Axelgard risponde alla domanda che dà il titolo al suo volume in modo affermativo ma evasivamente: nulla di più preciso può essere profferto in mezzo ai numerosi cambiamenti dell'Iraq. La guerra Iran-Iraq "ha cambiato la politica interna irachena come pure le relazioni del Paese con il mondo esterno". Questa osservazione scaturisce da un breve ma accurato esame delle opere sull'Iraq in lingua inglese. Se l'autore fornisce poche informazioni nuove, compie, però, l'utile e intelligente lavoro di raccogliere quanto si sa sull'argomento in un'unica narrazione leggibile.
L'autore è colpito da un problema molto importante nella nascita di "un nuovo Iraq": la capacità della guerra di trasformare il Paese da un miscuglio di tribù e gruppi etnici in una nazione. Egli osserva, in particolare, i segni dell'assimilazione sciita, del nuovo orientamento delle priorità dell'esercito, le cui preoccupazioni non sono più di ordine interno al Paese ma esterne, e di una maggiore flessibilità della politica estera di Baghdad.
Axelgard arguisce che "questi cambiamenti giustificano un serio ripensamento della politica americana verso l'Iraq", e ha ragione. È arrivato il momento per il governo statunitense di accantonare le congetture trentennali, di sfruttare al meglio i cambiamenti in Iraq e di fare la sua parte per assicurare che questi cambiamenti siano duraturi.