Nella terminologia dell'Islam, i dhimmi sono una minoranza protetta; o più esattamente, un ebreo, un cristiano, o chi professa qualche religione non-islamica riconosciuta che vive sotto la dominazione musulmana. Secondo, la legge islamica, il dhimmi può praticare la sua fede in tutta sicurezza, anche se è comunque un cittadino di seconda classe.
L'autrice di due efficaci volumi sull'esperienza storica dei dhimmi, Bat Ye'or (lo pseudonimo di una studiosa residente in Svizzera), considera le questioni attuali attraverso un prisma singolare. Quanto da lei rilevato è avvilente e altresì interessante. Innanzitutto, l'autrice mostra che molti musulmani, soprattutto i fondamentalisti, vogliono abolire i diritti civili delle minoranze religiose e trasformarle in dhimmi. In secondo luogo, questi musulmani vedono allo stesso modo gli ebrei e i cristiani; o come recita uno slogan scandito da gruppi che bruciano le chiese in Egitto: "Oggi è il sionismo e domani toccherà al cristianesimo; oggi è la gente del sabato, domani quella della domenica". In terzo luogo, e questa è la cosa più sorprendente, la Ye'or mostra come le abitudini dei dhimmi siano emigrate in Occidente, specialmente in quelle gerarchie ecclesiastiche che si astengono dall'esprimersi contro le persecuzioni dei cristiani in Medio Oriente per paura di alienarsi l'opinione pubblica musulmana.
Il messaggio politico implicito di Bat Ye'or è che gli ebrei e i cristiani non dovrebbero rabbonire il trionfalismo musulmano, ma dovrebbero cooperare per non rinchiudersi nei ghetti dei dhimmi. Al che io aggiungo: e dovrebbero allargare la cooperazione anche ai musulmani non-fondamentalisti.