Nel tentativo di andare oltre le risposte aneddotiche alla domanda posta nel titolo del volume, Gelb esamina in dettaglio l'esperienza successiva al 1973 da deficit di capitale di sei paesi esportatori di petrolio: l'Algeria, l'Ecuador, l'Indonesia, la Nigeria, Trinidad e Tobago e il Venezuela. La risposta non dovrebbe essere sorprendente per chiunque legga i quotidiani: i grandi trasferimenti senza precedenti di ricchezza ai paesi esportatori di petrolio hanno lasciato questi ultimi "peggio di come sarebbero stati con un tasso di crescita dei prezzi del petrolio molto più basso e più prevedibile o addirittura qualora i prezzi si fossero mantenuti costanti". L'analisi dettagliata di Gelb giunge a una serie di conclusioni controintuitive: la maggior parte dei guadagni inattesi è stata vincolata prima ancora che essi fossero previsti; le economie guidate dal petrolio tendevano a rovinare le attività economiche non basate sul petrolio; i guadagni inattesi hanno migliorato i tassi di crescita solo nel breve periodo che va dal 1974 al 1977; e infine, i paesi esportatori di petrolio più ricchi hanno speso per i sussidi più dei proventi da loro ottenuti dal petrolio rispetto ai paesi esportatori più poveri. L'analisi cupa ma convincente di Gelb mostra che anche i vincitori apparenti negli anni Settanta finirono con l'essere perdenti.
Traendo delle conclusioni dagli errori del passato, Gelb evidenzia due punti principali. Innanzitutto, "occorreva adeguare i livelli di spesa al forte aumento dei proventi del petrolio in maniera molto più cauta di quello che in realtà è stato". In particolare, l'autore puntualizza che circa due terzi dei guadagni inattesi potevano essere salvati all'estero. (Il Kuwait fu il solo paese che arrivò vagamente vicino a fare questo.) In secondo luogo, nel 1980, quando si pensò di impiegare il denaro, non si doveva presumere che nel 1990 il petrolio avrebbe toccato i 100 dollari al barile; piuttosto, la politica della spesa "non avrebbe dovuto basarsi sulle tendenze previste nell'evoluzione dei prezzi". Saggio consiglio, certo! Rischia, però, di essere ignorato nell'euforia del prossimo boom delle commodity.