Sono anni bui per il Medio Oriente, già da un po', quindi, il fatto che nel 1993 siano arrivate delle buone notizie è qualcosa da rilevare. Non bisogna, però, tirare fuori lo champagne, perché nessuno dei problemi principali è stato ancora risolto. Qui di seguito, da una prospettiva consapevolmente americana e senza alcun ordine particolare, alcune notizie di rilievo arrivate dal Medio Oriente negli ultimi dodici mesi.
La notizia migliore: Il petrolio costa meno di 14 dollari al barile, con un ribasso di 4 dollari dall'inizio dell'anno. Essendo di gran lunga il prodotto di consumo più importante dell'economia mondiale, il petrolio ha un impatto enorme sulla crescita economica o sulla recessione. Il calo del prezzo ha favorito molto la ripresa globale. Paradossalmente, questa è anche una buona notizia a lungo termine per i beneficiari apparenti della ricchezza petrolifera. Nelle parole di un proprietario palestinese di un negozio di generi alimentari a Gerusalemme: "Il petrolio, il modo in cui è utilizzato il denaro derivante dalla sua vendita, fa più male che bene agli arabi". Meno denaro facile riduce anche le capacità di regimi disgustosi in Iran, Siria e in Iraq d'impegnarsi a produrre danni.
La seconda notizia migliore: I fondamentalisti musulmani in Giordania hanno perso le elezioni parlamentari del novembre scorso, mostrando i limiti del richiamo da loro esercitato quando si sono introdotti nel processo politico.
Il successo più minimizzato: È legato al fatto che il governo Usa ha mantenuto l'embargo imposto all'Iraq, continuando a distruggere l'arsenale di questo paese. Di conseguenza, Saddam Hussein comincia ad accettare le richieste delle Nazioni Unite. Non è facile per le democrazie essere perseveranti, specialmente quando sono coinvolti i costi economici, ma lo stiamo dimostrando in questo caso.
La più grossa perdita: La morte del presidente turco Turgut Özal, un visionario che ha trasformato la posizione del suo Paese verso il libero scambio e ha sviluppato le inclinazioni democratiche della Turchia.
L'errore più stupido: Duecento libici sono improvvisamente sbarcati in Israele per visitare Gerusalemme come pellegrini. La circostanza ha suscitato delle speranze nello Stato ebraico di una nuova svolta diplomatica, ma si è conclusa in tanta amarezza quando i libici hanno denunciato i loro ospiti israeliani. Aggiungendo un sapore surreale a questo episodio, da quanto è stato riferito, Washington ha dato un "severo" monito a Gerusalemme "per fermare i suoi tentativi di stabilire dei contatti con la Libia".
La dichiarazione pubblica più bizzarra: L'annuncio pubblico di Saddam Hussein dell'agosto scorso che "gli studenti non devono vagare per i corridoi dei collegi universitari in pigiama o a piedi nudi".
E infine l'episodio più sopravvalutato: L'incontro del 13 settembre [1993] sul prato della Casa Bianca, quando Yitzhak Rabin e Yasser Arafat si strinsero la mano. Sì, è stato importante che israeliani e palestinesi fossero d'accordo sui principi basilari, ma i mesi successivi hanno chiarito due punti dimenticati: erano d'accordo solo sui principi, e non su un trattato di pace; e molti personaggi influenti del Medio Oriente si oppongono all'accordo, specialmente da parte araba. L'accordo di settembre può finire per alterare l'atmosfera senza cambiare molto della realtà sul terreno.
Alcune riflessioni per il futuro:
Il pericolo maggiore: Se i musulmani fondamentalisti prendessero il potere in Egitto o in Algeria, sconvolgerebbero terribilmente una regione già travagliata portando a un prezzo del petrolio molto più alto, a una proliferazione delle armi di distruzione di massa, a una rinnovata bellicosità nei confronti di Israele e a nuove e massicce ondate di sbarchi d'immigrati sulle coste europee e americane.
L'impronta dell'interrogativo più importante. Che cosa ne pensa il presidente siriano Hafez al-Assad della possibilità di fare pace con Israele? Uno dei politici più brillanti dell'epoca, Assad è finora riuscito a mantenere aperte tutte le opzioni: costruisce la sua forza militare, continua a sponsorizzare i gruppi terroristici e mantiene un'alleanza con l'Iran, anche partecipando ai colloqui di pace patrocinati dall'America. La direzione che lui deciderà di prendere potrebbe ben determinare la fine o il prosieguo del conflitto arabo-israeliano.
Lo sviluppo più preoccupante. Il Medio Oriente e l'Occidente sembrano capirsi sempre meno. Loro non credono nelle cose che si danno per scontate: le loro idee ci sembrano assurde. Potrei citare decine di esempi – come le truppe Usa andate in Somalia per proteggere le rotte commerciali o gli agenti d'intelligence israeliani autori dell'attentato dinamitardo contro il World Trade Center – ma questo è il più astruso: mentre gli americani cercano nuovi modi creativi per tagliare il bilancio del Dipartimento di Stato (ridurre gli armamenti e il numero delle forze armate, risparmiare sulla ricerca), i leader mediorientali pensano che Washington intenda controllare il mondo intero.
E su quest'argomento i nemici giurati sono tutti concordi. L'iraniano Ahmad Khomeini teme che gli americani stiano assumendo "un controllo e un dominio del mondo". Un quotidiano di Baghdad prevede "l'egemonia Usa sul mondo". Un giornale di Damasco asserisce che la Terza guerra mondiale continuerà fino a quando "ogni governo americano non diventerà il governo del mondo intero". Questo profondo sospetto colora quasi tutte le azioni governative statunitensi in Medio Oriente e opacizza la vita politica di quella regione. Come qualcuno che studia il Medio Oriente da quasi un quarto di secolo, non ho mai trovato così difficile comunicare con i mediorientali come lo è oggi. Non abbiamo sentito l'ultima di questo sviluppo inquietante.