justFeatures: Abbiamo notato che nei paraggi del campus sono stati affissi, ad opera di un gruppo di recente costituzione denominato Coalizione per la Tolleranza, dei manifesti riportanti dei brani tratti da articoli che lei ha scritto in passato. Nel corso della sua conferenza odierna ovvero quando i presenti sono stati invitati a farle delle domande, le sono stati rivolti dei quesiti su due dei suoi articoli. E a riguardo:
Daniel Pipes: Suggerirei di fare attenzione alla risposta.
Nota di redazione: La citazione sul volantino che menziona un articolo apparso sul New York Post dell'agosto 2002 così recita: "I musulmani sono solo il 4% dei 5.400.000 abitanti della Danimarca, ma costituiscono una maggioranza di stupratori ritenuti legalmente perseguibili".
Due parlamentari danesi hanno dichiarato che l'asserzione di Pipes era falsa, dal momento che la Danimarca non persegue la religione dei suoi criminali. Pipes ha risposto sul quotidiano canadese The National Post affermando che: "Le statistiche elaborate dalla Danimarca sono comunque dei numeri sugli immigranti provenienti dai Paesi del terzo mondo e sui loro figli, che costituiscono il 5% della popolazione e si sa che i musulmani rappresentano i 4/5 di questo elemento. Le ultime stime della polizia indicano che il 76,5% di stupratori ritenuti legalmente perseguibili di Copenaghen appartengono a quel 5% della popolazione e da ciò dobbiamo trarre le dovute conclusioni".
justFeatures: Esatto, abbiamo esaminato la risposta… Abbiamo osservato le fonti statistiche a riguardo… ma potrebbe spiegare: qual era la ragione, il motivo per riportare ciò nel suo articolo?
Daniel Pipes: Beh, nella maggior parte dell'Europa c'è un problema che presenta due aspetti: gli immigranti musulmani non sono integrati e le società ospitanti non vogliono integrarli. Pertanto c'è una massa crescente… di immigranti e di loro figli, che vengono alienati dalla maggior parte della società e che in genere non hanno familiarità con la cultura e con la lingua dei paesi ospitanti… C'è stato un famoso caso in Francia, in cui durante una partita di calcio i musulmani francesi tifavano per l'Algeria. Alcuni problemi incidono sulla popolazione, inclusa la disoccupazione e l'indigenza ed è in genere difficile che gli europei accettino tali questioni.
justFeatures: Il mio compagno di stanza è un ebreo turco di Istanbul e lo scorso sabato mattina è stato svegliato da una telefonata di suo padre che lo informava del duplice attentato terroristico di Istanbul… L'attuale governo turco è generalmente considerato un governo islamico moderato. Che cosa può dirci riguardo ai futuri rapporti ebraico-turchi e circa il futuro del movimento islamico in Turchia?
Daniel Pipes: Respingo il termine islamista moderato. Penso che sia totalitario e aggressivo per sua natura. Qualcuno lo dimostra, qualcuno presenta un carattere molto aggressivo. È come parlare di nazismo moderato o estremista. Si tratta dello stesso fenomeno, sebbene non tutti siano assassini o violenti, è però ancora il medesimo movimento totalitario. La questione turca è molto complessa, ma in Turchia sussistono delle significative opinioni, a differenza di ogni altro Paese musulmano, ossequiosamente secolari, vicine al turchismo di Kemal Ataturk. Esse erano proprie dell'elite di governo ma sono state messe in discussione nell'ultimo decennio, e rimane una questione aperta se la Turchia stia andando verso l'Islamismo oppure se continui ad essere una repubblica secolare. Nel 1996-97 c'era un Primo Ministro islamista ed è stato buttato fuori. Il nuovo gruppo è molto più consapevole dei passi da compiere, ma penso che stia procedendo ancora verso la stessa direzione… cautamente e lentamente verso il fondamentalismo islamico
justFeatures: Nella sua conferenza ha affermato che i palestinesi non accettano Israele e che quest'ultimo deve in un modo o nell'altro indurli ad accettarlo prima di negoziare con loro, prima di giocare fondamentalmente a carte scoperte. E allora due domande… cosa indurrebbe i palestinesi a riconoscere Israele e nel frattempo, secondo lei come dovrebbero comportarsi Israele o gli Stati Uniti sino a che ciò non avvenga?
Pipes: Israele deve elaborare una politica da noi incoraggiata che… convincerà i palestinesi del fatto che hanno perso la guerra, che è finita. Ed esistono differenti strumenti per ottenerlo. Alcuni di essi sono di natura militare, come nella Germania del 1945, mentre altri non lo sono, come quelli impiegati in Unione Sovietica o in Sudafrica nel 1991. In entrambi questi ultimi casi, attraverso una complessa serie di sviluppi i sovietici o i bianchi sudafricani sono giunti alla conclusione che la situazione non poteva andare oltre e occorreva lasciar perdere e qualcosa del genere va messa in pratica coi palestinesi. Devono comprendere che non funziona, che non ce la faranno.
justFeatures: La scorsa estate ho preso parte a un programma in Israele e Ranaan Gissin (il portavoce di Ariel Sharon) ha parlato con noi. Gli ho chiesto poi cosa ne pensasse della minaccia nucleare dell'Iran. Io credo che fu l'attuale capo dei Mossad in Israele, a dire che un Iran nucleare costituirebbe la più grande minaccia mai affrontata da Israele. Oggi, Gissin asserisce che Israele dovrebbe reagire in modo diplomatico, dal momento che dovrebbe trattarsi di una questione che dovrebbe indurre la diplomazia internazionale a costringere gli iraniani a interrompere il loro programma nucleare. Che ne pensa a riguardo? È d'accordo?
Pipes: Beh, idealmente dovremmo essere diplomatici e se non dovesse bastare dovremmo passare alla forza militare. Non si dovrebbe permettere agli iraniani di sviluppare le armi nucleari, punto. E questa è in definitiva una responsabilità degli Stati Uniti.
justFeatures: Lei pensa che sia possibile una controrivoluzione (in Iran)?
Pipes: L'Iran è una circostanza fortunata in Medio Oriente. C'è questo abbandono dell'ideologia del fondamentalismo islamico, ma occorrerà del tempo, e probabilmente molto presto disporrà di armi nucleari piuttosto che dar vita a una controrivoluzione. Ma sì, certo, è assai probabile. E pertanto la nostra politica dovrebbe essere duplice: innanzitutto disporre di linee rosse molto precise, dal momento che se l'elite iraniana al potere procedesse oltre, noi dovremmo fare ciò che è necessario; e in secondo luogo starne d'altronde alla larga e lasciare che l'Iran decida, nel modo più consono ai suoi interessi, di procedere verso la moderazione.
justFeatures: La Fratellanza Musulmana è nata negli anni '20, ma fino agli anni '70 credo di non essermi reso conto dell'esistenza di questo Islam fondamentalista, terrorista, almeno dal mio punto di vista.
Pipes: Beh, non a livello internazionale. Operava attivamente in Egitto, ad esempio, alla fine degli anni '40, da quando è stato ucciso un Primo Ministro. Faceva attenzione a non farsi notare dal mondo esterno. Odiava gli inglesi e gli Stati Uniti, ma non faceva nulla per farsene accorgere. Ma fu nel 1979, quando giunse al potere per la prima volta, che iniziò ad avviare dei piani molto ambiziosi.
justFeatures: Perciò lei pensa che sia questo il motivo per il quale il fondamentalismo islamico abbia subito una crescita in tutto il mondo sin da allora, da quando giunse al potere?
Pipes: Beh, questo è uno dei motivi. Questo è più un sintomo che una causa. Le cause devono trovarsi in un profondo senso di frustrazione e di rabbia contro l'Occidente, in un senso di competizione con il mondo occidentale che ha avuto un più elevato grado di civiltà rispetto all'Islam, e che ha trovato nel fondamentalismo islamico il modo per ristabilire la propria forza. Non penso abbiano a che fare con la politica estera americana e nemmeno con l'Iraq o Israele o con qualcosa di specifico come questo. Ritengo che abbiano a che fare con qualcosa di molto più profondo, una questione di identità, di ciò che ognuno è, di ciò che significa essere musulmani, e che pur non essendo una maggioranza è una minoranza molto potente, piena di grandi idee e di forti ambizioni.