Bill riesamina la storia delle relazioni fra l'America e l'Iran, poi analizza i motivi per i quali si sono deteriorati. Anche se lo sforzo messo in questo volume rappresenta quasi tre decenni di lavoro, l'opera è piena di inesattezze madornali e profuse. La pecca più grossa di tutte è la totale parzialità dell'approccio di Bill, che incolpa sempre gli americani e mai gli iraniani degli errori. Il terribile stato delle relazioni nel 1979, ad esempio, si evince solo dalla "malevolenza" americana e non dai rancori iraniani. Il trattamento iniquo dell'autore nei confronti degli Usa distorce la dinamica di un legame complesso e rende il suo libo troppo sbilanciato per essere affidabile.
Nel suo capitolo più spiacevole ("Il Pahlavismo in America"), Bill dichiara chiaramente di volere regolare i vecchi conti con quegli americani che lo intralciano. Il risultante mix di ciarle e invidie non può trovare posto in uno studio accademico. L'insofferenza di Bill verso la politica Usa all'epoca della Rivoluzione iraniana è particolarmente irritante, poiché la sua analisi alla vigilia della caduta dello Scià ha previsto in modo inequivocabile che i leader religiosi "non parteciperebbero mai alla struttura formale del governo". E cosa peggiore, egli ha ritenuto che essi avrebbero cercato di ristabilire un ordine liberale e che "le classi medie" avrebbero dominato l'opposizione allo Scià.
Anche se Bill è uno specialista di Iran, egli ne capisce molto poco di questo Paese; anzi, non sembra interessato ad esso. Piuttosto, Bill è caduto nella trappola di vedere il mondo solo in base alla politica estera Usa. Il risultato è un'analisi poco convincente e insoddisfacente. Il volume di Barry Rubin, Lastricata di buone intenzioni, anche se ormai sono trascorsi otto anni, continua a essere un'opera fondamentale riguardo alle relazioni Usa-Iran. Il libro di Bill è da evitare.