La Repubblica islamica dell'Iran è considerata la più grande esportatrice al mondo di teorie cospirative, vetriolo e intimidazione. Così, bisogna ammettere che fa piacere rilevare una polemica (forse la migliore in inglese) diretta contro i mullah iraniani, e non proveniente da essi. La Omid approva apertamente gli elementi della sinistra che volevano ereditare la Rivoluzione del 1979, ma che si accorsero che l'astuto e vecchio ayatollah li aveva tagliati fuori prima che loro lo lasciassero fuori. Anche se il racconto dell'autrice riflette chiaramente il risentimento persistente di quello che lei definisce "la rivoluzione tradita", la narrazione è equilibrata e documentata abbastanza da convincere il lettore che la sua critica è giustificata.
La Omid è irremovibilmente negativa riguardo alla Repubblica islamica, definendola "fascismo teocratico" e presentando la creazione di Khomeini dei "devoti e fanatici" guardiani della rivoluzione islamica come un'azione "non diversa dalla formazione delle SS di Hitler". Inoltre, l'autrice afferma che la Repubblica islamica non è riuscita nemmeno a raggiungere i suoi stessi obiettivi. In modo più spettacolare, essa non ha promosso la causa dell'Islam; piuttosto, le sue azioni "andarono contro la stessa essenza dello sciismo" e le politiche adottate resero l'Islam "più un atteggiamento che una realtà". Ad esempio, "è stata abbandonata [anche] la pretesa di islamificazione dell'economia" quando il Paese è tornato a rivolgersi all'Occidente per sollevarsi dalle proprie tribolazioni. Nel complesso, conclude la Omid, la Repubblica islamica è stata "un terribile fallimento".