Wurmser, un ricercatore dell'American Enterprise Institute, uno dei think tank di spicco di Washington, ha scritto un'analisi molto originale e ponderata, che va oltre l'argomento enunciato nel titolo. Oltre a seguire attentamente la politica americana verso Baghdad, che l'autore a giusto titolo trova incostante e talvolta ignominiosa, Wurmser presenta altresì un'interpretazione generale della politica americana verso i regimi totalitari che popolano i corridoi del potere in Medio Oriente, mostrando che essa tende a trattarli con indulgenza con la speranza erronea ma apparentemente permanente che ciò migliorerà il loro comportamento e forse procurerà dei vantaggi agli Stati Uniti. Strada facendo, l'autore dispensa una miriade d'idee, di fatti nuovi e di teorie.
Nonostante questi innumerevoli pregi, il volume ha dei difetti che derivano dal suo fine dettato dall'entusiasmo. Il titolo e il sottotitolo mostrano entrambi una certa intemperanza: non cacciare via Saddam può difficilmente rendere gli Usa un suo alleato. La seconda frase del libro esagera gli obiettivi degli Stati Uniti nella guerra del 1990-1991 contro l'Iraq asserendo che "L'obiettivo era semplice: eliminare Saddam Hussein essendo egli una minaccia per la regione"; in effetti, gli obiettivi americani erano limitati al ritiro delle proprie forze dal Kuwait e allo smantellamento delle armi di distruzione di massa. Il Congresso nazionale iracheno figura in modo preponderante nell'analisi di Wurmser, ma gli altri gruppi di opposizione iracheni sono curiosamente assenti. Chiedendo una strategia americana verso il Medio Oriente che "debba affrontare il nazionalismo panarabo, in particolare il baathismo", l'autore rileva la principale minaccia di ieri; oggi, è l'islamismo, e non il panarabismo, a rappresentare la principale minaccia per gli interessi americani. Infine, la sua indicazione che gli Hashimiti hanno attraversato il secolo come principali sostenitori di una forma decentrata e interessante di governo arabo – una forma di governo che permette una vita dignitosa ai suoi sudditi e che non minaccia l'Occidente né Israele – è un'idea affascinante che Wurmser riesce a far passare con baldanza e abilità; ma essa non convince il sottoscritto in veste di lettore, che non considera gli Hashimiti i promotori di un'ideologia propria quanto invece dei sopravvissuti che si danno da fare per andare avanti.