Questo testo è stato ultimato nel maggio 1996 ed è stato pubblicato tre anni dopo in La Siria moderna: dall'Impero ottomano al ruolo cardine in Medio Oriente, a cura di Moshe Ma'oz, Joseph Ginat e Om Winckle, Brighton, Eng.: Sussex Academic, 1999, pp. 272-292.
Chi non dissimula è un idiota perché nessuna persona intelligente va in giro nuda al mercato.
Adagio alawita[Jimmy Carter si è accorto che] la parola dei siriani è in realtà mille e una parola e se un giorno si troveranno d'accordo su qualcosa, l'indomani avranno un ripensamento, per poi ricredersi il giorno dopo.
Anwar al-Sadat[I siriani] non rispettano la loro parola. Essi tramano, promettono una cosa e ne fanno un'altra. In passato hanno promesso ma non hanno mai rispettato alcun accordo.
Michel Aoun
Che cosa sta accadendo con la Siria? Hafez al-Assad sta per fare pace con Israele o no? Ha messo fine al suo regime totalitario o no? Quali sono i suoi obiettivi?
Le polemiche che circondano tali questioni fanno pensare a quello che forse è il tratto più caratteristico del regime di Assad: una riluttanza a prendere posizione. Piuttosto, egli preferisce giocare con più linee politiche allo stesso tempo – quello che io definirei l'arte del doppio gioco. Ciò comporta prendere due misure contrarie o perseguire due politiche contrarie, in genere, al contempo, talvolta in sequenza.
Nell'arena domestica, il doppio gioco spiega la restrizione del regime siriano a un piccolo numero di ufficiali militari per lo più alawiti ma facendo degli sforzi elaborati al fine di convincere la popolazione del contrario; e il suo tentativo di mantenere il capitalismo di Stato e di incoraggiare l'imprenditorialità. In queste pagine, tuttavia, ci occuperemo degli affari esteri, dove il doppio gioco contribuisce a spiegare l'indecifrabilità e i successi della politica siriana. Cominciamo a esaminare le relazioni siriane con più attori mediorientali, poi ci concentreremo sulle relazioni con Israele.
1. Amicizia e inimicizia
In molte delle sue relazioni diplomatiche mediorientali, Assad mantiene simultaneamente buoni e cattivi rapporti con gli altri governi. Nel caso dell'Iraq, egli collabora sia con i gruppi di opposizione iracheni che intendono deporre Saddam Hussein (i gruppi curdi e sciiti in particolare) sia con il Fronte di liberazione araba, un gruppo palestinese finanziato da Baghdad. Nel caso dell'Iran, Assad coopera con i mullah quando ciò gli conviene (appoggiando Hezbollah in Libano, i gruppi negazionisti palestinesi, l'integrità territoriale irachena) e rema contro di loro quando non gli conviene (appoggiando i leader egiziani e sauditi). Nel caso della Giordania, i due governi vanno apparentemente d'accordo, ma se Re Hussein prende delle misure ostili ad Assad, quest'ultimo gli rende la vita insopportabile (ad esempio, egli ha scatenato delle campagne di attentati terroristici nel 1985).
Con Yasser Arafat, un politico che è quasi un esperto di doppio gioco proprio come Assad, le cose diventano particolarmente complesse. Arafat e Assad non sono dei veri nemici, perché non sono attaccati a delle filosofie politiche opposte né sono legati a degli interessi costantemente opposti. Piuttosto, entrambi hanno analoghe origini politiche e condividono una gran quantità d'idee, qualità personali, nemici e aspirazioni. Come strateghi, un momento sono in conflitto e un attimo dopo collaborano. Certo, si detestano cordialmente e la loro rivalità ha una tendenza omicida: ma che cosa ci si può aspettare da due uomini del loro temperamento? Se Assad ha ucciso diecimila siriani, perché non ha eliminato anche i membri dell'Olp? Essi assomigliano a due capimafia che fanno fuori gli uomini dell'altra cosca ma che bevono insieme alle feste e cooperano contro gli estranei. Quando due maestri del doppio gioco giocano insieme, i risultati sono quadruplicati.
Per quanto concerne il Libano, il generale Michel Aoun definisce il ruolo della Siria come quello di "un pompiere piromane":[1] I siriani causano un problema – contrabbando, traffico di droga, scaramucce intersettarie, attacchi a Israele – poi trovano rapidamente una soluzione che soddisfi i loro interessi.
Forse l'esempio più evidente di questo modello riguarda le azioni di Hezbollah. Per cominciare, i dirigenti siriani creano l'illusione di non controllare questo gruppo fondamentalista musulmano libanese che solo in apparenza è indipendente, la cui esistenza, in realtà, dipende da proprio da loro. Non solo i siriani forniscono a Hezbollah fondi, equipaggiamenti, logistica e informazioni ma Damasco deve approvare tutti gli aiuti iraniani. L'illusione funziona, perché i governi di tutto il mondo trattano Hezbollah come se fosse un'organizzazione autonoma.
Assad ha utilizzato Hezbollah per fare una serie di doppi giochi con Israele:
1. Quando Hezbollah sferra degli attacchi missilistici contro Israele, Assad comincia in genere con l'appoggiare pubblicamente gli attacchi (rafforzando le sue credenziali fra la popolazione siriana e consolidando la sua alleanza con Teheran), poi ordina tranquillamente a Hezbollah di fermarli (cosa che gli fa acquistare credito con il governo Usa e con quello israeliano). Gli israeliani si rendono conto che i siriani "controllano ogni cosa faccia Hezbollah",[2] ma possono fare ben poco per interrompere la farsa.
2. Assad utilizzò Hezbollah come suo complice nel dicembre 1993, annunciando che una delegazione di cinque uomini del Congresso americano sarebbe stata autorizzata a recarsi in Siria e in Libano alla ricerca di sette soldati israeliani scomparsi in azione. Fu molto cortese, ma nel giro di due giorni Hezbollah denunciò quest'operazione e disse che non avrebbe cooperato. Ed essendo Hezbollah in possesso dei resti di almeno due israeliani, questa dichiarazione rese di fatto vana l'offerta di Assad.
3. Assad di tanto in tanto usa la mano pesante contro Hezbollah, facendo irruzione nei suoi depositi di armi, esplosivi e di stupefacenti. Nell'aprile 1994, arrestò molti leader di Hezbollah, facendo delle sedicenti rappresaglie per la manifestazione antisiriana organizzata dall'organizzazione nel Sud del Libano. Uri Lubrani, il coordinatore delle attività del governo israeliano, ha accuratamente descritto questa incursione una "mera apparenza", destinata a mostrare l'azione siriana senza in realtà fare nulla.[3]
4. Negli anni Ottanta, Assad si lanciò in un complesso stratagemma volto a ottenere la libertà per gli ostaggi della cui cattura all'inizio era stato complice. Hezbollah non poteva sequestrare degli occidentali nelle zone del Libano occupate dalle truppe siriane o sotto la loro influenza e poi tenerli in ostaggio per mesi o addirittura anni senza l'approvazione siriana. Le prove indiziarie evidenziano che gli ostaggi erano poi rilasciati su ordine delle autorità siriane. Non c'è da meravigliarsi che i diplomatici grati non facessero notare la complicità della Siria mentre erano in compagnia dell'ostaggio liberato al Ministero degli Esteri a Damasco; anzi, al contrario, a prescindere da ciò che essi pensavano realmente, si profondevano in elogi al presidente Assad. Questo schema è stato reiterato più volte per otto anni dal 1983 al 1991 e ha fatto guadagnare ad Assad una considerevole benevolenza a livello internazionale. Per ogni quotidiano che ha denunciato il dramma come "una forma viscida di politica internazionale",[4] dieci ministri degli Esteri esprimono "gratitudine e apprezzamento".[5]
2. Mantenere le promesse e venire meno alle promesse
"Noi intendiamo sempre dire ciò che diciamo e manteniamo le nostre promesse".[6] Questo è ciò che asserisce Assad, ma non dobbiamo prenderlo in parola; l'uomo forte siriano ha un'ottima reputazione di affidabilità riguardo al fatto che mantiene le sue promesse, tanto che persino i suoi avversari siriani riconoscono la sua probità. Ehud Barak ritiene che Assad sia sempre all'altezza della sua parola.[7] Uri Saguy, un personaggio di spicco dell'intelligence militare israeliana, ha affermato che "se e quando lui firma un accordo, [Assad] manterrà la sua parola".[8] Yitzhak Rabin ha categoricamente dichiarato che "i siriani mantengono i loro impegni".[9] Shimon Peres conviene che "con i siriani è difficile raggiungere un accordo, ma l'intesa sarà osservata".[10] Abba Eban è giunto alla stessa conclusione e anche la stampa è d'accordo: il giornalista israeliano Yoel Marcus scrive che "un accordo con Assad è conservato nel cemento e nell'acciaio", mentre il New York Times opina che il suo regime "ha sempre rispettato gli accordi firmati".[11]
Concentrando, però, l'attenzione solo sull'accordo del 1974 s'ignorano i numerosi accordi che Assad ha violato con diversi governi tra cui quelli di Israele, del Libano e della Turchia. E un attento esame all'accordo del 1974 evidenzia anche in tal caso qualche violazione. Prendiamo in esame i dettagli di questo e di altri sei casi.
a. Accordi per abbandonare il Libano. In tre occasioni, le autorità siriane sono state d'accordo con le decisioni prese da altri organismi, in base alle quali le truppe siriane avrebbero dovuto lasciare il Libano, ma fino ad oggi decine di migliaia di soldati sono ancora lì. Dapprincipio, Damasco accettò il ritiro nell'ottobre 1976, come previsto dagli accordi tra Riad e il Cairo. [12] Nel settembre 1982, la Siria firmò la Dichiarazione di Fez con cui s'impegnava a "avviare dei negoziati" con il governo libanese riguardo alle forze arabe di dissuasione in Libano [ossia le truppe siriane]".[13]
Nell'ottobre 1989, per ottenere l'appoggio cristiano per una revisione della struttura governativa libanese (l'Accordo di Ta'if), Assad accettò una clausola che prevedeva che le truppe siriane sarebbero state dislocate dalle loro posizioni a Beirut alla valle della Bekaa entro il settembre 1992 dopo aver soddisfatto quattro condizioni.[14] Queste condizioni furono, in effetti, soddisfatte nel settembre 1990; ma la data del settembre 1992 arrivò e se ne andò come se nulla fosse, poiché le truppe rimasero a Beirut. (In effetti, se si arriva in aereo a Beirut, si possono vedere truppe siriane proprio in aeroporto.) Theodor Hanf, un'autorità tedesca in Libano definisce questo "una violazione evidente" dell'Accordo di Ta'if.[15]
I siriani sono venuti meno alle promesse fatte ai libanesi. Ad esempio, un rapporto del 1989 della Lega araba, presentato dalla "troika" per affrontare la crisi libanese asseriva che "Nonostante le promesse di utilizzare la loro influenza per aprire le vie di circolazione e le comunicazioni, i siriani non hanno fatto nulla a questo riguardo; invece, è stato mantenuto il blocco marittimo e sono aumentate le azioni violente".[16] Più in genere, come osserva a giusto titolo Netanyahu, "in Libano, i siriani hanno a poco a poco violato ogni accordo siglato".[17]
b. Il Pkk e le attività anti-turche. Nel 1987 e nel 1992, Damasco firmò i protocolli di sicurezza con la Turchia promettendo di chiudere le installazioni utilizzate dal Pkk, il gruppo dei curdi contrari alla Turchia. Inoltre, i siriani di tanto in tanto assicuravano ai turchi che il Pkk non gli avrebbe causato molti problemi. Ma anno dopo anno ci sono stati dei cambiamenti. Una base veniva palesemente chiusa per riaprire tranquillamente in un altro posto. Secondo un rapporto di seconda mano, il personale del premier turco conta diciotto accordi che Assad ha firmato con Ankara e in seguito ha violato. Un comunicato stampa turco diffuso alla fine del 1993 recita: "La Siria fa di tutto per compensare le perdite del Pkk in termini di uomini, armi e denaro".[18]
c. L'accordo della "linea rossa". Nell'aprile 1976, gli israeliani permisero alle forze siriane di entrare in Libano a patto che non oltrepassassero delle "linee rosse", negoziate da Re Hussein e dai responsabili americani. Queste intese tacite dovevano limitare l'uso della forza siriana in Libano. Anche se ciò non fu reso pubblico, Assad avrebbe accettato (fra le altre cose) di non dispiegare in Libano aeroplani, missili terra-aria o più di una sola brigata di soldati o di non posizionare dei soldati nel Sud del Libano.
Damasco finì per non rispettare tutti e quattro queste clausole. Nel 1981, trasportò le truppe con elicotteri e lanciò missili terra-aria nella regione di Zahle in Libano, un atto di cui gli israeliani erano pienamente consapevoli. Itamar Rabinovich (ora ambasciatore Usa) parlò rispettivamente di "un'infrazione" e di "una chiara violazione" dell'accordo del 1976. Né si trattava di questioni puramente tecniche: egli disse che i missili siriani equivalevano a "una grave minaccia" contro gli interessi israeliani.[19]
Assad ignorò il divieto sugli aerei una seconda volta nell'ottobre 1990, stavolta con risultati decisivi. La sua forza aerea sfiorò il palazzo presidenziale a B'abda, aspettando di vedere se gli israeliani rispondessero. Quando essi non lo fecero, i siriani capirono che la linea rossa nell'aria "sembrava essere scomparsa",[20] pertanto, più tardi nello stesso giorno e per i successivi due giorni tornarono a bombardare il palazzo e ad aiutare attivamente le forze siriane a conquistare Beirut. Fida Nasrallah del Centro per gli studi libanesi di Oxford definisce quest'azione "una chiara violazione" dell'accordo della linea rossa.[21]
Assad violò l'accordo della linea rossa ancor più gravemente inviando molto più di una brigata in Libano; nel corso degli anni, circa una decina di brigate sono regolarmente stazionate lì. In breve, Assad ha cercato non solo di far pendere l'ago della bilancia del potere in Libano, ma di avere un controllo assoluto dell'intero Paese. Yair Evron della Tel Aviv University scrive che Damasco ha così "violato" gli accordi del 1976.[22]
Peggio ancora, Assad a volte ha negato la stessa esistenza dell'accordo della linea rossa e così anche i suoi obblighi futuri di rispettarne le clausole. Egli, una volta, disse a un gruppo libanese: "Non preoccupatevi della 'linea rossa', di cui parlano gli americani e gli israeliani. Essa non esiste, [e] in ogni caso io non riesco a vederla". [23]
d. Responsabilità delle operazioni. Dopo un attacco missilistico contro Israele, nel luglio 1993, seguito da una massiccia risposta militare israeliana, Assad raggiunse un accordo con il segretario di Stato Christopher secondo il qualche egli in futuro avrebbe dovuto impedire a tutte le forze presenti nel Sud del Libano di lanciare attacchi missilistici contro Israele. Quest'accordo tra la Siria e gli Stati Uniti sulle regole di comportamento nel Sud del Libano fu poi sistematicamente violato: nel 1994, i razzi caddero quattro volte e cinque volte solo nei primi sei mesi del 1995. Per peggiorare le cose, fonti damascene nel giugno 1994 negarono l'esistenza di un accordo con Israele ("La Siria non è d'accordo con gli israeliani a far cessare i lanci di razzi Katyusha nel Nord di Israele"), [24] anche se in altre occasioni (ossia nel marzo 1995) Damasco ammise le violazioni.[25]
I leader israeliani hanno duramente condannato le azioni di Assad. Il primo ministro Rabin accusò i siriani nel marzo 1995 di una "violazione integrale" dell'accordo.[26] Pochi mesi dopo, proprio mentre si lamentava con il governo Usa delle violazioni, egli scusò pubblicamente le infrazioni dei siriani dicendo: "Essi non hanno sempre rispettato l'impegno, e anche noi non l'abbiamo sempre rispettato".[27] Amiram Levin, a capo del Comando nord delle forze armate israeliane, lo asserì in modo più duro: i lanci di razzi Katyusha sulla Galilea occidentale del giugno 1995 "hanno gravemente violato" l'accordo del luglio 1993.[28] L'accordo dell'agosto 1993 naufragò nell'aprile 1996, e il premier Shimon Peres lanciò l'operazione Acini di rabbia per punire i libanesi e i siriani per gli attacchi. Strano a dirsi, ma anche dopo che Assad aveva totalmente violato l'accordo del 1993, Peres parlava ancora di lui come di qualcuno che mantiene la sua parola: "È molto difficile raggiungere un accordo con Assad. Ma una volta che lui ha accettato (…) lo rispetta".[29]
e. Gli ebrei della Siria. Assad aveva da lungo tempo rifiutato di lasciare emigrare più di 4.000 ebrei siriani (in genere, egli argomentava che essi non dovevano andarsene, e talvolta diceva loro che "gli ebrei sono essenziali per l'economia siriana").[30] Poi, nell'aprile 1992, egli annunciò che essi erano liberi di andarsene nel corso di una conversazione telefonica con George Bush. Un membro del Congresso, il deputato Stephen Solarz, definì l'avvenimento "uno sviluppo straordinario",[31] e tutte le persone interessate si aspettavano che l'intera comunità degli ebrei siriani fosse libera di andarsene. In effetti, tre quarti della popolazione ebraica ricevette i passaporti e i visti d'uscita entro la metà di ottobre del 1992. Poi, il processo subì una battuta d'arresto e non accadde quasi nulla per più di un anno. Fu solo dopo che il segretario di Stato Christopher fece di nuovo pressioni che Assad riaprì le porte per oltre 200 ebrei che poterono lasciare il Paese nel dicembre 1993; il mese dopo, il presidente Clinton ottenne il permesso di uscita per altri mille ebrei. Ma il governo siriano permise a tutti gli ebrei di abbandonare il Paese solamente nell'ottobre 1994. (Da allora, sono partiti 3670 ebrei e 230 hanno scelto di rimanere a Damasco, Qamishli e ad Aleppo, in genere perché avevano beni e proprietà in Siria.)
f. I negoziati del processo di pace. Nel giugno 1995, Assad promise a Warren Christopher che avrebbe preso parte a un negoziato in due fasi con Israele: una riunione dei capi di stato maggiore a Washington, seguita da una pausa, poi una ripresa della strada militare a un livello un po' più basso. Il Segretario di Stato era così felice di quest'accordo che abbandonò la sua abituale reticenza per dichiarare che "c'è una formidabile opportunità di muoversi ora verso un obiettivo di pace globale, forse la migliore opportunità che si è mai avuta in due anni e mezzo che sono in carica".[32]
I capi di stato maggiore s'incontrarono a fine giugno, ma poi Assad recedette dalla promessa di inviare un gruppo di militari di rango inferiore, chiedendo piuttosto che gli israeliani accettassero subito delle stazioni di allarme preventivo sulle alture del Golan. Gli israeliani si opposero con veemenza a questa nuova precondizione. Il premier Rabin asserì che non avrebbe permesso ai siriani di "venire meno all'impegno" e pose l'accento sulla grande importanza di questo episodio: "Se i siriani non rispettassero ciò che hanno concordato con gli americani, chi garantirà che rispetteranno le promesse che fanno a Israele?"[33]
Il disimpegno dalle alture del Golan. La reputazione di Assad di affidabilità riposava soprattutto sul fatto di avere mantenuto per vent'anni una promessa fatta nel maggio 1974 a Israele con l'Accordo per la separazione delle forze di "osservare scrupolosamente il cessate il fuoco su terra, mare e aria" e di "astenersi da ogni azione militare". Tutte le parti sono d'accordo in merito al fatto che egli ha tenuto fede a questa promessa. Richard Murphy, ex-vicesegretario di Stato per gli Affari del Medio Oriente, afferma che quell'accordo fu "scrupolosamente osservato".[34] Ze'ev Schiff, il decano dei corrispondenti militari israeliani, scrive che "Le due parti hanno aderito all'Accordo per la separazione delle forze da quanto è stato raggiunto e le violazioni sono state irrilevanti".[35] "Con la sola eccezione di più violazioni irrilevanti e permanenti", il capo dell'intelligence militare israeliana due anni fa notò che Assad "ha osservato alla lettera e nello spirito l'accordo di disimpegno".[36] Anche Benjamin Netanyahu è d'accordo, usando quasi le stesse parole: "La Siria ha osservato alla lettera e nello spirito l'accordo di disimpegno".[37]
Ma Assad non osservò alla lettera il suo accordo del 1974 con Israele. Egli impedì ogni forma di violenza attraverso la frontiera siro-israeliana, rendendo così le alture del Golan non solo un luogo tranquillo ma forse il più sicuro del Medio Oriente. Allo stesso tempo, Damasco non onorò tutti i propri impegni. Innanzitutto, Assad riassicurò Gerusalemme delle sue intenzioni non-belligeranti promettendo che "i civili siriani ritorneranno" nel territorio evacuato dalle forze israeliane. In realtà, i civili non s'insediarono in quell'area geografica, che resta una zona militare. In secondo luogo, Damasco permise nei primi anni dell'accordo alcune operazioni terroristiche, tra cui un attacco contro Ramat Magshimim nel 1975.[38]
In terzo luogo, nel 1992, i siriani trasferirono i commando a Kuneitra e l'artiglieria pesante in qualsiasi posto della zona demilitarizzata come stabilito nell'accordo del 1974. Nella "ridotta" striscia di sicurezza ", a 25 km dalla frontiera, essi piazzarono illegalmente 21 lanciamissili terra-aria e 8 lanciamissili. Curiosamente, il premier Rabin scelse di non rendere pubbliche le violazioni segnalate dagli osservatori dell'Onu.[39]
In quarto luogo, Rabin riconobbe nel settembre 1994 che il governo siriano da quattro anni era impegnato in "violazioni limitate" (senza specificare altrimenti, questi potrebbero essere gli stessi missili e lanciamissili sopra citati) dell'Accordo per la separazione delle forze. Egli rivelò altresì che Gerusalemme si era ripetutamente lamentata di questo alle Nazioni Unite, "senza alcuna risposta da parte dei siriani"; ma solo a metà del 1994, fu manifestata la volontà di rimediare a queste violazioni.[40]
Lo schema di comportamento di Assad dimostra che egli viene regolarmente meno alle sue promesse. Da despota qual è, egli mantiene la parola data quando gli conviene e non la mantiene quando non gli aggrada; in modo più sottile, Assad acquista credito mantenendo la parola quando non gli conviene. Assad può ottenere non solo che gli ambasciatori rimangano in silenzio, ma che lo faccia anche il premier israeliano. In questo modo egli trae un importante vantaggio dal doppio gioco.
3. Ostacolare e accettare il processo di pace
"Siamo rimasti sorpresi dall'accordo israelo-palestinese e poi dall'accordo israelo-giordano", ha ammesso pubblicamente Assad.[41] E se il leader siriano ha espresso chiaramente la sua disapprovazione di queste misure, si è però limitato al tentativo di bloccarle.
Gli accordi tra Israele e l'Olp. Assad reagì in due maniere agli Accordi di Oslo, rifiutandoli e avendo sotto la sua influenza due gruppi che li criticavano, senza però tentare in modo concertato di sabotarli. Un fatto emblematico di questa doppia politica, è che egli inviò un rappresentante siriano alla cerimonia della prima firma tra Israele e l'Olp (la Dichiarazione dei principi del settembre 1993, alla Casa Bianca) ma non alla seconda (per l'accordo del Cairo, nel maggio 1994).
Assad disprezzò la Dichiarazione dei principi del settembre 1993 ("non c'è nulla di buono in essa"),[42] perché erano state fatte troppe concessioni agli israeliani ottenendo troppo poco in cambio. Il ministro dell'Informazione di Assad fu ancor più mordace: la Dichiarazione implica che "il popolo palestinese si troverà in una grande prigione".[43] I media siriani argomentarono che i cambiamenti promessi dall'Olp da apportate alla propria Carta (eliminare i riferimenti alla distruzione di Israele) "comportano l'annullamento dell'intera carta".[44]
Per rendere i dieci gruppi palestinesi negazionisti, operanti sul territorio controllato dalla Siria, più efficaci nel contrastare il processo di pace, Assad li spinse a mettere in piedi un'alleanza formale che provvedesse dopo la firma alla Casa Bianca soprattutto a escogitare come sovvertire la Dichiarazione dei principi. Le sue organizzazioni membri orchestrarono in Siria manifestazioni, cerimonie, sit-in e scioperi nel corso dei quali, controllati da centinaia di poliziotti siriani, fu fermamente denunciata la Dichiarazione dei principi e chiesto l'arresto di Yasser Arafat. Ma si andò ben oltre le manifestazioni: Assad aveva dei gruppi sottoposti alla sua influenza che tentarono di sabotare la Dichiarazione uccidendo ripetutamente israeliani e palestinesi pro-Arafat. Ad esempio, secondo delle fonti israeliane,[45] Muhammad Diff, un leader di Hamas che risiedeva a Damasco, autorizzò degli attacchi terroristici contro gli israeliani, uccidendoli.
La stampa siriana in seguito ha celebrato questi sforzi. Quando gli operativi di Hamas presero in ostaggio un soldato israeliano, la radio siriana li elogiò come "uomini eroici della resistenza palestinese", "soldati coraggiosi" e "martiri giusti".[46] Questo episodio e il massacro degli israeliani che si trovavano a bordo di un autobus a Tel Aviv indussero una stazione clandestina basata a Damasco a esultare per la morte dei cittadini israeliani e a vantarsi di "una settimana di successi"[47] La radio giustificò l'atto di terrorismo contro gli israeliani come "coraggioso", "una giusta punizione" e come "un'operazione eroica".[48]
I gruppi palestinesi negazionisti fecero il lavoro sporco per conto di Assad e si assunsero la responsabilità dell'accaduto, permettendo così ad Assad di mantenere un'aria da scolaretto innocente. Il ministro degli Esteri negò di avere informazioni su di loro: "La Siria non ha notato i preparativi da parte del Fronte negazionista palestinese operante sul proprio territorio per una violenta opposizione all'accordo tra Israele e l'Olp".[49] Gli israeliani, però, non si lasciarono ingannare. Rabin osservò che Damasco "fornisce ogni mezzo per tutti i tipi di attacco contro Israele", sia dal Libano sia da altri luoghi.[50]
E se i siriani non presero parte a un tentativo accanito di bloccare l'accordo dell'Olp con Israele, lo fecero per delle cattive ragioni. Assad diceva di considerare la Dichiarazione dei principi come una misura priva di conseguenze, indegna della sua attenzione. "Non l'ho considerato come un avvenimento importante. Né penso che avrà un grosso effetto".[51] Perché no? Perché probabilmente fallirà. "Non abbiamo fatto ostruzionismo [all'Olp]. Fino ad oggi, non ci sembra che le loro mosse politiche abbiano costituito una minaccia reale. Non pensiamo che ci condurranno a un lieto fine atteso da certuni. In ogni caso, noi stiamo a guardare, aspetteremo e vedremo".[52] Se per caso, la Dichiarazione dei principi non dovesse fallire, Assad dice chiaramente che lui potrebbe mandarla in fumo. "Se avessimo voluto ostacolarla, l'avremmo fatta naufragare. Se diventerà chiaro per noi, che essa sarebbe un gran danno, lo faremo".[53]
Gli accordi tra Israele la Giordania. Re Hussein si trovò tagliato fuori dall'accordo tra Israele e l'Olp; peggio ancora, egli ricevette un severo monito dal premier Rabin (nel corso di un incontro clandestino del 19 maggio 1994) che se non avesse agito tempestivamente, i palestinesi avrebbero potuto assumere il potere in Giordania. Di conseguenza, il re fece qualcosa del tutto inappropriato e inatteso: dichiarando che "È arrivato il momento che la Giordania badi ai propri interessi"[54] egli prese quattro misure spettacolari verso Israele nel corso di un lasso di tempo di cinquanta giorni dal 7 giugno 1994. Quel giorno, i negoziatori giordani e israeliani avevano raggiunto una serie di accordi sulle questioni delle frontiere, delle risorse idriche e della sicurezza; e i giordani s'impegnarono a lavorare sulle relazioni con Israele senza fare riferimento alle altre parti arabe (ossia la Siria). Poi, in tre rapide serie di colloqui, nel mese di luglio, i team negoziali s'incontrarono in una tenda sul loro confine comune; Peres visitò pubblicamente la Giordania e Re Hussein incontrò Rabin a Washington, dove posero fine allo stato di guerra tra loro e s'impegnarono a lavorare a un trattato di pace.
Ovviamente Assad disapprovò tutte queste misure e manifestò il suo malcontento in molti modi: farfugliando delle minacce, cancellando una visita del suo primo ministro ad Amman e sfruttando i vituperi dei media per la prima volta dalla guerra del Kuwait. La sua stampa condannò l'accordo tra Re Hussein e Rabin come una "violazione" delle clausole di Madrid, che condurrebbe a "una pace incompleta e distorta con Israele".[55] La sua firma alla Casa Bianca contraddistinse "un giorno nero nella storia della Giordania",[56] un giorno in cui otto movimenti di opposizione giordani annunciarono che avrebbero da allora in poi commemorato quella giornata con un lutto nazionale. Gli stessi gruppi condannarono altresì "le strette di mano e gli abbracci" e chiesero alle masse di opporsi a tali gesti.[57] Un quotidiano minacciò che portare a termine questi accordi con Israele "isolerebbe la Giordania dal mondo arabo e rovinerebbe la sua unità nazionale", mentre il ministro della Difesa Mustafa Talas osservava senza mezzi termini che l'accordo separato con Israele significa che "la sua fragile entità potrebbe andare a pezzi".[58] Hafez al-Assad incontrò una delegazione dei leader dell'opposizione giordana. Per mesi, i due governi non ebbero ambasciatori dell'altro paese.
Tuttavia, questi meccanismi erano secondari per esprimere il malcontento siriano. Re Hussein dichiarò pubblicamente un mese dopo la riunione di Washington che Assad "fino a quel giorno non aveva mostrato alcuna opposizione" alle sue iniziative.[59] Egli non aveva sentito in prima persona protestare Assad né che Damasco aveva preso delle serie misure per ostacolarlo. In effetti, avendo appreso da Bill Clinton dell'imminente incontro tra Re Hussein e Rabin, Assad avrebbe detto al presidente americano che "non ne era felice, ma lo accettava"[60] A meno di una settimana dall'incontro, Assad pronunciò un discorso per commemorare la Giornata delle forze armate e cercò esplicitamente di evitare l'argomento ("Non voglio parlare oggi della posizione delle parti arabe nel processo di pace"), accontentandosi di fare una minaccia astratta (i leader arabi che escono dai ranghi "saranno considerati responsabili dal loro popolo e da tutte le masse arabe").[61] Un ministro siriano dichiarò che "Nessun accordo separato tra la Giordania e Israele inciderebbe sulla posizione siriana".[62] In effetti, il commercio tra la Siria e la Giordania continuò senza interruzione, la gente entrava e usciva dai due Paesi e le imprese affiliate operavano senza difficoltà.
Shimon Peres ha ben sintetizzato la reazione di Damasco alle mosse giordane come "moderata e contenuta" e "inferiore a ciò che ci si poteva aspettare".[63] Il primo ministro giordano l'ha definita "una nuvola che ora incombe" sulle relazioni dei due Paesi,[64] ma che evidentemente era una nuvola pregna di umidità e con poca pioggia.
Lo stesso schema si ripeté nell'ottobre 1994, quando il governo giordano e quello israeliano firmarono un trattato di pace. Assad rispose di nuovo in modo negativo ma non attivamente. Egli denunciò con veemenza la clausola in base alla quale Israele per venticinque anni avrebbe locato le terre cedute alla Giordania, temendo a giusto titolo che gli israeliani cercassero di applicare quest'approccio alle alture del Golan. "La nostra terra è nostra", dichiarò Assad. "Riteniamo che sia un'apostasia (kufr) per tutti i Paesi affittare le proprie terre a un altro Paese". Ma pur notando che "noi possiamo mettere il bastone fra le ruote" egli promise di non bloccare il trattato. Assad parafrasò se stesso dicendo ai giordani:
Non vi sosteniamo. Avete fatto un grosso errore, ma noi non faremo chiasso né vi combatteremo per questo. Anche se pensiamo che voi abbiate fatto qualcosa di sbagliato e danneggiato l'azione [araba] collettiva, vi auguriamo buona fortuna. Non vi appoggeremo ma non prenderemo nemmeno delle misure pratiche per ostacolarvi.[65]
A che cosa equivale tutta quest'attività contraddittoria? A una nebbia di paradosso che circonda il processo negoziale che preserva il margine di manovra di Assad e gli permette di muoversi in direzione della pace con Israele o di allontanarsi.
4. Fare o non fare pace con Israele
Tra il suo accordo per negoziare con Israele, nel luglio 1991, e la caduta del governo laburista, nel maggio 1996, Assad prese una serie di misure contraddittorie, muovendosi in direzione di Israele ma anche allontanandosi da esso. Come ha detto Rabin: "Una mano [siriana] è come se fosse tesa verso la pace, mentre l'altra mano apre il fuoco contro di te".[66] Qui di seguito alcuni punti di questo doppio gioco audace:
I segnali positivi. Assad avrebbe parlato a una riunione a porte chiuse dei leader del Partito Ba'th nel 1993 di una decisione di fare pace con Israele e che mancavano solo i dettagli necessari per attuarla. Come notato sopra, nel luglio 1994 i siriani si erano detti disposti a correggere le loro violazioni dell'Accordo per la separazione delle forze con Israele. L'infrastruttura civile nella regione siriana dalla frontiera con Israele è stata di recente migliorata, le abitazioni sono state ristrutturate, sono state costruite delle moschee, come pure delle riserve idriche e sono stati installati dei mulini a vento (per l'elettricità).
La copertura mediatica di Israele non mostrava più un'ostilità implacabile. Il regime prese delle misure modeste ma reali per preparare i siriani a un accordo con Israele: la parola "pace" e i suoi sinonimi furono rimpiazzati da "fermezza" e "confronto" come leitmotiv dei discorsi pubblici su Israele. La stampa siriana sollevò alcuni scenari come terra in cambio di pace e osservò i vantaggi della pace con Israele.[67] In modo più spettacolare, la televisione siriana trasmise il primo incontro pubblico tra Re Hussein e Yitzhak Rabin alla Casa Bianca, in diretta e in modo integrale, compresa la preghiera di Rabin in ebraico poi trasmessa in un secondo tempo. I quotidiani siriani pubblicarono in prima pagina le foto dei due insieme. Qualche giorno dopo, fu diffusa la notizia che Re Hussein aveva sorvolato Israele. Più in generale, i media siriani trattarono correttamente la storia israelo-giordana, senza falsità o commenti distorti. Nell'agosto 1994, Damasco mise fine a quattro anni di blocco delle trasmissioni della televisione giordana e allo stesso tempo permise la vendita del Jerusalem Report nell'Hotel Méridien a Damasco.
I contatti nei paesi terzi tra i siriani e gli israeliani proliferarono. I diplomatici siriani a Berlino salutarono pubblicamente i loro omologhi israeliani. Il ministro dell'Economia e del Commercio estero rilasciò un'intervista a un quotidiano israeliano e un attaché amministrativo dell'ambasciata siriana a Londra disse a un altro quotidiano di Tel Aviv che gli israeliani che viaggiavano con passaporto non-israeliano erano i benvenuti nel suo Paese.[68] Gli accademici siriani incontrarono i loro omologhi israeliani durante una riunione privata a Oslo nell'ottobre 1993, presumibilmente con il permesso di Assad. Anche a quell'epoca, i rappresentanti delle imprese turistiche si misero in contatto con i diplomatici e le organizzazioni turistiche riguardo a una cooperazione. Nel luglio 1994, l'incaricato d'affari siriano partecipò all'incontro tra Re Hussein e Rabin a Washington e strinse la mano a Rabin. Nel corso di una visita a Washington il ministro degli Esteri Shar fu sottoposto due volte alle domande dei giornalisti israeliani e incontrò i leader di organizzazioni ebraiche americane come l'American Israel Public Affairs Committee, l'American Jewish Congress e il B'nai B'rith.
I viaggi tra la Siria e Israele ripresero. Un giornalista israeliano fu fatto entrare in Siria con un lasciapassare. Decine e decine di drusi siriani raggiunsero Israele attraverso il Libano per partecipare al funerale del leader spirituale druso, nell'ottobre 1993. Un gruppo di siriani arabi fece visita ai propri parenti nel Nord di Israele, nel dicembre 1994. Viaggiando nell'altra direzione, una delegazione di 57 arabi israeliani guidati da un membro del Parlamento israeliano visitò Damasco (ma passando per il Cairo e senza viaggiare con i loro passaporti israeliani) per presentare le proprie condoglianze a Hafez al-Assad per la morte del figlio Basil. Alla fine del viaggio, Shar descrisse la visita come "un'apertura per altre visite in Siria da parte degli israeliani", condizionate, ovviamente, al ritiro totale dal Golan.[69]
Anche gli scambi commerciali aumentarono. Un quotidiano di Tel Aviv riportò che, dall'inizio del 1994, un'azienda di stato israeliana acquistò materie prime direttamente dalla Siria; anche se essa utilizzava la copertura di società di paesi terzi, lo fece con "la piena consapevolezza e approvazione della maggior parte delle più alte cariche del governo siriano".[70]
I segnali negativi. Una lunga lista di misure importune rivelò l'intenzione da parte di Assad di mantenere il conflitto con Israele. Nel suo ruolo di negoziatore Assad esigeva che Israele rinunciasse a tutti i suoi beni e a tutte le sue promesse senza avere quasi nulla in cambio. Inoltre, il suo indecifrabile stile diplomatico – che usava costruzioni passive e discorsi indiretti – evidenziava una profonda riluttanza a riconciliarsi con Israele; ma poteva altresì denotare l'intenzione di non rinunciare all'opzione negazionista. Itamar Rabinovich, prima di diventare il capo-negoziatore per conto di Israele con la Siria, ha osservato che
Quasi un anno dopo la decisione della Siria di partecipare alla conferenza di Madrid, non c'era alcun segnale di agitazione fra l'opinione pubblica né si ravvisava nessuno sforzo del regime di preparare l'opinione pubblica a un cambiamento radicale della posizione e della politica verso Israele.[71]
Un manuale per gli insegnanti siriani apparso nel 1994 chiedeva ai docenti di presentare ai propri studenti la "liberazione delle terre occupate nel 1967 come un obiettivo intermedio"[72] (il che significa che l'obiettivo finale è la distruzione di Israele). I diplomatici siriani che sedevano al tavolo negoziale con gli israeliani, per lungo tempo trattarono questi ultimi con freddezza artificiosa. Damasco scelse di boicottare metà del processo di pace, vale a dire i negoziati multilaterali, e ordinò alla sua satrapia libanese di fare altrettanto. Le prove mostrano che Ron Arad, un aviatore israeliano che fu catturato, rimase nelle mani dei siriani o dei loro alleati.
In uno straordinario colpo di scena del doppio gioco, Assad ha condannato la sua stessa attività diplomatica con Israele. Egli inviò dei diplomatici a Washington per degli incontri ufficiali e diretti con gli israeliani, ma quando l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel dicembre 1993-1995, approvò delle risoluzioni che esprimevano "il pieno sostegno per i successi del processo di pace ottenuti sinora" e rimarcò "la necessità di realizzare dei rapidi progressi nelle altre questioni oggetto dei negoziati arabo-israeliani" – un riferimento ai colloqui con la Siria e il Libano – Assad tutte e tre le volte espresse un voto negativo!
I funzionari e i media siriani continuano a reagire con ostilità sulla questione di Israele, utilizzando termini come "il nemico", "il nemico sionista", "la Palestina occupata", "Gerusalemme occupata" e "l'entità sionista".[73] Un'emittente radiofonica siriana definì un attentato suicida contro gli israeliani "un'operazione martirio".[74] Si evocano altresì delle vecchie calunnie, richiamando alla mente nel 1995 l'episodio dell'agosto 1969 di Michael Dennis Rohan, uno squilibrato cristiano australiano che si dette fuoco alla moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme. Fu gratuitamente asserito che Rohan "è un ebreo israeliano, anche se Israele ha cercato di dimostrare che non lo era", che le autorità israeliane "non hanno fatto nulla" per spegnere il fuoco e che Rohan era agli arresti domiciliari in un "resort israeliano per turisti di lusso".[75]
In modo ancor più bizzarro, alla vigilia dell'arrivo del segretario di Stato americano Christopher a Damasco (con numerosi giornalisti al seguito), nel maggio 1994, il Syrian Times in lingua inglese pubblicò un articolo in cui si affermava che gli ebrei americani sono giuridicamente esenti dal pagamento delle tasse agli Stati Uniti e che "il 30 per cento dei vescovi protestanti negli Usa è di origini ebraiche e non hanno mai abiurato il giudaismo".[76] In risposta allo scalpore che ne seguì, le autorità siriane qualche giorno più tardi e in modo sommesso "espressero il loro rammarico per il contenuto e il tono" dell'articolo.
L'assai ambiziosa concentrazione di truppe da parte di Assad sembrava essere principalmente diretta contro Israele. Il suo regime sosteneva pubblicamente i gruppi anti-Arafat (ad esempio, nel novembre 1994, il vice-presidente Khaddam confermò il suo sostegno al gruppo di George Habash)[77] e in privato appoggiava la violenza contro gli israeliani. Damasco fece lo stesso con le forze che godevano dell'appoggio siriano nel Libano; i loro attacchi contro l'Esercito del Libano del Sud, nella prima metà del 1995, registrarono un aumento del 55 per cento rispetto al 1994. Nel corso di una riunione diplomatica Europa-Medio Oriente, il 24 luglio 1995, il giorno di un attacco terroristico contro un autobus a Ramat Gan, in Israele, che fece sei vittime, il capo della delegazione siriana esortò tutti i Paesi ad appoggiare "i movimenti di liberazione nazionale" contro Israele.
Damasco si prese il disturbo di ostacolare le relazioni nascenti di Israele con altri Paesi arabi. Il governo libanese accusò Miss Libano, Ghada al-Turk, di collaborazione con il nemico, quando la ragazza posò in una foto con Miss Israele. La stampa siriana redarguì l'Oman per aver ospitato una delegazione israeliana durante i colloqui di pace multilaterali e criticò gli Emirati arabi uniti per aver abolito i libri di testo antisemiti. Nel maggio 1994, Damasco si lanciò in un tentativo di mantenere l'embargo economico contro lo Stato ebraico, finché le forze israeliane non si fossero ritirate dai territori occupati nel 1967, per poi dolersene amaramente quando la Tunisia e gli Stati del Golfo abrogarono l'embargo. Gli israeliani accusarono Assad di aver annullato un'esercitazione navale in Tunisia, cui avrebbero partecipato delle navi israeliane, e biasimarono la decisione dell'Oman di ritardare l'apertura di uffici d'interesse.
I segnali misti. Quando il processo di pace ebbe inizio nel 1991, un'imponente statua equestre di Saladino, che si trascina dietro due soldati crociati, fu eretta in una piazza centrale di Damasco con l'iscrizione "Gerusalemme: Persa nel 1099 e Riconquistata nel 1187". Poi, durante l'estate del 1994, i tabelloni in cui si pubblicizzava la pace apparvero lungo la strada principale che porta all'aeroporto internazionale di Damasco. Nessuno di essi, però, menzionava Israele per nome, piuttosto (in stile sovietico) proclamavano una pace astratta da raggiungere: "Noi amiamo la pace", "Noi crediamo e lavoriamo per la pace", "La pace può permettere alla Siria di investire tutti i suoi sforzi nel benessere della popolazione". Questi segnali contraddittori portarono il doppio gioco nelle strade della capitale.
Le voci sui cambiamenti personali inviarono altresì dei duplici segnali. Quando Assad fece cadere quei pilastri del suo regime come 'Ali Haydar, Shafiq Fayyad e Majid Said nell'agosto e nel novembre 1994, gli osservatori specularono[78] che Assad si sbarazzava di vecchi soldati compromessi e ripugnanti come passo preliminare per predisporre la pace con Israele. Ma allora perché, secondo altre voci, alla fine del 1994, egli nominò capo della forza aerea siriana Muhammad al-Khuli, l'uomo implicato nel fallito attentato del 1986 a un aereo dell'El Al a Londra?
Un episodio oscuro ha simboleggiato lo stato instabile e poco chiaro della situazione. In un caso d'impudenza improbabile, due o tre agenzie di viaggi siriane ignorarono la linea politica del loro governo di boicottare i colloqui multilaterali con Israele e parteciparono, con delle imprese israeliane a una conferenza sul turismo al Cairo, nel settembre 1994. Per questa trasgressione, il Ministero del Turismo dapprima espulse le agenzie responsabili dall'associazione del turismo nazionale della Siria, poi fece loro chiudere i battenti.[79] Questa serie di avvenimenti metteva in luce che alcuni siriani avevano percepito una nuova apertura nel loro Paese? O era una provocazione pianificata dalle autorità per mostrare il loro disprezzo per il processo di pace? Uno straniero non può che ipotizzarlo.
Generalizzando, sembra che le autorità siriane abbiano adottato una posizione sempre più accomodante a livello ufficiale, mantenendo però le cose relativamente immutate a livello popolare. Come ha spiegato Rabin, "In genere i siriani sono più diplomatici nei discorsi pronunciati all'estero di quanto non lo siano nei discorsi destinati a uso interno".[80]
Il doppio gioco nel processo di pace è consistito nel fatto che Damasco perseguiva al contempo l'opzione militare e quella politica riguardo a Israele, offrendo un volto amichevole e uno ostile. Assad ha preso parte ai negoziati sotto l'egida degli americani, ma parlava anche come un nazionalista arabo. Egli cercò, nelle parole del capo-negoziatore di Israele con la Siria, di "dimostrare all'opinione pubblica araba che pur potendo fare avanzare il processo di pace, non avrebbe abbandonato i suoi principi",[81] il che non era un obiettivo facile. Sì, è vero, Assad ha teso la mano all'Occidente unendosi al processo di pace, ma non ha rinunciato alla sua posizione assunta da lunga data di nemico di Israele. Egli ha mantenuto aperte le opzioni: pur accontentando gli Stati Uniti parlando con Israele, Assad ha dimostrato allo zoccolo duro degli antisionisti che il suo cuore rimaneva con loro. Egli ha sottinteso la sua disponibilità a far pace con Israele, se ce ne fosse stato bisogno, pur mostrando altresì che, se possibile, avrebbe preferito fargli guerra.
Conclusioni
Chi negherebbe che Assad ha elaborato il doppio gioco, uno schema comune della politica del Medio Oriente, trasformandolo in un'arte sottile e raffinata? Egli mantiene relazioni buone e cattive con i leader stranieri. Ha preso in ostaggio degli occidentali, e poi li ha liberati. Mantiene le sue promesse e poi viene meno a esse. S'impegna ufficialmente nei negoziati con Israele e li condanna pubblicamente. La politica di oggi può essere ribaltata domani; può essere contraddetta oggi, o può anche non esistere.
Il doppio gioco è veramente il coronamento dell'operato di Hafez al-Assad come politico astuto e molto raffinato. Egli è considerato uno dei più virtuosi tecnici politici della sua epoca. Altri tiranni potrebbero imparare qualcosa da Assad; un giorno, forse, un Machiavelli prenderà nota e analizzerà i suoi stratagemmi come modello da imitare.
Da dove nasce il doppio gioco? In parte, esso può risultare dalle origini alawite di Assad. Come sta a indicare l'epitaffio di questo documento, gli Alawiti hanno una lunga tradizione di dissimulazione religiosa (taqiya), affinata nel corso dei secoli dalla necessità di pretendere di essere musulmani. Gli Alawiti hanno vissuto una doppia vita, mantenendo un'esteriorità islamica ma nell'intimità dei loro villaggi maledicono i musulmani. In parte, il doppio gioco riflette altresì la personalità prudente di Assad. Egli evita i rischi là dove è possibile ("Se in una probabilità di successo del cento per cento, c'è un rischio del 5 per cento di fallimento, egli non accetterà di rischiare")[82] e questo gli permette di correre il minor numero di rischi.
Il doppio gioco è anche frutto della natura del dispotismo e qui Assad si conforma a una lunga e disonorevole tradizione. Anche Stalin, ad esempio, era un esperto di quest'arte. Durante il processo esemplare di Mosca dell'agosto 1937, quando un gruppo di bolscevichi di spicco fu accusato di aver cercato di sabotare lo Stato sovietico a nome di Leon Trotsky e del governo nazista, Stalin tesseva al contempo legami con Berlino. Questo lo pose di fronte a un dilemma: egli voleva chiaramente stigmatizzare gli accusati come fascisti e quindi il modo in cui intendeva raffigurare il processo e il terrore di massa si annunciava come un'impresa antifascista, ma occorreva farlo senza infastidire troppo gli alti papaveri di Berlino con cui continuava a trattare e sperava di raggiungere un accordo.
Questa non fu un'impresa facile ma Stalin ci riuscì. Per rimediare all'attacco pubblico contro il fascismo che aveva luogo nella sala d'udienza e le spudorate menzogne dei suoi tirapiedi sui legami degli uomini accusati con la Germania, Stalin adottò svariate strategie. Egli programmò un approccio diplomatico con i tedeschi in modo che avesse luogo mentre era in corso il processo sommario. Rilevò che 13 dei 18 imputati (due di loro erano contumaci) erano ebrei, inclusi i tre che le pubblicazioni naziste avevano scelto come "l'elemento ebraico nella leadership del bolscevismo".[83] Stalin aveva anche dei diplomatici che sostennero che "Trotsky poteva aver mentito" quando Trotsky avrebbe rivelato che un imputato nel processo lavorava per Berlino.[84]
Il doppio gioco offre un certo numero di vantaggi. Una certa aria di mistero migliore la reputazione di Assad e fa sì che i nemici lo temano. Le parole mostrano solo vagamente ciò che lui pensa, e le azioni non fanno che indicare quello che realmente Assad intende fare. Assad è veramente enigmatico – è "la sfinge di Damasco", come lo definisce il suo biografo Moshe Ma'oz. Oppure, come nell'espressione felice di Milton Viorst, egli è un governante per il quale [avere] "un'aria enigmatica è uno strumento di Stato".[85]
In secondo luogo, Assad preferisce muoversi lentamente nell'apportare importanti cambiamenti nella politica e il doppio gioco gli fa guadagnare tempo.
In terzo luogo, egli preferisce notevolmente le cose com'erano solite essere quando l'Unione Sovietica era in giro e il doppio gioco gli permette di fare il minor numero di modifiche necessarie. Esso offre un compromesso a qualcuno che è nostalgico di una rete internazionale sovietica e delle ideologie antiamericane ma che deve affrontate delle nuove realtà.
In quarto luogo, se il gioco di Assad non inganna i siriani né gli stranieri, gli offre però una gran flessibilità di azione. Gli permette di evitare di scegliere fra le dure alternative che gli si presentano, potendo invece intraprendere due o più strade alla volta. Aprire la Siria o mantenerla isolata? Il doppio gioco permetterebbe ad Assad di aprirla leggermente, ai margini, senza apportare nessun cambiamento fondamentale. La pace con Israele o la guerra? Negoziando con Israele e costruendo al contempo la sua macchina militare contro lo Stato ebraico, Assad si assicura la possibilità di "muoversi in qualunque direzione".[86]
Unirsi al campo occidentale oppure opporsi a esso? Il doppio gioco gli permette di non escludere le opzioni; egli trova una terza via, rimanendo uno Stato canaglia, conservando i suoi legami non-occidentali, ma muovendosi lentamente assai lontano in direzione dell'Occidente per ottenere la sua indulgenza e anche la sua buona volontà. L'ambiguità creativa lascia incerti i nemici e gli amici, ottenendo un ampio margine di manovra senza apportare cambiamenti fondamentali in politica. Assad può fare concessioni se necessario e sfruttare le occasioni quand'è possibile.
[1] Michel Aoun, "If Lebanon Fails, So Does the Middle East", Middle East Quarterly, Vol. II, No. 4 (December 1995), p. 59.
[2] Vice-ministro della Difesa Mordechai Gur, La Repubblica, 24 agosto 1993. Il Jerusalem Post sostiene (23 ottobre 1994) che le critiche mosse da Washington a Damasco perché "non fa abbastanza" per fermare il lancio di razzi Katyusha contro Israele "è come far notare che Washington non fa abbastanza per tenere a freno i Marines".
[3] Qol Yisra'el, 19 April 1994.
[4] The Wall Street Journal, 19 November 1991.
[5] James Baker, parafrasato dalla televisione damascena, 30 aprile 1990.
[6] Televisione siro-araba, 10 settembre 1994.
[7] The Washington Post, 7 March 1995.
[8] Yedi'ot Aharonot, 25 March 1994.
[9] Jewish Exponent (Philadelphia), 14 July 1995. Egli ha spiegato meglio nel 1991 al segretario di Stato americano che Assad è "molto duro, ma se si fa un accordo con lui, Assad si atterrà fedelmente all'accordo. Non bisogna pensare che debba essere dell'umore giusto, ma se lui è concorde, si può contare su di lui". Citato in James A. Baker III e Thomas M. DeFrank, Politics of Diplomacy: Revolution, War and Peace, 1989-1992 (New York, 1995), pp. 425-26.
[10] Israel Defense Forces Radio, 19 May 1994.
[11] Ha'aretz (Tel Aviv), 30 September 1994; The New York Times, 26 October 1994.
[12] In modo particolare, Damasco era d'accordo sul "ritiro degli elementi armati fino ai luoghi occupati prima del 13 aprile 1975 e a non mostrare più le armi". Per il testo del documento in inglese, si veda: Subcommittee on Europe and the Middle East, Committee on Foreign Affairs, U.S. House of Representatives, The Search for Peace in the Middle East: Documents and Statements, 1967-79 (Washington: U.S. Government Printing Office, 1979), pp. 336-37.
[13] Per il testo della dichiarazione in inglese, si veda: John Norton Moore (ed.) The Arab-Israeli Conflict, vol. 4, The Difficult Search for Peace (1975-1988), part 2, pp. 1154-56.
[14] Per il testo dell'accordo in inglese, si veda: Dilip Hiro, Lebanon Fire and Embers: A History of the Lebanese Civil War (New York, 1993), pp. 231-40.
[15] Theodor Hanf, Coexistence in Wartime Lebanon: Decline of a State and Rise of a Nation, traduzione dal tedesco di John Richardson (London, 1993), p. 636 [più avanti: Hanf, Coexistence in Wartime Lebanon].
[16] Citato in ibid., p. 579. La troika era composta dai sovrani dell'Arabia Saudita e del Marocco e dal presidente dell'Algeria.
[17] The Star (Amman), 21-26 July 1994.
[18] Sabah (Istanbul), 7 November 1993. Ho trattato a fondo questo caso nel capitolo 5 di Syria Beyond the Peace Process (Washington, D.C.: Washington Institute for Near East Policy, 1996).
[19] Itamar Rabinovich, The War for Lebanon, 1970-1983 (Ithaca, N.Y., 1984), pp. 117, 118, 122.
[20] Hanf, Coexistence in Wartime Lebanon, p. 611.
[21] Fida Nasrallah, "The Treaty of Brotherhood, Co-operation and Co-ordination: An Assessment", in Youssef M. Choueiri (ed.), State and Society in Syria and Lebanon (New York, 1993), p. 107; idem., "Syria after Ta'if: Lebanon and the Lebanese in Syrian Politics", in Eberhard Kienle (ed.), Contemporary Syria: Liberalization between Cold War and Cold Peace (New York, 1994), p. 135.
[22] Yair Evron, War and Intervention in Lebanon: The Israeli-Syrian Deterrence Dialogue (Baltimore, 1987), p. 97.
[23] Karim Pakradouni, Stillborn Peace: The Mandate of Elias Sarkis, 1976-1982 (Beirut: Editions FMA, 1985), p. 72.
[24] Al-Hayat (London), 6 June 1994.
[25] Israel Defense Forces Radio, 2 April 1995.
[26] Qol Yisra'el, 1 April 1995.
[27] Jewish Exponent (Philadelphia), 14 July 1995.
[28] Israel Defense Forces Radio, 16 June 1995.
[29] Discorso pronunciato al Washington Institute for Near East Policy, il 29 aprile 1996, come trascritto dal Federal News Service.
[30] Assad lo dice ufficiosamente a un anonimo "alto diplomatico europeo", citato in Ma'ariv (Tel Aviv), 6 August 1991.
[31] The New York Times, 28 April 1992.
[32] Jewish Exponent (Philadelphia), 16 June 1995.
[33] Ha'aretz, 16 July 1995, Qol Yisra'el, 17 July 1995.
[34] Richard Murphy, "Syria's Foreign Policy: Looking Beyond the Gulf Crisis; the Prospects for Sustaining Improved Relations with the West", documento non-pubblicato , June 1991, p. 3.
[35] Ze'ev Schiff, Peace With Security: Israel's Minimal Security Requirements in Negotiations with Syria (Washington, D. C.: Washington Institute for Near East Policy, 1993), p. 23 [più avanti: Schiff, Peace With Security].
[36] Yedi'ot Aharonot, 10 November 1994.
[37] The Star, 21-26 July 1994. Dopo la parziale pubblicazione da parte di questo autore del materiale contenuto in questa sezione in un articolo del Jerusalem Post del 19 agosto 1994, qualche osservatore israeliano – tra cui Netanyahu – gli ha fatto cambiare idea in merito ad Assad. Ad esempio, Arye Der'I, leader del Partito Shas, ha detto che "Quasi tutti gli accordi [siro-israeliani] sono stati violati" da Assad (Israel Defense Forces Radio, 25 July 1995). In un importante scambio di opinion, Yaakov Amidror, il capo della divisione ricerca dell'intelligence militare israeliana, ha asserito che "Assad osserva un accordo solo quando gli conviene"(Davar, 9 November 1994); al che, Rabin ha replicato: "Questa non è la prima volta che l'intelligence commette degli errori di valutazione" (The Jerusalem Post International Edition, 19 November 1994).
[38] Proprio quando ebbe luogo l'ultimo di questi attacchi è imbarazzante osservare delle incoerenti dichiarazioni pubbliche israeliane. Il 26 maggio 1995 Rabin dichiarò che "Per diciassette anni non abbiamo avuto un incidente lungo il confine con la Siria" (Israeli Television Channel One) e l'8 giugno disse che "per diciannove anni non c'è stato nessun incidente frontaliero, nessuna infiltrazione"(Qol Yisra'el).
[39] Hadashot (Tel Aviv), 11 November 1992. David Wurmser mi ha cortesemente messo a disposizione questa notizia.
[40] The Jerusalem Post, 5 September 1994.
[41] Syrian Arab Television, 10 September 1994.
[42] Syrian Arab Television, 2 October 1993.
[43] Muhammad Salman on Radio Monte Carlo, 15 April 1994.
[44] Tishrin (Damascus), 22 August 1994.
[45] Citato in The New York Times, 24 August 1995.
[46] Syrian Arab Republic Radio, 15 October 1994.
[47] Al-Quds Palestinian Arab Radio (Damascus), 20 October 1994.
[48] Syrian Arab Republic Radio, 26 May 94; "coraggioso": ibid., 28 November 1994; "giusta punizione": ibid., 29 August 1994; "azione eroica": Al-Quds Radio 20 November 1994.
[49] Come riferito dal ministro degli Esteri britannico Douglas Hurd, Yedi'ot Aharonot, 29 October 1993.
[50] Al-Musawwar (Cairo), 22 April 1994.
[51] Syrian Arab Television, 2 October 1993.
[52] Al-Qabas (Kuwait), 9 December 1989.
[53] Al-Akhbar (Cairo), 20 September 1993.
[54] As-Safir (Beirut), 9 July 1994.
[55] Al-Ba'th (Damasco), 29 July 1994.
[56] Tishrin, 28 July 1994.
[57] Syrian Arab Republic Radio, 8 August 1994.
[58] Tishrin, 8 June 1994; Mustafa Tlass, "Syria and the Future of the Peace Process", Jane's Intelligence Review, September 1994.
[59] Der Spiegel (Hamburg), 22 August 1994.
[60] The Jerusalem Post International Edition, 30 July 1994.
[61] Syrian Arab Republic Radio, 1 August 1994. Evitare di parlare degli accordi dell'Olp e della Giordania con Israele divenne una caratteristica regolare dei discorsi ufficiali siriani. Per esempio, un brusco "Noi non vogliamo discutere di ciò che hanno ottenuto" è stato tutto ciò che il primo ministro Zu'bi ha detto di loro nel corso di un'analisi politica eccessivamente lunga. (Syrian Arab Television, 14 November 1994).
[62] Nabil al-Malla, al-Hayat, 18 June 1994.
[63]Qol Yisra'el, 28 July 1994; Israel Defense Forces Radio, 30 July 1994.
[64] Al-Ra'y (Amman), 31 August 1994.
[65] Syrian Arab News Agency, 18 October 1994. La maggior parte dei media ha tradotto in modo inaccurato il termine kufr con "blasfemia". Al che, Re Hussein insistette a dire fermamente che il trattato tra la Giordania e Israele "potrebbe essere un precedente per muoversi nella giusta direzione" (al-Ra'y, 20 February 1995).
[66] The New York Times, 16 September 1994.
[67] Eyal Zisser, "Asad Inches toward Peace", Middle East Quarterly, Vol. I, No. 3 (September 1994), pp. 37-44.
[68] Yedi'ot Aharonot, 26 September 1993; Ha'aretz, 18 November 1993.
[69] Qol Yisra'el, 11 March 1994. Il ministro degli Esteri Shimon Peres inviò una lettera di condoglianze ad Assad attraverso un intermediario in Gran Bretagna.
[70] Ha'aretz, 7 April 1995.
[71] Itamar Rabinovich, "Stability and Change in Syria", in Robert B. Satloff (ed.), The Politics of Change in the Middle East (Boulder, Colo., 1993), pp. 26-27.
[72] Nukhba min al-Mudarrisin, Al-Mawjiz fi't-Tarbiya al-Qawmiya al-Ishtirakiya li-Tullab ash-Shihadatayn (n.p., n.d.), p. 13.
[73] Mustafa Talas, on Radio Lebanon, 2 August 1995; Syrian Arab Republic Radio, 7 August 1994, 29 April 1993, 16 July 1994, 29 August 1994.
[74] Syrian Arab Republic Radio, 24 July 1995.
[75] Syrian Arab Republic Radio, 22 August 1995.
[76] Syrian Times (Damasco), 14 May 1994.
[77] Reuter, 17 November 1994.
[78] Lamis Andoni, "Assad Nudges Syria Closer to Peace Deal with Israel", The Christian Science Monitor, 31 August 1994; James Bruce in Jane's Defence Weekly, 26 November 1994.
[79] Radio Monte Carlo, 28 September 1994; Agence France Presse, 3 October 1994; al-Wasat (London), 31 October 1994.
[80] Davar (Tel Aviv), 14 September 1994.
[81] Itamar Rabinovich, Qol Yisra'el, 27 August 1993.
[82] Jacob Goldberg, "Syria and the Palestinians: The Change is Real", New Outlook, Vol. 35 (January-February 1992), p. 23.
[83] Robert C. Tucker, Stalin in Power: The Revolution from Above, 1928-1941 (New York, 1990), p. 371.
[84] Citato in Tucker, Stalin in Power, p. 412. Nel processo, i collaboratori di Stalin ammisero la mendacità del presupposto del processo.
[85] Milton Viorst, Sandcastles: The Arabs in Search of the Modern World (New York, 1994), p. 123.
[86] Schiff, Peace with Security, p. 85.