Il Golfo Persico del XIX secolo è stato oggetto di numerosi studi che però, come rileva Anscomble, si sono sempre basati per lo più sugli archivi inglesi e pertanto esso è stato visto soprattutto dal punto di vista britannico. L'autore invece basa il suo lavoro sui documenti ottomani e vede il Golfo dalla prospettiva di Istanbul. Forse la sua idea più sensazionale riguarda l'inettitudine degli ottomani e la loro incapacità di fornire quel genere di amministrazione appropriata che avrebbe permesso di mantenere la fedeltà dei Paesi arabi del Golfo. Strano a dirsi, la sfida britannica nella regione ha spinto gli ottomani a governare ancora peggio di prima perché, mossi da ciò che l'autore chiama "l'eccessivo sospetto", i turchi "hanno spesso falsato delle risorse limitate per far fronte alle improbabili minacce esterne" invece di risolvere i problemi. Questo ha creato delle opportunità di cui Londra ha approfittato in modo così regolare che nel 1913 – alla vigilia della Prima guerra mondiale – essa si era guadagnata nella regione un'autorità di primaria importanza e la dominazione ottomana era terminata.
La conclusione più rilevante dell'eccellente studio di Anscombe, anche se denso di argomentazioni, riguarda le origini storiche del Kuwait, a proposito delle quali lui è categorico: "La rivendicazione irachena dei diritti storici sul Kuwait è molto debole". Se il Kuwait è finito sotto il controllo ottomano, esso però "non è mai stato parte integrante né è dipeso dall'Iraq". In effetti, i suoi legami con l'Iraq non sono mai andati al di là di quelli esistenti con altre aree geografiche come la Penisola arabica, l'Iran e l'India.