L'Arabia Saudita è uscita di scena quando nel 1981 cominciò la sopreccedenza di petrolio sul mercato, in parte perché le decisioni prese lì contavano meno, in parte perché l'epoca d'oro era giunta al termine. La trattazione della Mackey del periodo che va dal 1982 al 1984 contribuisce ad aggiornare la storia saudita.
L'autrice tratta particolarmente bene un argomento: i dilemmi economici e psicologici che i sauditi affrontano mentre il loro reddito diminuisce. "Tutto ciò che era stato creato durante gli anni della prosperità, ora, deve essere mantenuto, altrimenti sarà reclamato dal castigo inesorabile del deserto". La crescita fenomenale degli anni Settanta ha altresì delle altre implicazioni. "L'Arabia Saudita sta imparando che anche se il deserto può essere reso bello, per ogni albero e filo d'erba che viene piantato, ci vuole la tecnologia per pompare l'acqua, e la manodopera per curare il terreno e farli crescere. Di conseguenza, i sauditi xenofobi sono usciti dal boom petrolifero indissolubilmente legati alla loro forza lavoro straniera". E tutto questo richiede denaro; le conclusioni cui giunge la Mackey denotano un bisogno costante di [percepire] un reddito massimo dal petrolio e (quindi) un prezzo basso al barile.
Il punto di forza del volume della Mackey risiede nella sua esperienza diretta e nella vivacità dei suoi aneddoti; la sua debolezza sta nei tentativi sbagliati e superficiali di sfruttare la letteratura accademica per fornire delle spiegazioni su argomenti come l'Islam e la storia araba. Basta sorvolare su questa pecca e si otterranno delle nuove informazioni molto preziose.