Bani Sadr, il primo presidente iraniano della Rivoluzione islamica, dal 1981vive in esilio a Parigi, dove complotta una vendetta contro i suoi ex-alleati. Il suo libro, Il complotto degli ayatollah, con l'aiuto di un giornalista francese, funge da atto di accusa del regime di Teheran. Ma questo non servirà a migliorare la reputazione già pessima di Bani Sadr in Occidente. Il volume mostra che le sue vecchie propensioni per l'egocentrismo puerile, la grandiloquenza e la superficialità politica ("Combatto contro il khomeinismo e il reaganismo") sono ancora intatte.
Peggio ancora, il libro è inesatto e irresponsabile. I semplici nomi sono storpiati (Michael Leeden è presentato come Michael Leading!) e delle grosse ragnatele cospirative sono tessute intorno a prove più inconsistenti. La più importante di queste è di gran lunga l'affermazione di Bani Sadr che il candidato Reagan aveva raggiunto un accordo segreto con i mullah per il rilascio degli ostaggi americani sequestrati in Iran.
L'accordo sarebbe stato concluso a Parigi il 19 ottobre 1980; tra i partecipanti all'incontro ci sarebbero stati nientemeno che George Bush e William Casey. Per nascondere l'esistenza dell'accordo, gli abili mullah avrebbero avviato dei finti negoziati con il presidente Carter nei successivi tre mesi. E qual è la prova che Bani Sadr abbia rilasciato questa straordinaria dichiarazione? La sua stessa esperienza a Teheran all'epoca? Altre fonti d'informazione privilegiate? Niente affatto: la sua prova è costituita dalla testimonianza resa da Richard Brenneke, un ex-agente della Cia screditato e venditore d'armi, a un processo del 1988, che è stato celebrato a Denver. Il volume di Bani Sadr fornisce dei semplici punti di vista di un protagonista del periodo di tumulti vissuto dall'Iran dal 1978 al 1981, ma offre ben poco sui reali avvenimenti di quegli anni.