In questo volume Alnasrawi non esamina a fondo l'economia irachena, piuttosto concentra la sua attenzione su due aspetti importanti: l'industria petrolifera e le politiche del Partito Ba'th. Queste ultime annoverano non solo delle decisioni prettamente economiche (come lo sviluppo nazionale e i piani d'investimento) ma anche l'enorme impatto delle due guerre di Saddam Hussein (contro l'Iran e la coalizione Tempesta del Deserto) sul destino economico dell'Iraq. L'autore termina il suo studio con una considerazione particolarmente interessante sul futuro economico iracheno.
Alnasrawi comincia questa sua stima osservando che (considerati i prezzi del 1980) l'Iraq nel 1960 aveva un Pil di circa 8,7miliardi di dollari. Grazie soprattutto alle esportazioni di petrolio, l'economia prosperò al punto che nel 1979 il Pil raggiunse i 54miliardi di dollari. Poi, grazie ai numerosi errori di Saddam scese a circa 10miliardi, attestandosi quasi sui livelli raggiunti trent'anni prima. Le cose però sono in realtà peggio di quello che sembrano perché la popolazione irachena si è triplicata negli anni successivi, il che significa che il reddito pro capite nel 1993 era circa un terzo rispetto a quello che era nel 1960. (E viste le recenti tendenze, nel 1995, è probabilmente ancora molto più basso.) Infatti, il reddito pro capite è oramai tornato a dov'era negli anni Quaranta. E allora come si dovrebbe guardare al futuro? Alnasrawi sostiene che anche se le autorità di Baghdad cominciassero a fare le cose per bene, il Paese sarà "vittima di un ciclo vizioso di debito e di sottosviluppo" per parecchi anni. Il reddito pro capite non tornerà ai livelli degli anni Cinquanta per decenni, e questo grazie al Partito Ba'th e a Saddam Hussein. "Il futuro economico dell'Iraq sembra davvero tetro".