Nel suo studio bizzarro, ma ben documentato, Turner argomenta tre punti interessanti. Innanzitutto, l'Islam è stato un fattore importante nella vita degli schiavi americani. In particolare, esso ha avuto un ruolo sproporzionato nell'ispirare la resistenza alla creazione della schiavitù: "scrivere in arabo, digiunare, indossare indumenti musulmani, recitare e riflettere sul Corano sono stati gli elementi fondamentali di una lotta interna di liberazione contro la tirannia cristiana". In reazione, i bianchi chiesero che i musulmani facessero ritorno in Africa, "per liberare l'America dall'Islam".
In secondo luogo, questa fede religiosa (ciò che Turner chiama il "vecchio Islam") allora scomparve. All'epoca della guerra civile, l'Islam fra i neri era "sparito per fini pratici".
In terzo luogo, un "nuovo Islam" impiegò molti anni per rinascere e lo fece attraverso la strada tortuosa del nazionalismo panafricano, dei pastori neri afflitti dal razzismo della loro confessione, degli americani bianchi convertiti all'Islam, dell'Associazione per il miglioramento universale dei neri (Universal Negro Improvement Association) di Marcus Garvey, del Tempio della Scienza musulmana d'America (Moorish Science Temple of America) fondato da Nobel Drew Ali e del Movimento Ahmadiyya d'America nato in India. W.D. Fard è emerso da questo eccentrico contesto nel 1930 e ha predicato la religione che avrebbe finito per cristallizzare come Nazione dell'Islam. Turner poi copre in modo affidabile il terreno più familiare di Elijah Muhammad, Malcolm X e di Louis Farrakhan, arguendo che "l'Islam afro-americano è alla fine arrivato a guadagnare il centro della scena della religione e della politica degli Usa".