Il Jaffee Center for Strategic Studies ancora una volta dimostra che Israele si è unito a questo club esclusivo di paesi che dispone di un'eccellente e vasta gamma di analisi strategiche. Ricorrendo a un gruppo di studio composto principalmente dai propri analisti, il Centro esamina l'impatto che ha avuto su Israele l'operazione Tempesta del Deserto e lo fa segmentandolo in quattro parti: le conseguenze politiche mondiali, le lezioni militari, il processo di pace israelo-arabo e la politica interna in Israele.
Gli autori ritengono che, tutto sommato, la guerra abbia avuto delle implicazioni leggermente positive per lo Stato ebraico. Shai Feldman sostiene la tesi originale che la deterrenza di Israele riguardo alle armi chimiche irachene ha avuto maggior peso della sua incapacità di scoraggiare l'uso dei missili convenzionali. Dore Gold fa riferimento alle "tendenze contrastanti" per Israele riguardo agli Stati Uniti; Abraham Ben-Zvi scrive di una "nuova serie" di relazioni americano-israeliane; il curatore ravvisa "un bilancio favorevole di ramificazioni" per il processo di pace; e Aharon Yariv termina il libro asserendo che "il bilancio delle implicazioni della guerra del Golfo per Israele è positivo". L'analisi conferma in dettaglio queste conclusioni piene di buonsenso.
Gli autori dimostrano, tuttavia, di non essere dei profeti. Anche se il volume è stato aggiornato alla fine del 1991, Galia Golan è del parere che il comportamento dell'Unione Sovietica durante la crisi "si è assicurato (…) un ruolo futuro nella regione". E Asher Arian sostiene che la guerra abbia rafforzato la percezione che "il Likud è stato più credibile del Partito laburista nel guidare con successo la nazione".