Anche se prodotto modestamente e messo insieme in modo frettoloso, il volume Le intenzioni e le capacità strategiche dell'Iran segna probabilmente un punto di svolta nella valutazione occidentale della Repubblica islamica dell'Iran. Gli autori ci dicono che non dovremmo più aspettarci che i mullah di Teheran organizzino e guidino il club mondiale anti-americano. Al contrario, possiamo aspettarci che essi s'indeboliscano e che in breve tempo cadano.
Laurent Lamote (lo pseudonimo di uno studioso francese) rende le dichiarazioni più spettacolari: "L'unica lotta che la quindicennale Repubblica islamica dell'Iran può ingaggiare è quella per la sua stessa sopravvivenza". Il regime non ha più nulla "da poter mostrare come esempio di successo o come fonte di speranza". Man mano che i problemi del regime si moltiplicano, i leader religiosi che non fanno parte del governo osservano che l'Islam, che un tempo fungeva da ideologia sovversiva di Khomeini, è diventato uno strumento della repressione di Stato. Essi temono che ciò porterà ad addossare all'Iran la responsabilità dei problemi del Paese, e temono altresì che la fede religiosa "sarà messa a repentaglio in Iran". Per evitare questo esito terribile, essi stanno abbandonando il governo, anche ribellandosi contro di esso, con delle implicazioni potenzialmente importanti per la stabilità del regime. Lamote rileva altresì un altro problema finora poco riconosciuto in Occidente: la grave disaffezione della popolazione sunnita iraniana, che consta di circa nove milioni di persone.
In un altro capitolo importante, il curatore sostiene in modo convincente che l'Occidente non può cambiare le basi della politica estera iraniana; e le analisi di Shahram Chubin, Michael Eisenstadt e Ahmed Hashim evidenziano i limiti della capacità militari dell'Iran.