Ecco un libro che avremmo potuto utilizzare un anno prima! Un resoconto meticoloso e dettagliato della rivendicazione irachena sul Kuwait. Di fatto, c'erano due rivendicazioni: Baghdad voleva cambiare il tracciato dei confini per avere maggiore accesso al Golfo Persico e al contempo cercava di assorbire interamente il Kuwait nell'Iraq. Se nel corso degli ultimi cinquant'anni, i governi iracheni hanno sempre promosso la prima rivendicazione, la seconda, invece, è stata seriamente perseguita solo in tre occasioni (nel 1938, 1961 e nel 1990-1991). In risposta a entrambe, nel XX secolo, i kuwaitiani si sono sempre opposti.
Quanto alla validità delle rivendicazioni irachene, Schofield rifiuta la seconda. Ma egli prende più sul serio Baghdad per quanto riguarda la disputa frontaliera. Notando le contingenze storiche che lasciarono l'Iraq con una linea di costa insoddisfacente – soprattutto i tentativi britannici del 1913 volti a impedire all'Impero ottomano di stabilire un capolinea ferroviario; e la delimitazione arbitraria britannica nel 1951 dei confini – l'autore lascia intendere che i kuwaitiani mostrerebbero una certa flessibilità. Osservando che il problema dei confini continua ad acuirsi, egli accenna alla possibilità di un accordo: Baghdad accetta finalmente di demarcare i confini Iraq-Kuwait; in cambio, la dinastia Sabah permette l'accesso al mare all'Iraq (attraverso il diritto comune all'uso dell'acqua, un contratto di locazione o qualche altro dettaglio tecnico). Ma l'autore ovviamente riconosce che l'invasione dell'agosto 1990 rende improbabili le concessioni kuwaitiane per molti anni a venire.