Tradotto dal curdo? Non è l'unica qualità insolita di questa monografia storica apparentemente ordinaria. L'autore ha ricevuto la sua formazione accademica a Mosca e come la sovraccoperta del libro dice in modo delicato [Ahmad] "è stato fino a poco tempo fa docente di storia all'Università di Baghdad". Inoltre: questa non è una monografia ordinaria, ma un pilastro nella storiografia dei curdi, perché presenta una prospettiva nazionalista curda dettagliata sul primo episodio dei curdi a un passo dall'indipendenza all'indomani della Prima guerra mondiale.
Ma è meglio mettere da parte tutto questo e guardare solo alla sostanza, in base alla quale il Kurdistan durante la Prima guerra mondiale si è comportato bene. Benché l'esperienza sovietica rovini il racconto di Ahmad (il popolo curdo, lui scrive, ha accolto favorevolmente la rivoluzione dei giovani turchi del 1908 perché era "in pieno accordo con la logica della storia"), l'autore dà prova di erudizione su argomenti come la competizione anglo-tedesco-russa nel periodo antecedente la Prima guerra mondiale per l'influenza nel Kurdistan e il posto di quest'ultimo nel primo conflitto mondiale.
Forse il capitolo più interessante è quello sui massacri armeni del 1915. Benché Ahmad ammetta che i massacri siano stati perpetrati e l'importante ruolo avuto dai curdi in essi, egli sostiene con fervore che le truppe curde che commisero gran parte di quelle atrocità non erano nient'altro che gli strumenti dell'infame regime di Istanbul.