Proprio quando l'attenzione americana e internazionale si concentra sui negoziati siro-israeliani fuori Washington, alcuni sviluppi potenzialmente minacciosi stanno avendo luogo sul confine settentrionale della Siria, dove il regime di Assad ha lanciato la sua sfida alla Turchia. Mentre le tensioni fra i due Paesi tornano indietro di mezzo secolo, covando per la maggior parte al di là dello sguardo del mondo esterno, i contrasti sono notevolmente aumentati nel giro di due mesi.
Tre problemi principali intorbidano le relazioni bilaterali: il territorio, l'acqua e il terrorismo.
Hatay. I problemi tra i due Stati sono cominciati nel 1921, quando il governo francese, che allora aveva il controllo della Siria, cedette alla Turchia (all'epoca ancora impero ottomano) un territorio pari alle dimensioni dell'Inghilterra, a sud della catena montuosa del Tauro e dell'Antitauro. Diciotto anni dopo, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, Parigi dette alla Turchia la regione di Alessandretta (in seguito rinominata Hatay) – il prezzo che ha dovuto pagare per ottenere un patto di non aggressione con Ankara. Il ricordo della zona ceduta nel 1921 è svanito nella coscienza siriana, ma quello del 1939 rimane vivido; anzi, questa zona è presentata come parte della Siria nelle carte geografiche ufficiali ed è menzionata di tanto in tanto insieme alle alture del Golan come territorio siriano da riconquistare.
Le acque del fiume Eufrate. Con il Progetto per lo Sviluppo dell'Anatolia sudorientale, il governo turco ha acquistato la capacità di controllare il flusso delle acque del fiume Eufrate che scorrono in Siria (e in Iraq). Quel fiume aveva portato in Siria in media 850 metri cubi di acqua al secondo; nel luglio 1987, Ankara s'impegnò a fornire almeno 500 metri cubi di acqua al secondo. Tutto sommato, quest'impegno è stato onorato (vale a dire, ciò compensa i casi in cui si è sceso sotto i 500 metri cubi al secondo). Eppure, il governo siriano addossa molti dei suoi problemi agricoli e di elettricità alle dighe turche. Queste dighe costituiscono altresì una nuova leva di potere per la Turchia, con importanti implicazioni politiche. In poche parole, Ankara può ora minacciare di trattenere le acque dalla Siria, una prospettiva che i politici turchi all'occasione hanno trovato di loro gusto.
Il terrorismo del Pkk. Il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), guidato da Abdullah Ocalan, ha preso parte attiva alla spirale di violenza e terrorismo che ha avvolto la Turchia alla fine degli anni Settanta; dagli inizi degli anni Ottanta, esso era diventato la minaccia più grande alla sicurezza interna turca. Oggi, dopo diecimila e oltre vittime, il Pkk controlla grosse parti della Turchia orientale, soprattutto di notte. Dal 1979, l'organizzazione ha fatto affidamento sull'aiuto siriano, al punto di diventare una consociata di fatto dello Stato siriano, ricevendo da Damasco, tra gli altri vantaggi, luoghi in cui vivere, denaro, armi, munizioni e passaporti falsi.
Fino al 1987, le autorità siriane hanno negato categoricamente la presenza di Ocalan nel loro Paese o il sostegno dato dallo Stato al Pkk. Solo quando i turchi raccontarono quel che sapevano (compreso l'indirizzo del domicilio di Ocalan a Damasco) i siriani ammisero la sua presenza. Poi cominciò la vera giostra diplomatica. Nel luglio 1987, i due governi siglarono un protocollo di sicurezza, durante la visita di Stato a Damasco dell'allora premier Turgut Ozal, in occasione della quale essi si promisero di "ostacolare i gruppi impegnati in attività distruttive dirette contro entrambi i Paesi nei loro stessi territori e di affrontarli". Le autorità siriane però non furono fedeli a questa promessa, né alle molte altre fatte nell'agosto 1988, nell'aprile 1992, nel novembre 1993 e nell'aprile 1994.
Ne è emerso uno schema persistente: dopo una serie di atti terroristici appoggiati dalla Siria, cui fanno seguito le smentite siriane della responsabilità di queste azioni, una delegazione turca si reca a Damasco per presentare alle autorità delle prove concrete. I siriani non accettano le prove ma al contempo garantiscono ai turchi che faranno in modo che il problema non si ripresenterà. Lo faranno per un po' e le acque si calmeranno. Poi, qualche mese dopo, gli attacchi terroristici appoggiati dalla Siria e diretti contro la Turchia riprendono.
Agli occhi dei siriani, il controllo turco delle acque dell'Eufrate e il sostegno dato dalla Siria al Pkk sono strettamente intrecciati, con il terrorismo utilizzato come un mezzo per esercitare pressioni sulla questione idrica. Agli occhi dei turchi, tuttavia, le due questioni non sono connesse, perché l'acqua è una questione diplomatica convenzionale per negoziare su molti altri problemi (ripiani costieri, diritti di pesca); il terrorismo è un comportamento del tutto inaccettabile. Secondo Ankara, ricompensare Assad per il sostegno dato al Pkk lo incoraggerebbe a utilizzare questo strumento per sollevare altre questioni.
Gli sviluppi recenti
Due recenti sviluppi hanno ulteriormente riscaldato questo confronto già caldo. In primo luogo, la costruzione imminente di una nuova diga turca, a Birecik, ha procacciato ai siriani l'appoggio dell'Egitto e del Consiglio di cooperazione degli Stati arabi del Golfo; in un successo diplomatico per Damasco, il comunicato di un incontro "6+2" il 28 dicembre 1995 esortava Ankara a raggiungere "un accordo equo e accettabile sulla condivisione delle acque dell'Eufrate". I due governi siriano e iracheno hanno coordinato le loro posizioni diplomatiche e intendono sollevare la questione delle acque dell'Eufrate a un incontro della Lega araba a metà marzo.
In secondo luogo, l'atmosfera favorevole dei colloqui di Wye con Israele sembra aver reso più ardito Hafez al-Assad. Ad esempio, il suo governo ha cominciato a lamentarsi che le acque dell'Eufrate che lambiscono la Siria sono così inquinate da sembrare "liquami"; e ha diffuso minacce alle imprese europee che aiutano a costruire le dighe turche. Più in generale, il Ministero degli Esteri turco ritiene, secondo un rapporto diffuso, che "la pace in Medio Oriente è sempre più legata all'assegnazione da parte della Turchia di una porzione maggiore di acque dell'Eufrate alla Siria". Gün Kut, uno specialista accademico turco, crede che Assad si aspetti di essere ricompensato per Wye dagli alleati della Turchia che esercitano delle pressioni su Ankara a fare delle concessioni. (In un discorso del gennaio 1995 al Washington Institute, l'inviato di Israele negli Stati Uniti, Itamar Rabinovich, ha promesso che gli interessi turchi sarebbero stati salvaguardati e "integrati" in qualsiasi accordo di pace regionale.)
Se è così, finora Assad deve essere deluso, perché i turchi hanno risposto a queste misure con straordinaria alacrità. Nel novembre 1995, essi hanno trasferito una divisione completa di truppe nella regione al confine con la Siria. La loro retorica si è riscaldata (i leader siriani, secondo il ministro degli Esteri, cercano di "lavare il sangue dalle loro mani con le acque dell'Eufrate"). Essi hanno insistito sull'estradizione da Damasco prima di discutere delle questioni idriche. E hanno avviato una propria campagna idrica relativa al fiume Oronte (che nasce in Libano, attraversa la Siria e sfocia [nel Mar Mediterraneo, vicino al porto di Samanda, N.d.T.] nella provincia di Hatay della Turchia. Ankara si lamenta di ricevere un "misero" 10 per cento delle acque del fiume. Damasco replica con un rifiuto anche a discutere tale questione adducendo come motivazione provocatoria che Hatay fa parte della Siria e il suo consumo idrico è un problema interno siriano.
Un conflitto?
Entrambe le parti concordano sul fatto che uno scontro siro-turco non è da escludere. Murhaf Jouejati, un americano di origine siriana, specialista di problemi siriani, ha ipotizzato che i due Stati "sono in rotta di collisione", se non si riescono a risolvere le loro differenze. I media turchi chiedono di tanto in tanto al governo di adottare "i metodi utilizzati da Israele" e di distruggere i campi del Pkk in Libano.
In effetti, il conflitto siriano con la Turchia può presentare un pericolo più imminente rispetto a uno con Israele. Si considerino queste differenze:
* Il conflitto con Israele è di vecchia data, è un conflitto che Damasco ha perso tempo fa e militarmente può avere poche aspettative di vincere in futuro. Al contrario, il conflitto con la Turchia è ancora in fieri.
* Il mondo segue da vicino il conflitto con Israele, così per Damasco fare la guerra contro Israele avrebbe ingenti costi internazionali. Ma il conflitto con la Turchia è oscuro, pertanto combattere, presumibilmente, non inciderebbe più di tanto sulla reputazione di Assad.
* Sono maggiori le probabilità che il governo americano aiuti Israele in caso di guerra con la Siria rispetto alle probabilità di aiutare la Turchia, anche se quest'ultima è un'alleata della Nato.
Prospettive
Le relazioni turco-siriane procedono lungo due binari, uno pubblicamente corretto e talora perfino amichevole, l'altro privatamente ostile e sospettoso. Le due cose rimangono per la maggior parte separate, con i ministri degli Esteri che gestiscono il portafoglio amichevole e i ministri degli Interni che si occupano di quello ostile.
Ci sono ragioni per aspettarsi che le relazioni turco-siriane non s'inaspriscano, che ci siano molte visite reciproche, parecchia comunicazione e un interesse comune a mantenere le apparenze. Una serie di piccoli accordi punta a costruire delle relazioni. La zona di frontiera è diventata più tranquilla. Le due parti vivono in pace dall'indipendenza della Siria ed entrambi i governi sanno che c'è più da perdere da un conflitto che da guadagnarci. I due Paesi cooperano attivamente riguardo all'Iraq, con i loro ministri degli Esteri che s'incontrano diverse volte l'anno per discutere la strategia. I legami comuni forgiati dalla storia e dalla religione dovrebbero temperare i problemi futuri.
La relativa quiete degli ultimi anni non denota un'assenza di problemi ma una determinazione turca a contenerli. La posizione di Ankara si è gradualmente irrigidita perché la leadership ritiene che Assad stia cercando di prendersi gioco di loro; pertanto, la Turchia non è più disposta ad accettare a tempo indeterminato questo trattamento. Proprio la settimana scorsa le autorità turche hanno sequestrato sei camion carichi di armi e di munizioni sulla strada che conduce alle basi del Pkk nella valle della Bekaa; "Non è una novità che la Siria usi le organizzazioni terroristiche per minacciare la sicurezza interna delle altre nazioni", ha detto il ministro degli Interni Teoman Unusan. Secondo un dispaccio dell'agenzia Reuter, il confine turco-siriano potrebbe inaspettatamente e rapidamente diventare un punto di crisi.