C'è un aspetto drammatico nella storia degli ultimi diciotto mesi di Pahlevi, da quando egli lasciò l'Iran fino alla sua morte avvenuta nel luglio 1980. Ma in realtà si tratta di un episodio piuttosto irrilevante. Shawcross, il talentuoso autore di Sideshow, ha fatto del suo meglio per rimpolpare i dettagli di questo triste episodio di poco conto. Io, però, da lettore, ritengo che Shawcross abbia davvero sprecato il suo tempo, e lui stesso sembra saperlo. Nonostante tutti i suoi tentativi di dare corpo al volume, la menzogna poggia in gran parte su quello stratagemma preferito dallo scolaro che deve scrivere un documento, ma non ha niente da dire e quindi aggiunge un riempitivo. Avendo lo Scià trascorso qualche settimana in Marocco, ci viene propinata una biografia completa di Re Hassan del Marocco. Tutto fa brodo per riempire qualche pagina: i gossip sulle scappatelle sessuali alla corte di Teheran, le spiegazioni tecniche dei vari malanni dello Scià, la storia di Panama, perfino le filosofie politiche degli agenti che hanno avuto a che fare con lo Scià nei differenti governi. L'ultimo viaggio dello Scià dimostra che troppi giornalisti investigativi continuano a lavorare nel nostro ambiente. Essendo a corto di argomenti, essi si sono ridotti a "investigare" su piccoli e inconsistenti eventi di secondaria importanza.
Detto questo, L'ultimo viaggio dello Scià, è un racconto ben scritto e avvincente. A parte, numerose tirate contro Henry Kissinger, Shawcross offre una narrazione nell'insieme equilibrata. Egli vede i difetti dello Scià e quelli di tutti gli altri, ma apprezza altresì la dimensione umana dell'uomo ed è sensibile alle connotazioni tragiche dell'episodio preso nella sua totalità.