Finkelstein detesta lo Stato d'Israele con un veleno che sembra essere il marchio di fabbrica di alcuni intellettuali ebrei (Noam Chomsky e Israel Shakak sono altri esempi). In sei saggi egli si occupa di un aspetto della storia sionista e argomenta mostrando dei "pregiudizi sistematici". Per dirla schietta, lui ritiene che Israele sia sempre cattivo. Il sionismo è per sua natura razzista (e il suo grande leader, David Ben-Gurion era "in modo comico" razzista). Il neonato Stato d'Israele ha volutamente espulso i residenti arabi. Israele fu l'unico responsabile dello scoppio delle guerre del 1967 e del 1973.
La persistente evocazione del nazismo potrebbe essere l'aspetto più nocivo di questo volume. Nella dedica ai suoi genitori, che sono entrambi presentati come dei sopravvissuti ai campi nazisti, l'autore conferma le sue superiori credenziali ebraiche. Così affrancato, più volte paragona gli israeliani ai nazisti con il minimo pretesto. Egli accosta il "mito sionista" all'affermazione dei nazisti di non sapere nulla dell'Olocausto. Il concetto sionista di "una terra senza popolo per un popolo senza terra" gli ricorda il Lebensraum (lo spazio vitale N.d.T.) di Hitler. La dottrina dell'esercito israeliano della "purezza delle armi" gli ricorda altresì il nazismo.
Visto che Finkelstein, come molti sionisti delusi, si fissa in modo ossessivo sulle colpe di Israele e non mostra alcun interesse per gli arabi, la sua prosa assomiglia a quella dell'imperialismo, quando gli arabi apparvero sulla scena della storia. Come quegli scrittori, quest'autore rigetta metà dell'equazione di potere come indegna della sua considerazione. Tutto sommato, l'odio di sé di Finkelstein è una forma orrenda di narcisismo.