Lang, un docente di razza bianca che insegna matematica presso l'Università del Kansas, spiega perché si è convertito all'Islam all'età di ventotto anni nel 1982, le sue successive esperienze e le sue opinioni sulla riforma dell'Islam. Ciò può sembrare banale, ma è probabilmente l'unico racconto di questo tipo mai pubblicato. Come molti altri convertiti americani, Lang si è sentito insoddisfatto della vita americana e parla in modo duro della "irrefrenabile cupidigia e del disinteresse della nostra società". L'autore si è ritrovato a dirigersi lentamente verso l'Islam attraverso delle relazioni personali calorose per poi alla fine fare il salto. Gli inizi non sono stati facili: Lang parla del "giubilo e del sollievo" che la sua conversione ha recato ai suoi amici musulmani, cui hanno fatto seguito i loro abbracci. Ma le cose sono diventate rapidamente più impegnative e, infatti, lui definisce la fase di transizione come "un viaggio dall'individualismo al tradizionalismo, dall'apprendimento all'illuminazione, da ciò che è percepibile all'invisibile, dalla ragione all'intuizione".
Lang fa un serio studio dell'Islam e riflette con cognizione di causa su questioni come la validità degli hadith (detti e fatti attribuiti al Profeta Maometto) e la posizione delle donne. Egli sostiene che la qualità peculiare dell'Islam risiede nella sua razionalità; e che esso può ambire a essere più di "una delle tante religioni" se i musulmani adducono "degli argomenti razionalmente convincenti".
Sono comunque più originali le sue riflessioni sui convertiti come lui. Da una parte, egli riconosce che "i convertiti possono essere più severi e rigidi nelle loro idee e nelle loro pratiche" e che essi sono "spesso fra i meno tolleranti" dei musulmani. Allo stesso tempo, non essendo legati alle tradizioni, essi "rischiano di portarsi dietro delle idee radicali ed esotiche" che secondo Lang potrebbero riuscire a ringiovanire l'Islam e renderlo assai affascinante agli occhi di un pubblico occidentale.