Ehud Olmert è sindaco di Gerusalemme dal 1993, anno in cui ha battuto il famoso Teddy Kollek. Nato nel 1945 a sud di Haifa, ha lavorato come avvocato e giornalista prima di sedere nel 1973 nel Parlamento israeliano per conto del Likud, come suo membro più giovane. Tra il 1982 e il 1992, è stato ministro della Salute. Daniel Pipes l'ha intervistato a New York City il 14 ottobre 1997.
EBREI, CRISTIANI, MUSULMANI
Middle East Quarterly: Secondo Lei, tutte e tre le principali religioni monoteistiche avanzano un'eguale pretesa su Gerusalemme?
Ehud Olmert: No, c'è una differenza fra esse. Non ci può essere nessun paragone riguardo al carattere centrale di Gerusalemme, tra il giudaismo da una parte e il cristianesimo e l'Islam dall'altra.
L'Islam non ha mai considerato Gerusalemme la città più importante; secondo le sue tradizioni, Gerusalemme è solamente la terza città più importante. Il centro dell'Islam è alla Mecca; quando i musulmani pregano, guardano verso la Mecca. Per inciso, quando essi si trovano nella Moschea di Al-Aqsa, voltano le spalle al Monte del Tempio. Inoltre, nella sua lunga storia, Gerusalemme non è mai stata, nemmeno per un istante, la capitale di nessuna entità politica musulmana né araba. Per un certo periodo, durante il regno dei musulmani su Gerusalemme, Ramla (una cittadina a 40 km da Gerusalemme) è stata capitale – proprio per evitare che Gerusalemme fosse la capitale, assicurando così che essa non potesse rivaleggiare con la Mecca.
MEQ: E il cristianesimo?
Olmert: Per i cristiani, il luogo più importante e sacro di Gerusalemme è la Chiesa del Santo Sepolcro, considerata il luogo di sepoltura di Gesù, e anche la Via Dolorosa, attraversata da Gesù. Gerusalemme è certamente un luogo importante per la cristianità.
MEQ: E il giudaismo?
Olmert: Per noi ebrei, Gerusalemme è tutto. È il fulcro della storia ebraica, il centro della vita ebraica, il centro della religione ebraica. Gerusalemme rappresenta l'espressione più pura di tutti gli ebrei che hanno pregato, sognato e sono morti nei duemila anni trascorsi dalla distruzione del Secondo Tempio. Nel corso di questi due millenni, ogni ebreo praticante pregava almeno tre volte al giorno e menzionava Gerusalemme in ogni preghiera, aspettandosi che Dio nella Sua grande compassione ci desse un giorno l'opportunità di tornare a Gerusalemme.
MEQ: Le rivendicazioni religiose dovrebbero tradursi in diritti politici e territoriali?
Olmert: Naturalmente. I diritti politici non emergono dal nulla. È semplice. Essi derivano da un contesto che ha delle dimensioni storiche, religiose e politiche. Che cosa c'è, dopotutto, alla base della pretesa dei palestinesi che Gerusalemme sia la loro capitale? Questa pretesa affonda le radici nel passato o è priva di fondamento? E allora, si guardino i dettagli: di fatto, il popolo palestinese che storia ha a Gerusalemme?
MEQ: Quali sono i diritti della popolazione musulmana che vive a Gerusalemme oggi?
Olmert: Circa il 28 per cento della popolazione che vive a Gerusalemme, oggi è palestinese ed io non ignoro questo fatto. Allo stesso tempo, Gerusalemme non è la prima città ad avere una minoranza nazionale. Nessuna città con una minoranza del genere è divisa, secondo dei criteri etnici, e questo non è mai accaduto. E Gerusalemme non sarà la prima città a essere così divisa.
MEQ: È giusto dire che la battaglia per Gerusalemme è stata ingaggiata per lo più da ebrei e musulmani che cercano di ottenere l'appoggio cristiano per rinsaldare le loro posizioni? In altre parole, i cristiani costituiscono il fattore decisivo?
Olmert: Si può dire ma non è propriamente esatto perché noi non lasceremo decidere le sorti di questa battaglia a nessuno. Se mai, questa contesa è stata già risolta tremila anni fa. Gerusalemme non è una realtà che abbiamo creato adesso. Gerusalemme è, è stata e sarà per sempre la nostra capitale. I cristiani o chiunque altro non decideranno al nostro posto in modo artificiale o tecnico l'esito di questa battaglia: saremo noi a determinarlo. Noi abbiamo la perseveranza, la resistenza, la forza di volontà e la forza che deriva dall'impegno.
Ora, è vero che la comunità cristiana è politicamente la più potente al mondo e come tale entrambi i contendenti vogliono averla dalla loro parte. E questo non è solo il caso di Gerusalemme, è così anche nel conflitto arabo-israeliano. Noi vogliamo che i Paesi abitati per la maggior parte dai cristiani, come gli europei e gli americani, ci appoggino. Nell'insieme, penso che lo faranno. Torno, però, a dire che questo non significa che saranno loro a decider chi prevarrà a Gerusalemme.
LA CITTÀ TERRESTRE
MEQ: La preoccupa che la Gerusalemme ebraica divenga una città ad alta concentrazione di haredim, un posto dove dominano gli ultraortodossi?
Olmert: No. Non sono preoccupato. Sì, è vero, gli haredim hanno un tasso di natalità molto impressionante, ma quello che la gente non capisce è che fuori Gerusalemme i flussi migratori più imponenti sono costituiti dagli haredim. La ragione è economica: i prezzi delle abitazioni a Gerusalemme sono molto alti e la comunità haredi è quella che ha meno mezzi finanziari. Pertanto, essa deve cercare alloggio fuori città. Questo è esattamente il motivo per il quale si sono sviluppate delle comunità come quelle di Betar, Kiryat Sefer e Matityahu, come pure i quartieri haredi nelle città di Beit Shemesh, Kiryat Gat e Ashdod, e questo processo di sviluppo si è accelerato nel corso degli ultimi tre anni.
MEQ: Alcune di queste comunità suburbane potrebbero essere alla fine annesse a Gerusalemme?
Olmert: Ne dubito fortemente.
MEQ: Che ne dice delle prospettive economiche di Gerusalemme, una delle città più povere di Israele?
Olmert: Cerchiamo di migliorarle con lo sforzo congiunto delle municipalità e del governo nazionale. Prendere l'impegno di rafforzare Gerusalemme non è solo una questione d'interesse locale né la speranza di un sindaco di Gerusalemme che vuole avere successo nel suo lavoro. È una priorità nazionale israeliana di prim'ordine. Fare in modo che Gerusalemme assuma importanza – che la gente voglia risiedervi, che le imprese si spostino lì – significa darle i giusti incentivi. Credo che siamo in grado di farlo e che alla fine lo faremo.
Solo il governo nazionale ha i mezzi, gli strumenti per realizzare questo cambiamento. Esso, ad esempio, può decidere che d'ora in poi ogni nuovo immigrato in Israele riceverà una sovvenzione extra se dovesse decidere di abitare a Gerusalemme piuttosto che in qualche altro luogo del Paese. Se ciò accadrà, vedrà quanti immigrati preferiranno risiedere a Gerusalemme. Allo stesso modo, se ogni nuova fabbrica ubicata a Gerusalemme ottenesse un sussidio extra, vedrà quanti altri stabilimenti saranno costruiti in quella città. È una questione di priorità nazionali.
MEQ: Gli immigrati arriveranno e le fabbriche sorgeranno, nonostante le questioni irrisolte di Gerusalemme, nonostante la lotta esistente per il futuro della città?
Olmert: Sì, perché, in fin dei conti, non c'è nessuna differenza politica importante tra Gerusalemme e Tel Aviv. Gerusalemme è teatro di attentati suicidi, ma anche Tel Aviv non è esente. Più in generale, chi è scontento della situazione a Gerusalemme – e può avere diritto di esserlo – penserà che i problemi non siano limitati a quella città.
Da una parte, i vantaggi di vivere a Gerusalemme – le meravigliose condizioni metereologiche, l'aria fantastica, l'ottima combinazione di vecchio e nuovo, il dinamismo della sua società e lo sviluppo della sua economia e dell'industria – sono dei grossi incentivi perché la gente decida di venire a vivere qui.
MEQ: Lei ha citato quanto asserito dal Comitato ministeriale sugli affari di Gerusalemme, il 2 giugno scorso, ossia che trent'anni dopo essere stata unita, Gerusalemme è divisa, come sempre, ma senza un muro. Lei l'ha definita "un Far West, un luogo dove tutti fanno ciò che vogliono".[1]
Olmert: No. Non penso che Gerusalemme sia divisa come sempre. Questa città ha molti problemi, difficoltà, complessità e spinosità. Dobbiamo lavorare per risolverli. È nostro dovere cercare di trovare dei compromessi ragionevoli. La sua struttura di base è l'unità della città come unica capitale dello Stato di Israele. Penso che ciò possa essere fatto.
MEQ: Lei ha ripetutamente detto che Gerusalemme non può essere l'unico luogo sulla terra dove agli ebrei è proibito di acquistare dei beni.
Olmert: O di costruire sulla loro proprietà.
MEQ: Esatto. Tenuto conto di questo, Lei ammette che i quartieri tradizionali della città (e di tutta la regione) abbiano una logica e una giustificazione che è importante mantenere? Vale a dire che gli ebrei che vivono fianco a fianco con gli arabi non può essere una buona idea?
Olmert: Un gran numero di discussioni sul fatto che ebrei e arabi non riescono a vivere insieme è esagerato. Ogni volta che un ebreo acquista una proprietà e vuole vivere vicino a un arabo, si dice che è una provocazione, che gli ebrei non dovrebbero vivere vicino agli arabi. Questa mancanza di uguale sensibilità verso i diritti degli ebrei mi rattrista veramente. È arrivato il momento di esaminare a fondo questo problema e capire che, se la città dovesse rimanere unita e il Paese dovesse continuare ad avere i suoi confini attuali, arabi ed ebrei vivranno fianco a fianco. Gli arabi sono una parte della città e hanno tutto il diritto di condividere tutto ciò che la città ha da offrire; ma politicamente, economicamente e a livello municipale la città è una, è unita e indivisibile.
Del resto, questo funziona anche in senso inverso: che cosa accadrà se gli arabi nello Stato di Israele decidessero di acquistare proprietà e di costruire abitazioni negli insediamenti ebraici e vivere a fianco degli ebrei? Che cosa possiamo fare?
MEQ: Ovviamente è legale.
Olmert: Non è solo legale; Lei crede che qualcuno oserebbe dire pubblicamente: "Gli arabi non possono vivere qui perché questo è un quartiere ebraico?" Non c'è un solo politico che oserebbe dirlo. Perché essi ritengono di poter asserire il contrario?
MEQ: Ammettendo che arabi ed ebrei abbiano diritto a vivere dove desiderano, Lei rispetta la consuetudine di quartieri distinti e separati? O preferirebbe vederli smantellati?
Olmert: Non posso dire che il mio sogno è trovare più arabi a Gerusalemme. Spero che non ci saranno più arabi che vivono a Gerusalemme, perché le differenze nazionali hanno un impatto sullo stile di vita, sull'atmosfera, sulle relazioni tra popolazioni differenti. Abbiamo già abbastanza problemi a Gerusalemme. Chi vive in questa città ha diritto a essere trattato su un piano di parità. Non abbiamo il potere né l'autorità di espellerli da Gerusalemme, ma non cerco delle soluzioni che condurranno in questa città sempre più arabi. No, non lo desidero.
MEQ: Supponiamo che ci sia un certo numero di arabi a Gerusalemme. Senza aggiungere o diminuire i loro numeri, essi dovrebbero vivere fianco a fianco con gli ebrei o devono essere separati da loro? Tradizionalmente, Gerusalemme è isolata a livello residenziale, si veda ad esempio il quartiere musulmano, quello cristiano ed ebraico. È qualcosa cui Lei vuole mettere fine?
Olmert: Non è la mia prima priorità, ma non la temo.
MEQ: Ma sembra che gli arabi non vogliano integrarsi. Preferiscono scuole separate, negozi separati, luoghi separati in cui vivere.
Olmert: Le ripeto, questa non è la mia prima priorità ma non ho paura che ciò possa accadere. Se accadrà, accadrà.
I PROGETTI ABITATIVI
MEQ: Qual è allora la sua prima priorità?
Olmert: Fare importanti investimenti in aree d'importanza strategica per il futuro di Gerusalemme. Ecco perché ho favorito la costruzione di un progetto abitativo a Har Homa.
MEQ: Perché questo progetto è così importante?
Olmert: Si tratta di un progetto strategico che permetterà di fornire 7.000 unità abitative in più a Gerusalemme, una sorta di piccola urbe, per aiutare a ridurre i problemi abitativi della città. Sono migliaia i giovani residenti oggi a Gerusalemme senza un alloggio appropriato da poter acquistare. C'è un interesse reale per la costruzione di Har Homa. Inoltre, il progetto riguarda un luogo molto strategico che inciderà sul futuro di Gerusalemme.
MEQ: Abbiamo letto che Lei si reca a Har Homa "almeno una volta la settimana" e che continua a ripetere che i lavori devono essere completati rapidamente. Lei è chiamato "il vero bulldozer di Har Homa"[2] (…)
Olmert: Non ho tempo da perdere per trovarmi nuovi nomignoli. Devo lavorare.
MEQ: Col senno del poi, la decisione di costruire è stata giusta?
Olmert: Assolutamente sì. Non c'era altra soluzione se non quella di edificare a Har Homa. Ed io ne sono felice. Ho promesso che continueremo a costruire a Har Homa: il progetto non sarà congelato.
MEQ: Secondo Lei, che impatto globale hanno avuto i progetti di Irving Moscowitz a Gerusalemme: sono stati utili?
Olmert: È troppo prematuro valutare il loro impatto globale. Essi hanno certamente causato un'opposizione selvaggia da molteplici direzioni, a livello locale e in tutto il mondo, voci piene di odio, rabbia e pregiudizi contro la città di Gerusalemme, contro di me e contro Irving Moscowitz in persona.
MEQ: Moscowitz ha contribuito finanziariamente alla sua campagna politica?
Olmert: Moscowitz non ha mai dato un centesimo per la mia campagna politica. Non ha bisogno di darmi dei soldi per acquistare il diritto di possedere proprietà immobiliari a Gerusalemme. Questa è un'idea ridicola. Inoltre, se mi avesse chiesto come utilizzare il suo denaro, gli avrei detto di non metterlo nella mia campagna politica ma di fare esattamente ciò che fa – acquistare terreni a Gerusalemme perché siano abitati da ebrei.
Mi sembra molto ipocrita dire che tutti gli ebrei dovrebbero criticare Moscowitz per quello che fa. Da parecchi anni non invitiamo gli ebrei della diaspora ad acquistare terreni nel nostro Paese e a costruire abitazioni a Gerusalemme? E allora perché adesso condanniamo qualcuno che in realtà fa esattamente ciò che noi abbiamo chiesto agli ebrei di fare da sempre?
MEQ: The Jerusalem Report asserisce che Lei è "uno dei consiglieri più stretti di Moscowitz in Israele".[3] È esatto?
Olmert: Non ho alcuna idea di che cosa parlino. Non sono mai stato un consigliere di Irving Moscowitz e non conosco nessuno che si consideri un consigliere di Moscowitz. Io non lo consiglio, ma faccio il mio dovere come sindaco di Gerusalemme.
Detto questo, ho molto rispetto per un uomo che non solo parla, ma dà e investe e che in altri modi dimostra che la sua bocca è là dov'è il suo portafoglio.
MEQ: Proprio ieri, il Consiglio delle comunità ebraiche della Giudea, della Samaria e di Gaza ha pubblicato un rapporto in cui si legge che i palestinesi hanno costruito 19.000 unità abitative nell'area di Gerusalemme da quattro anni a questa parte, da quando sono stati firmati gli accordi di Oslo.[4] La prego di fare un commento a riguardo.
Olmert: Non sono sicuro che sia questa la cifra, ma posso dirle che è assurdo sostenere, come fanno certe persone del tutto ignoranti e disinformate, che gli arabi non abbiano abbastanza posto a Gerusalemme perché da numerosi anni gli è stato impedito di costruire le proprie case. Questo è veramente ridicolo.
MEQ: Che ne pensa delle abitazioni abusive? Innanzitutto, si tratta di edifici costruiti senza permessi edilizi?
Olmert: Esatto.
MEQ: Le costruzioni abusive da parte degli arabi hanno delle implicazioni per il futuro della città?
Olmert: Ne avranno moltissime. Se le case non saranno demolite, la città finirà per essere divisa. La costruzione di migliaia di nuovi edifici, soprattutto nelle aree strategiche della città, potrebbe creare dei fatti irreversibili.
MEQ: Lei è a favore della demolizione delle abitazioni abusive?
Olmert: Lo sono ed è ciò che faccio. Continuerò a demolirle, anche se il governo nazionale disapprova questa misura, perché questa competenza spetta interamente a me.
MEQ: Perché aspettate che una casa sia costruita prima di demolirla? Perché non sospendete i lavori prima che un'abitazione sia costruita?
Olmert: Non posso sospendere subito i lavori, ma se si viola l'ordine di sospendere la costruzione, l'unico modo per punire il trasgressore è re-incriminarlo. Così dopo cinque anni questi è nuovamente incriminato.
MEQ: Nel frattempo, la casa è stata costruita?
Olmert: Esatto, perché secondo la legge israeliana, una volta che è stato emesso un ordine esecutivo per demolire una casa e che i proprietari si appellano, non si può distruggere l'abitazione fino a dopo l'appello. Nel frattempo, i proprietari continuano a costruire, violando un altro ordine di sospensione dei lavori di costruzione. Essi però sanno che non gli accadrà nulla intanto che continueranno a costruire.
MEQ: Un quotidiano egiziano cita una sua dichiarazione in cui Lei dice che la sospensione a lungo termine del processo di pace soddisfa gli interessi israeliani perché questo permette agli israeliani di "completare i loro progetti di costruzione degli insediamenti".[5] È così?
Olmert: Non ricordo di aver mai detto questo, ma noi non abbiamo bisogno di scuse per continuare a costruire là dove è essenziale per noi costruire. Forse ho detto che gli arabi possono pensare che sospendendo i negoziati di pace essi puniscono Israele, per poi però scoprire che, di fatto, puniscono se stessi. Io non ricordo di aver detto ciò da Lei citato, ma la stampa araba non ha bisogno di fatti su cui fondare le argomentazioni. Si possono molto facilmente creare dei fatti che vi si adattino.
IL PROCESSO DI PACE
MEQ: Farebbe l'apertura del tunnel asmoneo di un anno fa in modo differente se Lei dovesse rifarla?
Olmert: No, non cambierei nulla, tranne che la prossima volta il premier dovrebbe assicurarsi che l'esercito sia in stato di allerta per prevenire quelle reazioni che un anno fa hanno provocato l'esplodere della violenza. Se l'esercito fosse stato pronto e nei posti giusti, non ci sarebbe stata nessuna violenza contro persone innocenti, com'è invece accaduto.
MEQ: Lei aveva previsto quella violenza?
Olmert: No, non l'avevo prevista, ma non era mio compito, in veste di sindaco, contemplarla, poiché il sindaco non ha nessuna autorità sui servizi di sicurezza. Io non sono un indovino, sono solamente una figura politica.
MEQ: Sa'ib 'Urayqat, uno dei più stretti collaboratori di Arafat, ha detto riguardo all'episodio del tunnel: "Quando i governi israeliani si trovano a dover fronteggiare delle crisi interne, non importa se esse siano causate dalla corruzione o da un abuso di fiducia, essi tentano di distogliere l'attenzione. Questo è quanto è accaduto con Ehud Olmert quando è stato accusato di corruzione. Egli non ha avuto altra scelta, se non quella di ordinare l'apertura del tunnel di Gerusalemme per distogliere l'attenzione da ciò che stava accadendo nei tribunali".[6] Vuole commentare questa dichiarazione?
Olmert: Non vale la pena commentare queste parole. Sono stato incriminato per finanziamenti illeciti al partito e poche settimane fa sono stato inequivocabilmente prosciolto dall'accusa da un tribunale distrettuale di Tel Aviv, pertanto sono stato interamente discolpato da ogni sospetto di attività criminale. Del resto, non sono mai stato accusato d'impiego personale scorretto di fondi pubblici. Questo pretesto è tipico del modo di pensare arabo: è un caso evidente di proiezione mentale. Si tratta di attribuire a me proprio il modo in cui Arafat e i suoi collaboratori affrontano i problemi.
MEQ: Subito dopo l'elezione a sindaco, Lei ha mostrato l'intenzione di negoziare al più presto possibile lo status di Gerusalemme – saltando i negoziati sullo status finale. Lo rifarebbe?
Olmert: Sì, ma ora è troppo tardi. Proposi questo tre anni fa quando eravamo ancora allo stadio iniziale dell'attuazione di Oslo. Il mio ragionamento era semplice: se avessimo lasciato la questione di Gerusalemme per ultima, la comunità internazionale avrebbe esercitato delle pressioni su di noi affinché facessimo delle concessioni a Gerusalemme. Guarda caso, noi siamo già arrivati quasi all'ultima fase del processo negoziale, pertanto non ci sono molte cose che Israele possa fare ora. La città deve essere adesso negoziata in ogni caso.
LE SOLUZIONI
MEQ: Qual è la sua soluzione preferita a lungo temine della disputa su Gerusalemme?
Olmert: La soluzione che è stata elaborata tremila anni fa: Gerusalemme come città, una città unita, la capitale di Israele, punto e basta. Quale altro tipo di soluzione potrebbe esserci?
MEQ: Questa visione include una sorta di autonomia per gli arabi di Gerusalemme?
Olmert: Autonomia? No. Ma la libertà, sì.
MEQ: Nessuna dispensa speciale o diritti collettivi per gli arabi residenti?
Olmert: Niente al di là della libertà personale. Essi sono autorizzati a esercitare tutti i diritti di cittadini liberi in una società democratica. Essi godono di diritti individuali, proprio come ogni ebreo. Né gli ebrei né gli arabi di Gerusalemme hanno speciali diritti collettivi.
MEQ: Yossi Beilin e Abu Mazen hanno raggiunto un accordo che consta di tre componenti principali. I palestinesi costruirebbero un centro governativo nel quartiere di Abu Dis e lo chiamerebbero "Al-Quds", che in arabo sta per Gerusalemme. Gerusalemme ovest sarebbe israeliana. Per Gerusalemme est sarebbe ancora tutto da decidere ma nel frattempo rimarrebbe sotto il controllo israeliano. Il Monte del Tempio continuerebbe a essere sotto il controllo arabo. Che ne pensa di quest'accordo?
Olmert: Si tratta di un piano stupido, sconsiderato e irresponsabile. Esso prevede che alcune parti di Gerusalemme siano poste sotto la piena sovranità dei palestinesi, compreso qualche luogo sacro cristiano. Lei riesce a immaginare che gli ebrei diano ai musulmani – e quali musulmani? l'Olp? – dei diritti sulla Chiesa del Santo Sepolcro, il luogo più sacro per i cristiani a Gerusalemme? Che stupidità!
MEQ: E l'idea che Abu Dis divenga la capitale palestinese… è un'idea valida?
Olmert: È ridicola. Quelle persone che parlano di questo piano pensano che gli arabi accetteranno una soluzione che li mantenga fuori dalla vera Gerusalemme. Se fossero disposti a questo, sarebbe una questione differente, ma nutro moltissimi dubbi a riguardo.
MEQ: Lei dice che Abu Dis assomiglia alla vecchia campagna "La Giordania è la Palestina" che offre ai palestinesi qualcosa che essi non desiderano in modo particolare, nella speranza di allontanarli da Israele?
Olmert: Sì. Essi potrebbero accettare ciò che è offerto loro, ma questo non li soddisfarebbe a lungo.
LA POLITICA DEGLI STATI UNITI
MEQ: È giusto definire la politica ufficiale americana verso Gerusalemme come congelata nel tempo? Detto in altre parole, questa politica esige ancora l'internazionalizzazione della città, rifiuta di riconoscere il controllo israeliano sulla parte orientale e mantiene l'ambasciata a Tel Aviv.
Olmert: Purtroppo, la politica ufficiale americana non ha migliorato l'evoluzione reale né le prospettive della maggior parte degli americani.
MEQ: Perché no?
Olmert: Questo è qualcosa che gli americani possono forse spiegare meglio di me. Io posso limitarmi a notare che se il Congresso riflette fedelmente i comportamenti popolari americani – cosa che presumibilmente fa, perché la Camera è eletta ogni due anni – nessuno può ignorare il fatto che la schiacciante maggioranza dei deputati (e dei senatori) ha votato a favore del riconoscimento di Gerusalemme come capitale unita e indivisibile dello Stato di Israele. Inoltre, essi chiedono altresì che l'ambasciata americana sia trasferita a Gerusalemme.
MEQ: L'amministrazione Clinton sta agendo in accordo con quella legge che riconosce Gerusalemme come capitale di Israele?
Olmert: Secondo la legge, l'amministrazione ha ancora un po' di tempo, fino al 1999, per trasferire l'ambasciata. Non mi sembra che si stiano facendo molti sforzi. Spero che la pressione continuerà a crescere, così che nel 1999 l'ambasciata sarà davvero a Gerusalemme.
MEQ: Un recente sondaggio del Middle East Quarterly ha chiesto a un migliaio di elettori americani registrati se preferissero che Gerusalemme restasse unita nelle mani israeliane o divisa sotto il controllo palestinese. Con una proporzione di quasi 3 a 1, essi si sono detti favorevoli a un esclusivo controllo israeliano. In un altro sondaggio, è stata posta la stessa domanda a seicento elettori ebrei registrati e questi hanno dato la stessa identica risposta, ma con una proporzione di quasi 4 a 1. Lei si aspetta che queste opinioni incideranno mai sulla politica americana verso Gerusalemme?
Olmert: Spero che non sarà così. Si ritiene che l'America sia molto sensibile all'opinione pubblica, e questo è un ottimo esempio di come ciò dovrebbe essere. Spero che da qui al 1999, la capitale sarà a Gerusalemme.
LA STAMPA
MEQ: La stampa La tratta in modo equo?
Olmert: Per niente. Prendiamo il tentativo di Moscowitz di costruire su alcuni terreni di sua proprietà a Gerusalemme. Molti giornalisti hanno preso parte a questa campagna brutale e diffamatoria contro di me e Moscowitz. È la prova che se ci si trova dal lato destro dello spettro politico si è esposti ai pregiudizi, a ingiustizie e a comportamenti immorali che purtroppo caratterizzano a volte la stampa.
MEQ: Dei giornalisti in particolare hanno un problema con Lei?
Olmert: Beh, sì. È veramente una vergogna quando un eminente giornalista come Thomas Friedman del New York Times, che negli ultimi sette anni non mi ha detto una sola parola, pretende di descrivere le mie motivazioni, i miei piani politici, il mio gioco di guerra, i miei comportamenti e le mie priorità. Egli costruisce un'intera tesi sulla base di questi fatti inesistenti – tutto questo senza parlare con me. È davvero triste vedere che Tom Friedman serve delle forze immorali… è veramente disgustoso. Dovrebbe vergognarsi del modo in cui cerca di distruggere un politico con cui è in disaccordo.
MEQ: Lei ha molti nemici a sinistra, in Israele. Per citarne uno, perché Hirsh Goodman la definisce il politico "potenzialmente più pericoloso" che Israele abbia mai visto?[7]
Olmert: Forse egli riconosce le mie competenze e da quando mi vede dal lato sbagliato dello spettro politico, mi trova pericoloso.
Non sono fiero dell'ignoranza, della mancanza d'integrità e della sporcizia di cui si copre Hirsh Goodman. Ma ciò ha a che fare con l'etica del suo giornale e del suo giornalismo. Egli scrive che le nuvole offuscano la mia carriera politica riferendosi alle accuse fatte contro di me in tribunale – senza mai menzionare che io sono stato assolto con formula piena dal tribunale. Mi ha diffamato dicendo che c'erano tutti i tipi di dubbi riguardanti i miei beni personali, senza portare un solo fatto reale che corroborasse queste accuse anonime fatte contro di me. Questo è il peggiore tipo di giornalismo tipico di un uomo che non è onesto, che non ha nessun prestigio nella sua professione. Dovrebbe vergognarsi della tattica che lui usa per distruggere un avversario politico.
PERSONALE
MEQ: Ahmad at-Tibi, consigliere di Arafat su Israele, ha dichiarato: "Non so che cosa motivi Ehud Olmert. Questo è un argomento che merita delle ricerche approfondite".[8] Vuole replicare?
Olmert: Perché Tibi non dedica il suo tempo a fare qualche ricerca su quest'argomento, invece di sprecare le sue energie a fare l'agente straniero,[9] consigliando Arafat. La mia motivazione è semplice: tutelare l'unità di Gerusalemme. Questa è la mia motivazione, la mia aspirazione, il mio sogno.
MEQ: Dan Meridor, ex-ministro delle Finanze, parlando del suo progetto e del vostro piano di assumere la direzione del Likud ha detto: "Ehud vuole che io sia il suo numero due e anch'io voglio che lui sia al mio fianco".[10] La pregherei di commentare.
Olmert: Abbiamo entrambi delle aspettative legittime. Dan è un mio grande amico, e lo vorrei sempre al mio fianco per ogni impresa politica. Sono molto felice che mi voglia con lui, il che dimostra che abbiamo un'opinione simile l'uno dell'altro. Noi siamo grandi amici e sono molto fiero che si consideri mio amico. Mi sono arrabbiato quando si è dimesso – un errore tragico, uno dei numerosi errori stupidi che il premier ha commesso per nessuna buona ragione.
MEQ: E che ne dice del fatto che entrambi avete intenzione di candidarvi alla leadership del Likud?
Olmert: Non so. Non sono al corrente del fatto che Meridor abbia già annunciato di essersi candidato, e io stesso non ho detto di essermi candidato. Dico solo che qualunque cosa io faccia, vorrei avere Dan Meridor con me.
MEQ: Le piace il suo lavoro?
Olmert: Ritengo forse di essere l'ebreo più privilegiato dell'universo perché, per una coincidenza storica, mi è stato conferito il potere di dirigere la città in quest'epoca nella sua storia. Che cosa può essere più emozionante, più interessante, più importante e più responsabile del fatto di essere il leader della città per la quale ogni ebreo prega da duemila anni?
MEQ: Com'è, essere sindaco di Gerusalemme?
Olmert: Mi lasci raccontare un episodio che le darà un'idea. Qualche giorno fa mi sono imbarcato su un volo dell'Air France con destinazione New York, ma ho dovuto cambiare aereo a Parigi. All'arrivo, un'impiegata della compagnia aerea si è avvicinata a mia moglie e a me mentre stavamo sbarcando dal volo e ci ha chiesto: "È Lei il signor Olmert?" "Sì", ho replicato io. "Beh, ho una brutta notizia per Lei". Ho avuto un tonfo al cuore. Negli ultimi due mesi ci sono stati due grossi attentati suicidi e ho immediatamente temuto che ce ne fosse stato un altro. O che ci fosse stato qualche altro disastro nella città. "Che cosa è successo?" ho chiesto con ansietà. "I suoi bagagli non sono stati imbarcati a Parigi e non saranno qui fino a domani". Ho cominciato a ridere sollevato. La donna mi ha guardato come se fossi pazzo, ma ecco che cosa significa essere sindaco di Gerusalemme. Non è un lavoro rilassante.
[1]Yedi'ot Ahronot , June 6, 1997.
[2] Israel Television Channel 2, Aug. 20, 1997.
[3] The Jerusalem Report, Oct. 16, 1997.
[4] The Jerusalem Post, Oct. 13, 1997.
[5] Al-Jumhuriya, July 7, 1997.
[6] Radio Monte Carlo, Apr. 19, 1997.
[7] The Jerusalem Report, Oct. 16, 1997.
[8] IDF Radio, July 25, 1997.
[9] Tibi è un cittadino israeliano.
[10] Yedi'ot Ahronot, Oct. 1, 1997.