NEW YORK — Esponente di punta del pensiero neocon in politica estera, Daniel Pipes non è affatto pronto a decretare la vittoria di Nicolas Sarkozy nella "campagna di Libia", né tanto meno ad applaudire il ruolo, più defilato ma sempre importante, della Casa Bianca di Barack Obama. «Ritengo infatti prematuro parlare di successo quando ancora non sappiamo se gli insorti che hanno preso il potere a Tripoli saranno meglio o peggio di Muammar Gheddafi», ci dice Pipes, 62 anni, direttore del Middle Eastern Forum e autore di una dozzina di saggi sulle crisi medio-orientali.
Lei, Pipes, ha sempre avuto il gusto della provocazione. Ma come fa a dimenticare gli atti di terrorismo internazionale firmati dal colonnello Gheddafi? Difficilmente si potrà avere una situazione peggiore di quella degli ultimi 40 anni.
«Sono stati decenni orribili e non ho bisogno che lei me lo ricordi: nel 1981 scrissi un saggio su Gheddafi che fece scalpore in cui ricordavo e analizzavo i vari aspetti della sua tirannia. Era isolato, era un eccentrico, ma non possiamo escludere a priori che i suoi successori non siano peggiori. La realtà è che la Francia, gli Stati Uniti e la Nato hanno usato la risoluzione del consiglio di sicurezza dell'Onu per aiutare gli insorti a sconfiggere Gheddafi, sapendo però ben poco sulla nuova classe dirigente destinata a prendere il potere».
Qual è il suo timore?
«Che dietro alla rivoluzione si nascondano gli integralisti islamici e che escano presto allo scoperto trasformando la Libia in un nuovo pericolo per la pace mondiale ».
Gli stessi spauracchi venivano agitati quando la "primavera araba" ha cambiato le sorti di un altro paese, l'Egitto...
«Al tempo: so che altri lo hanno fatto, ma io non ho mai sopravvalutato il ruolo dei Fratelli musulmani in Egitto. Poi bisogna stare attenti alla definizione di "primavera araba": ritengo che in Tunisia e in Egitto ci siano stati solo dei colpi di Stato. Le masse di egiziani a piazza Tahrir hanno dato la giustificazione ai militari per defenestrate Mubarak e riprendersi il potere».
Quali sono i possibili scenari per il dopo-Gheddafi?
«Essenzialmente due: o prevalgono le correnti più aperte, moderne, liberal; o saranno i gruppi islamici a prendere il potere. Nel primo caso potremo parlare di vittoria nel vero senso della parola e potremo aspettarci ricadute positive altrove, a cominciare dalla Siria».
Se invece prevalessero gli integralisti?
«Ci sarebbero contraccolpi molto negativi, specie per paesi come l'Italia vicini alle coste libiche. Una Libia islamica potrebbe essere tentata di allearsi con l'Iran e costituirebbe una minaccia per Israele»