Con la sola eccezione dei Fratelli musulmani d'Egitto che sono oggetto di parecchi studi, sono pochi i gruppi fondamentalisti islamici ai quali sono stati dedicati interi libri in inglese. E se qualcuno di essi merita una simile attenzione, beh, questo è la Jamaat-e Islami (Partito islamico) del Pakistan, fondato nel 1941 da Sayyid Abul A'la Mawdudi (1903-79). Nasr, docente di Scienze politiche all'Università di San Diego, rende giustizia a questo importante argomento in un'eccellente storia del fondatore del suo movimento.
Per tutta la sua esistenza, la Jamaat-e Islami ha risentito di una tensione esistente fra l'intenzione di creare una comunità santa di giusti e il desiderio (insoddisfatto) di ottenere il potere attraverso il processo politico. Lo stesso Mawdudi è balzato da un obiettivo impossibile all'altro: a metà degli anni Trenta, egli disconobbe il movimento pakistano, sostenendo che i musulmani avrebbero dovuto cercare di governare l'intera India. Nel 1940, egli accettò l'inevitabilità di un Pakistan e dette inizio a un tentativo durato decenni di dominare quello Stato.
Tutto ciò che manca all'interessante studio di Nasr è una considerazione dell'influenza profonda avuta da Mawdudi sui movimenti fondamentalisti fuori dal Pakistan, e in particolare sull'Ayatollah Khomeini; in altre parole, come fu esattamente la Jamaat-e Islami, "l'avanguardia della rivoluzione islamica"? Questo è un argomento così importante e ampio da meritare sicuramente un altro volume da parte dello stesso autore.