Esaminando oltre quarant'anni di attività diplomatica tra l'Egitto e Israele, Cohen argomenta che i principali problemi che questi due Paesi hanno dovuto affrontare non sono stati "gli interessi inconciliabili, le ambizioni megalomani e ancor meno gli ideali sublimi, ma un abisso culturale". Infatti, l'autore sostiene che alla radice di molte relazioni difficili ci sia l'incomprensione, e non la malizia. I sintomi ordinari sono "i messaggi ignorati, la frustrazione crescente e la collisione".
Egli traccia molti contrasti. Gli israeli ani usano un linguaggio diretto e gli egiziani preferiscono quello indiretto. Israele ha una società di immigrati, l'Egitto, al contrario ha una società rurale. Il primo ha una cultura "a basso contesto" e il secondo ad "alto contesto". Uno vira verso l'eufemismo, l'altro preferisce l'iperbole. Uno si preoccupa della sicurezza, l'altro della faccia. Protocolli e negoziazioni hanno un ruolo differente nei due Paesi, rendendo la diplomazia quasi impossibile. È per questo motivo che un mediatore esterno è presente a ogni singola trattativa condotta tra Israele e l'Egitto.
A mio avviso, il volume Cultura e conflitti è un'impresa, da eleggere libro dell'anno 1990 sul Medio Oriente. L'ampio studio di Cohen e la brillantezza analitica gli permettono di fornire delle soprendenti intuizioni e di costruire una tesi convincente sull'importanza della cultura nelle relazioni tra Stati.