Per più di un mese, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) è rimasta con i suoi 5.000-6.000 combattenti a Beirut Ovest, circondata dalle forze israeliane, destreggiandosi disperatamente per salvare la propria vita politica. Non ha, però, ricevuto nessun aiuto effettivo da parte dei Paesi arabi.
(L'Olp ha rifiutato l'offerta d'asilo in Sudan, perché sarebbe stata collocata in una parte estremamente remota del desolato sud cristiano.)
Dopo che i siriani si sono ritirati dai combattimenti, in seguito a molti giorni di combattimenti disastrosi all'inizio di giugno, nessun altro paese ha offerto il proprio aiuto all'Olp – non c'è stata nessuna riduzione delle vendite di petrolio all'Occidente, nessun ritiro di fondi da parte degli Usa, nessuna rottura delle relazioni diplomatiche, nessuna manifestazione nelle capitali arabe.
(I siriani si sono limitati a offrirsi di accogliere i quadri dirigenti dell'Olp, ma non gli uomini armati.)
A dire il vero, l'unica manifestazione pubblica per un ritiro israeliano è stata organizzata a Tel Aviv! Nessun Paese arabo ha proposto di accogliere i combattenti dell'Olp; il libico Muammar Gheddafi ha suggerito loro di suicidarsi in massa. Il silenzio è stato assordante.
Ciò è altresì sorprendente. La causa palestinese ha ricevuto un ampio sostegno per così tanti anni che un osservatore esterno potrebbe essere scusato nel pensare che l'Olp abbia beneficiato dell'appoggio di tutti i Paesi e i governi arabi. E allora perché nessuno l'ha aiutata nei momenti di crisi? Un portavoce dell'Olp, facendo allusioni alle critiche mosse all'interno di Israele contro l'assedio di Beirut, ha definito il popolo israeliano "il nostro miglior alleato". Perché non si è arrivati a questo?
L'idea di abbandonare l'Olp segue uno schema che risale a cinquant'anni fa, fatto di eccessiva retorica, ma di azioni deboli. Sebbene sia stato spesso spiegato dall'amore che nutrono gli arabi per le parole, questo schema è il frutto di motivazioni più sottili e complesse.
La retorica risale agli anni Trenta, quando l'establishment di uno Stato ebraico in Palestina divenne una possibilità reale; da allora, i sionisti sono serviti da parafulmine delle passioni arabe. In parte, gli arabi volevano realmente avere il controllo della Palestina; in parte, tale questione è stata un mezzo per creare un consenso tra un gruppo di stati che – e questo è il punto fondamentale – pensavano di dover essere politicamente uniti, pur non essendo legati fisicamente come stati. Sebbene siano attualmente divise in più di 20 Paesi, le popolazioni arabofone credono ancora nell'idea di unificazione. Nonostante il fallimento di tutti gli sforzi concreti in tal senso, il conflitto con Israele rappresenta un facile modo per creare almeno un sentimento di unità, se non è possibile l'unificazione.
La disunione araba costituisce uno dei motivi della debolezza d'azione e l'ambigua posizione ricoperta dall'Olp nella politica interaraba spiega il resto. L'Olp fu un elemento importante nella politica interaraba dopo la schiacciante sconfitta dei siriani, giordani e degli egiziani del giugno 1967.
Con questo ribaltamento, i Paesi vicini a Israele non hanno rinunciato all'idea di voler distruggere lo Stato ebraico e poi, si sono limitati a restituire i territori che avevano perduto nel 1967. Un Paese, l'Egitto, ha mostrato questo in modo esplicito; gli altri, lo hanno fatto in modo abbastanza chiaro.
Il dietrofront di questi paesi ha significato che l'obiettivo di negare l'esistenza d'Israele è passato nelle mani dei palestinesi che a quell'epoca disponevano di mezzi limitati: non avevano dei diritti sovrani, il riconoscimento sovrano, i soldi e le armi. Per creare una macchina politica e militare in grado di ottenere una parte o l'insieme del territorio d'Israele, i dirigenti dell'Olp hanno utilizzato delle tattiche innovative compreso il terrorismo (utilizzato anche contro gli arabi), la minaccia della destabilizzazione, la creazione di enclavi autonome e il condizionamento dell'opinione pubblica.
Nel giro di qualche anno, l'Olp ha tenuto in pugno gran parte del Libano, ha goduto di prestigio internazionale, ha messo su una fanteria e un'artiglieria forti e ha acquisito un reddito di centinaia di migliaia di dollari l'anno. Ma tutto questo ha avuto un prezzo. Controllare il territorio libanese ha significato soppiantare le autorità locali. Essere riconosciuta come unica e sola rappresentante dei palestinesi voleva dire mettere da parte le pretese giordane sulla Cisgiordania; e la creazione di un monopolio politico nella stessa Cisgiordania significava assassinare i suoi rivali arabi in loco.
Le tacite minacce all'Arabia Saudita e ai paesi del Golfo Persico hanno recato un profitto, ma ciò è stato una specie di riscatto. La cooperazione con i sovietici su una vasta gamma di questioni era il prezzo politico da pagare per ricevere armi da loro.
Strada facendo, l'Olp ha avuto delle violente dispute con la maggior parte dei suoi sostenitori, in primo luogo con la sanguinosa espulsione dalla Giordania nel 1970, incluso l'attacco siriano ai campi palestinesi in Libano nel 1976 e poi la guerra tra l'Olp e gli agenti segreti iracheni qualche anno dopo.
La combinazione dell'appoggio a parole e dell'animosità di fatto ha relegato l'Olp a una curiosa doppia vita nel mondo arabo: molto acclamata e ampiamente appoggiata, ma di fondo mal sopportata. L'Olp ha avuto un ruolo essenziale come simbolo della causa araba, ma ha creato molti problemi. Ogni Paese si è tenuta buona l'Olp come un modo per tutelarsi dalle accuse di indifferenza alla causa araba, anche se nessuno di loro l'ha realmente sostenuta.
Questa è la situazione odierna dei Paesi arabi: il governo siriano si preoccupa molto più di preservare il suo dominio su quella parte del territorio libanese più vicina ai suoi confini piuttosto che del destino di Yasser Arafat e dei suoi uomini. L'Iraq è tutto preso dalla sua guerra con l'Iran, ora più pericolosa che mai. I sauditi e gli altri governanti del Golfo Persico temono gli elementi radicali dell'Olp e vogliono che essi non siano in grado di influenzare la politica interaraba.
La Giordania non solo si ricorda della guerra del 1970 con l'Olp, ma è in competizione diretta con l'organizzazione per il controllo della Cisgiordania, se gli israeliani dovessero mollare la presa; e le allusioni da parte di Israele che l'Olp avrebbe delle mire sulla Giordania non hanno certo migliorato i rapporti tra l'Olp e Re Hussein. Per l'Egitto, l'eliminazione dell'Olp offre una migliore opportunità per siglare un accordo con Israele sull'autonomia palestinese in Cisgiordania, come richiesto dagli accordi di Camp David.
Alla fine, nessun Paese offre aiuto all'Olp e neppure rifugio. Se l'organizzazione chiedesse pubblicamente asilo per salvare le vite degli uomini intrappolati a Beirut, nessun Paese arabo potrebbe negare l'accesso all'Olp, ma lo farebbe solo imponendo delle condizioni severe che indebolirebbero l'organizzazione.
Le settimane di scontri a Beirut hanno in gran parte occultato le più ampie conseguenze di questa guerra per l'Olp e per i Paesi arabi. Probabilmente non avrà molta importanza chi conquisterà Beirut (vale a dire, se l'Olp rimarrà o se ne andrà), indipendentemente dall'esito, i combattimenti quasi certamente segneranno la disfatta come espressione dell'idea di distruggere Israele.
La sconfitta dell'Olp e l'abbandono da parte del mondo arabo sono il probabile finale del tentativo di distruggere Israele e forse il preludio alla pace in Medio Oriente.