Nasr dice grandi cose sul soggetto della sua biografia, Sayyid Abu'l-A'la' Mawdudi (1903-79), fondatore dell'organizzazione fondamentalista Jamaat-e Islami (JI), considerandolo "senza dubbio il più influente dei pensatori revivalisti islamici contemporanei". Ed egli sostiene che la JI – su cui ha scritto nel 1994 un volume simile, L'avanguardia della Rivoluzione islamica (si veda la recensione pubblicata dal MEQ nel numero di dicembre del 1994) – "ha influenzato il revivalismo islamico dal Marocco alla Malesia e controllato dal 1941 l'espressione del pensiero revivalista nell'Asia sudoccidentale e nell'Asia meridionale". Certo, sono affermazioni rilevanti ma Nasr mostra bene come Mawdudi e il suo movimento siano stati importanti.
Nasr ha scritto un'analisi molto articolata, forse a causa della complessa combinazione d'islamico e di occidentale presente in Mawdudi. Un esempio tipico è il suo concetto di Stato islamico che deriva in gran parte dalle nozioni occidentali: "Il suo dibattito con il pensiero politico occidentale è stato antagonistico, ma esso ha permesso altresì che le idee occidentali fossero assimilate nell'interpretazione fatta da Mawdudi dell'Islam e dello Stato islamico". In modo più generale, egli ha cercato di trasformare l'Islam rendendolo più operativo: "Mawdudi ha chiesto ai musulmani di tornare all'Islam, ma a un Islam razionalizzato e semplificato in modo che la sua espressione sociale fosse in grado di sostenere un ordine politico vitale".
Sebbene Mawdudi sia stato ostacolato nella sua ricerca del potere, le sue idee hanno però fornito gran parte dei mezzi grazie ai quali Khomeini è salito al potere, mezzi che molti altri fondamentalisti utilizzano ancora nella loro sfida allo Stato.