Nessuno può mancare di buonsenso come un intellettuale, specie se di sinistra, e forse più di tutti come ha fatto un famoso docente francese di sociologia. Dando prova della sua intelligenza superiore, Baudrillard prende in esame un fatto evidente e dedica un intero libro a dimostrare la sua erroneità. Asserendo che la guerra del Kuwait "non ha avuto luogo", l'autore intende dire che i combattimenti sono stati così asimmetrici da non poter parlare di guerra. Ignorando i timori degli americani di pesanti perdite, egli sostiene che la guerra sia stata "vinta a priori". A suo avviso, si è trattata di "una vergognosa e inutile mistificazione, una versione programmata e melodrammatica di quello che è stato il dramma della guerra". Dal punto di vista americano, egli asserisce, "in questa guerra non ci sono stati infortuni, ogni cosa si è svolta secondo un ordine programmatico". Insomma, gli avvenimenti verificatisi all'inizio del 1991 stanno alla guerra come l'erotismo virtuale sta al sesso reale.
Questo saggio di pochissime pagine (una compilazione di tre articoli pubblicati nel quotidiano Libération) si accanisce senza sosta su questi argomenti. Baudrillard si mantiene in una posizione a metà strada fra gli Stati Uniti e l'Iraq, biasimando entrambi questi attori principali pressoché in egual misura. Per lui, tutto è estetica e ideologia; le questioni molto importanti, come quelle umane, economiche e strategiche, sollevate dall'invasione del Kuwait, scompaiono sotto il peso della sua astrazione inesorabile. Così disconnesso dalla realtà, Baudrillard altera ogni cosa dal nome del presidente francese fino al numero dei morti per incidenti stradali negli Stati Uniti. Il risultato è un libro profondamente erroneo e di una stupidità abissale, il volume più sciocco mai recensito in queste pagine.