegando chi le dirige (sono quasi tutte in mano alawita) e in cosa ognuna di esse è specializzata (Libano, la protezione degli edifici governativi, etc.). Lo studio dà l'impressione generale che il regime è più sicuro di quanto non lo fosse prima e quindi è un po' meno crudele; ma il suo dominio arbitrario è al contrario aumentato nel corso degli anni.
L'unica cosa che manca a questo rapporto è la giusta pubblicazione (come per il volume complementare sull'Iraq, edito dalla Yale University Press).