L'anno scorso, Patrick Seale ha argomentato nel volume Abu Nidal, una pistola in vendita (recensito in Orbis, Estate 1992) che il più matto di tutti i terroristi palestinesi in realtà lavora per Israele. Quest'anno Yallop dice lo stesso di Ilich Ramirez Sanchez, alias "Carlos" o "lo Sciacallo". Secondo lui, la Cia, l'M16 e il Mossad hanno costruito un piccolo terrorista dentro un personaggio mediatico di fama mondiale. Perché questo? "Per rendere la guerra fredda tra Est e Ovest ancor più fredda; per garantire che una risoluzione pacifica della questione palestinese rimanga un sogno irraggiungibile; per diffondere i semi del sospetto e dell'ostilità attraverso i confini; per generare male e discordia ".
Curiosamente, tanto Seale quanto Yallop si sono ispirati a Salah Khalaf ("Abu Iyad"), capo dei servizi di sicurezza dell'Olp. Credendosi in possesso di recenti informazioni riservate, entrambi gli autori hanno poi galoppato in giro per il Medio Oriente (e non solo) alla ricerca delle prove. Nessuno di questi scrittori inglesi pensa che Khalaf li abbia utilizzati per allontanare l'Olp dai suoi alleati più ripugnanti. Essi preferiscono diventare strumenti della sua disinformazione.
Al di là della sua argomentazione artificiosa, il volume Carlos, la caccia allo sciacallo presenta una serie di altri problemi. Dettagli superflui sul suocero e sul suo bagaglio perduto, oltre a una lunga dissertazione sul background del conflitto arabo-israeliano fanno aumentare il numero delle pagine sconclusionate e in cui l'autore si concede troppe libertà nella scrittura. La mancata conoscenza della lingua araba da parte di Yallop genera un flusso costante di strafalcioni (il mio preferito è: l'arciterrorista Wadi Haddad presentato come Wadl Haddad). L'assenza di anche una sola nota a piè di pagina denota tanto l'arroganza dell'autore quanto la sua indifferenza alle prove.