A prima vista, un resoconto dettagliato sul Mossad, sullo Shin Bet e sull'Aman non potrebbe affatto candidarsi alla lista dei best-seller americani. Ma poi, il fatto di citare alcuni dei nomi riporta alla mente le straordinarie imprese delle spie israeliane: la missione di Eli Cohen a Damasco, le motovedette della flottiglia di unità lanciamissili fatte uscire di nascosto da Cherbourg, il salvataggio di Entebbe, l'attentato dinamitardo contro il reattore nucleare iracheno, lo sventato attentato aereo di Nizar Hindawi e l'assassinio di Abu Jihad. Naturalmente, anche gli israeliani hanno avuto la loro dose d'imbarazzo e fallimenti, e più in particolare per il caso Lavon in Egitto, per l'affare Vanunu e per la questione Iran/Contras.
Ogni spia un principe ha molti meriti. Raviv e Melman resistono alla tentazione di farsi trasportare dal loro argomento; per quanto sensazionali siano le imprese, la loro prosa resta sobria e il loro ritmo regolare. Gli autori non si limitano a documentare le azioni, ma le inseriscono in un contesto istituzionale e politico.
E soprattutto, essi compiono dei seri sforzi per giungere a una valutazione equilibrata delle spie israeliane. Esaminando una lunga lista di successi e fallimenti, il loro verdetto è in definitiva favorevole: gli operativi israeliani, scrivono i due autori, si sforzano di comportarsi "in conformità con le condizioni e gli obiettivi enunciati quando Israele è nato". È difficile mettere in discussione questa conclusione.