La famiglia reale saudita ha ideato una misura ovvia ma forse senza precedenti per mantenere il potere: considerare membri della famiglia reale non un manipolo di principi ma migliaia di essi. (Naturalmente questo aiuta quando il sovrano ha una quarantina di figli o anche più.) Inoltre, i membri della famiglia reale ricoprono la maggior parte delle più alte posizioni governative e nell'esercito. Così facendo si motiva la fedeltà alla famiglia in modo che le differenze interne possono essere accantonate, in vista dello scopo comune di governare il Paese. Si fa questo e si finisce per essere l'unica azienda a gestione familiare che fa parte dell'Onu.
In un sistema del genere, la successione al trono ha enorme importanza. Henderson, un reporter del Financial Times, rende giustizia al suo argomento con uno studio originale e approfondito della linea di successione saudita negli anni crepuscolari di re Fahd. Egli stabilisce innanzitutto alcuni principi del governo saudita. E non è una questione semplice: fratellastri, rami cadetti, solidarietà generazionale, tutto incide sulla successione. Pur essendo importante l'accettazione da parte delle autorità religiose (gli ulema), di fatto, spettano alla famiglia le decisioni finali sulla successione.
Henderson poi applica queste regole alla situazione attuale e traccia cinque scenari alternativi. Egli osserva che se re Fahd dovesse morire presto probabilmente gli succederà il principe ereditario Abdullah; ma se dovesse vivere più a lungo, è più difficile prevedere chi sarà il suo successore.