Il breve ma memorabile interludio britannico nella storia della Palestina è in genere raccontato dal punto di vista della colonizzazione o dell'alta politica; la Shepherd presenta con abilità questa storia spesso raccontata degli "uomini che hanno in realtà governato la Palestina". Il risultato è gradevole e pieno di nuove prospettive per spiegare il trionfo sionista del 1948-1949. Al contempo, la qualità personale del suo obiettivo prioritario implica che l'autrice sia cauta riguardo ad argomenti controversi come la politica d'immigrazione e l'aiuto dato dai britannici agli arabi nel 1947-1948.
L'interesse britannico in Palestina è cominciato con una nota leggermente assurda, con la Dichiarazione di Balfour del 1917 che chiedeva "la creazione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico" – una richiesta che non era tanto dettata da una preoccupazione per un ritorno degli ebrei a Sion quanto invece era basata su una convinzione deplorevolmente sbagliata (a dire il vero, antisemita) che questa promessa avrebbe mobilitato "il potere ebraico internazionale" dalla parte britannica nella Prima guerra mondiale. La dichiarazione aveva altresì un difetto gravissimo, presumendo come ha fatto che questo focolare nazionale sarebbe stato creato senza offendere gli arabi di Palestina. Questa incapacità di soddisfare sia il desiderio sionista sia quello arabo ha influenzato l'intera esperienza britannica.
Nonostante gli sforzi fatti per dare la possibilità alle persone del luogo di partecipare alla gestione del potere, le decisioni dovettero essere prese dai funzionari (rendendo la Palestina più simile a una colonia della Corona che a un territorio di mandato). La cosa peggiore è che ciò condusse a un fallimento senza precedenti. Come ha osservato un funzionario: "In Palestina le nostre difficoltà sono molto più grandi che in altri Paesi sotto mandato". Questa tensione è culminata in una fine terribile; la Shepherd definisce il 15 maggio 1948 "probabilmente il ritiro britannico più vergognoso" da uno qualsiasi dei suoi possedimenti.
Ma non tutto era così negativo, come spiega in modo pittoresco e piacevole il volume Lavorare la sabbia. Alcuni soldati britannici della Prima guerra mondiale erano talmente affascinati dalla Palestina che tentarono si stabilirsi lì come coloni. Il processo di consegna di Gerusalemme andò così per le lunghe, in una fredda giornata di dicembre, che il sindaco morì di polmonite tre settimane più tardi. I funzionari britannici che si preoccuparono di imparare l'ebraico erano talmente pochi che quando fu sequestrato un mucchio di documenti spettò a loro tradurli. Questa incapacità linguistica non era casuale, perché i funzionari britannici amavano credere che parlare in inglese inculcasse la tolleranza. Il mandato sulla Palestina ha potuto disporre di personale di alto livello, perché offriva la possibilità di ricoprire un incarico di prestigio; nelle parole di un funzionario, "Non c'è nessuna promozione dopo Gerusalemme".