I libri scritti dai giornalisti tendono a contenere degli errori di fatto, delle generalizzazioni sfrontate e dei giudizi discutibili. Essi, in genere, forniscono una mole d'informazioni banali e ben conosciute. E allora, com'è piacevole questo studio sulle donne musulmane scritto da un'ex-corrispondente del Wall Street Journal per il Medio Oriente. Questo volume vanta non solo una base ben documentata ma offre molte informazioni nuove e una tesi incredibilmente originale. La Brooks gestisce questa rara mistione costituita dall'immediatezza dell'esperienza di una reporter e dalla fondatezza di un documento di ricerca.
Ogni capitolo del libro tratta un aspetto della vita delle donne musulmane, sia gli argomenti usuali (la verginità, il matrimonio e l'educazione) sia quelli meno ordinari (il commercio, la politica, la guerra). Forse il capitolo più colorito è quello che si occupa dei Giochi delle donne islamiche in Iran, dove gli uomini potevano assistere alla cerimonia di apertura ma non alle competizioni, così che le donne potevano recarsi in pista e spogliarsi per indossare i loro pantaloncini in lycra.
L'aspetto più prezioso del reportage della Brooks consiste nel mostrare i differenti atteggiamenti degli integralisti islamici verso le donne. Il più sbalorditivo è il contrasto tra l'Arabia Saudita, dove le donne non rivestono di fatto alcun ruolo pubblico, e l'Iran, dove esse siedono in Parlamento e respingono fermamente l'apposizione di limiti. Ciò conduce l'autrice a una conclusione inattesa ma convincente: "Ho ravvisato la migliore speranza per un cambiamento positivo mimetizzata tra i chador neri delle pie donne iraniane".